La scuola sta per (ri)cominciare. Ma settembre rappresenta un nuovo inizio non solo per gli studenti… – Su ilLibraio.it la riflessione della scrittrice e insegnante Simonetta Tassinari

Non esiste alcuna precisa ragione astronomica per iniziare l’anno proprio il 1° gennaio. La terra è una sfera (leggermente schiacciata ai poli, come tutti sanno) che ruota attorno al sole, e, in teoria, per cominciare il conto dei trecentosessantacinque, che le occorrono per completare il giro, bisognerebbe partire dal giorno successivo a quello più corto. Effettivamente si è cercato di farlo: si dice, infatti, che ricorrenze importanti come il 13 dicembre, il 25 dicembre, l’Epifania, non siano che sopravvivenze storiche di alcuni tentativi di fissare con precisione il vero punto d’inizio dell’anno, ovvero il giorno in cui le ore di luce prendono ad aumentare. Tuttavia, con il passare dei secoli questi sforzi si sono ovviamente rivelati fallaci. Giulio Cesare, tanto per dare qualche certezza, decise di far iniziare ufficialmente l’anno il 1° gennaio, dedicato a Giano, il dio del Tempo, nonché il giorno in cui i consoli entravano in carica. Non che tutti abbiano subito preso per oro colato tale scelta; per oltre un millennio in Occidente il principio dell’anno civile ebbe date variabili, fin quando un re di Francia, nella seconda metà del Cinquecento, non lo fissò il 1° gennaio. Il suo esempio venne seguito dai Paesi cattolici, mentre quelli riformati, come l’Inghilterra, seguitarono ad andare per conto loro (preferivano il 25 marzo) fino a Settecento inoltrato. Dopodiché in Europa non ci furono più dubbi, almeno dal punto di vista dell’anno civile.

Eppure il 1° gennaio non comincia niente, neanche la stagione invernale, mentre tutto, o quasi, e di sicuro l’anno “sociale”, comincia a settembre, che non per nulla in alcuni dialetti sardi è detto Cabudannu, e che i Francesi, invece, chiamano la rentrée. (E, quando si rientra, si inaugura anche una nuova fase). A settembre, con la sua calda dolcezza, passate le vampe agostane, con le notti più lunghe e il piacevole fresco della prima mattina, si avviano il nuovo anno agricolo, le città riprendono vita, gli uccelli migratori, anch’essi, voltano pagina con uno spostamento e un cambiamento di sede (personalmente non ho mai capito bene dove vadano, ma questo è un altro discorso). Alcuni animali si danno da fare per scovare nuove tane e mutare pelle, noi collaudiamo il sistema di riscaldamento o compriamo la legna, cambiamo abiti e scarpe e rinnoviamo il guardaroba (lo scopo è il medesimo: attrezzarsi per i rigori che verranno). Si sente dire all’inizio della stagione estiva, che ha il potere di sospendere tradizioni e legami, obblighi e scadenze, “ne riparliamo a settembre”, a proposito di liti di condominio, di acquisti importanti e perfino di contese tra parenti per l’eredità di un’anziana prozia; e anche nella classica frase “Lei non sa chi sono io”, pronunciata nel colmo della stagione, in sottofondo si avverte “ma la spiegazione gliela darò a settembre, adesso con la canicola non mi va”.

Se il caldo, intuitivamente, non favorisce gli studi e la concentrazione, e l’autunno sembra molto più adatto agli studi, far suonare la prima campanella nelle scuole italiane a ottobre, e perciò un po’ più in là rispetto alla rentrée, non era poi così male. Qualcuno sostiene che non dovremmo lamentarci della riapertura a settembre perché in molti Paesi del Centro- nord Europa la prima campanella suona ad agosto; ma è probabile che, tra quelle brume, i trenta e più gradi estivi si sperimentino di rado (spero di non aver inconsapevolmente suggerito nulla a qualche ministro “innovatore” che voglia, anche in questo caso, metterci al passo con l’Europa).

L’ultimo anno scolastico che in Italia ebbe inizio il 1° ottobre è stato il 1976/1977, quindi si passò alla seconda metà di settembre, per poi arretrare insensibilmente e sistemarsi a cavallo della prima decade. Presto! Troppo presto. Terribilmente presto. Per alunni e insegnanti sembra che non ci sia stato neppure il tempo di appendere i libri di testo al chiodo, di togliersi di dosso il pallore dei pomeriggi passati chiusi in casa, di dimenticare l’Esame di stato e i corsi di recupero, ed ecco che la prima campanella suona ( probabilmente, tuttavia, tale sensazione persisterebbe anche se si ritornasse al 1° ottobre).

Il “Gong”, malgrado non sia stato ancora ufficialmente battuto, è nell’aria, lo si aspetta, lo si annusa, lo si attende, anche. Ormai il profumo (si fa per dire) degli esami di riparazione, benché si definiscano adesso “Verifiche del giudizio sospeso”, si mischia a quello dei libri, degli astucci, degli album, dei colori e dei grembiulini già in vendita, e all’eccitazione, perché un nuovo anno scolastico è sempre una promessa. Permettetemi di dire che non è giusto soffermarsi solo sulle aspettative degli alunni, perché anche gli insegnanti ne hanno. Per esempio ne hanno sulle classi che si ritroveranno di fronte, soggette a una misteriosa chimica che per strade dritte o traverse, ma comunque generalmente oscure, fa sì che ognuna di esse possieda una sua propria e specifica fisionomia. Spesso sono sufficienti due o tre ragazzi dalla personalità spiccata, magari impetuosa, a dare la scossa agli altri e a determinare l’animus di una classe; o, al contrario, il casuale incontro tra ragazzi miti, timidi e laconici, senza particolari ambizioni, determina l’andamento dell’onda, nel bene e nel male.

Esistono classi intellettuali, dove la minima distrazione è inammissibile.
“Prof, lei ha detto che Hegel aveva un figlio, ma io ho controllato e ho visto che ne aveva due”.
“In realtà io ho solo detto che Hegel chiamò un figlio Immanuel, come Kant”.
“Sì, ma l’ha detto in un modo che sembrava ne avesse solo uno, invece ne aveva due, ho controllato”.
(Sì, vabbé, ma non potevi utilizzare meglio Internet? Dato che di sicuro hai controllato su Internet?).

Esistono classi apatiche nelle quali ti viene da sbadigliare non appena metti piede, che ti lasciano la sonnolenza anche durante le ore successive, classi tetragone a ogni turbamento, che nulla smuove, senza puntini esclamativi, mai.
“Buongiorno, ragazzi!”.
“Buongioooorno, proooof”, dove sia il “buongiorno” che il “prof” virano verso il basso, con una coda che quasi stramazza a terra, alunni così deprimenti che perfino la famosa farfalla sul golfo del Tonchino giudicherebbe inutile sbattere le ali per loro, perché tanto, sbatti e sbatti, non provocherebbe alcun effetto.

Esistono le classi saltellanti e perennemente su di giri dove ogni cosa è un evento che fa schizzare i ragazzi dai banchi, oggi è il compleanno di uno, posso offrire una pizza ai miei amici, prof?, domani una ha l’esame della patente, è nervosa e gli altri la confortano rumorosamente, dopodomani il compito di matematica è stato un disastro, e come fanno a starsene seduti tranquilli sapendo che rischiano una serie di “tre” che li condurrà alla rovina, scolasticamente parlando?

Alla domanda “chi saranno i miei nuovi alunni?” si accompagna la curiosità di vedere all’opera, dopo il collaudo, le maggiori novità introdotte lo scorso anno, l’alternanza scuola- lavoro, il ruolo dei docenti di potenziamento, la chiamata diretta da parte dei dirigenti, il Piano nazionale per la scuola digitale, il POF (Piano dell’offerta formativa) diventato triennale, e perciò trasformato in PTOF.
Basta con le domande, adesso: la prima campanella sta per suonare.

L’AUTRICE – Nel 2015 Simonetta Tassinari ha pubblicato La casa di tutte le guerre, romanzo ambientato in Romagna nell’estate 1967. Il 6 ottobre il suo ritorno in libreria, sempre per Corbaccio, con La sorella di Schopenhauer era una escort. Sarà un libro per i genitori, per i ragazzi, per chi non è genitore e non è neanche un ragazzo, per i curiosi, per chi vuole sorridere, e leggere, della scuola italiana.  Un ritratto divertente della generazione smartphone-munita, che va alla radice del bisogno di fingersi più bravi di quel che si è..
L’autrice è nata a Cattolica ed è cresciuta tra la costa romagnola e Rocca San Casciano, sull’Appennino. Vive da molti anni a Campobasso, in Molise, dove insegna Storia e Filosofia in un liceo scientifico. Ha scritto sceneggiature radiofoniche, libri di saggistica storico- filosofica e romanzi storici.

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