Elizabeth George, scrittrice prolifica di thriller psicologici, che nella sua carriera ha pubblicato anche raccolte di racconti e libri per ragazzi, ne “L’arte di costruire un romanzo” confida a lettori e aspiranti scrittori il suo personale metodo, proponendo anche esercizi guidati. Su ilLibraio.it il capitolo “Correggere – Essere i redattori di se stessi”

Come si scrive un bestseller internazionale? Risponde a questa domanda Elizabeth George, “regina del mystery“, che grazie ai suoi thriller e gialli è riuscita a rivoluzionare un genere letterario. Le risposte della nota autrice sono contenute nel volume L’arte di costruire un romanzo, in libreria per Longanesi.
In queste pagine George condivide con aspiranti scrittori e non le sue preziose conoscenze relative al processo creativo. Qui, la scrittrice che ha inventato l’ispettore Lynley diventa la professionista che non si limita a fare luce sui procedimenti tecnici e narrativi che stanno alla base di uno dei suoi romanzi polizieschi, ma propone anche consigli esperti, chiari, intelligenti e funzionali tutti da sottolineare e ricordare, insieme a veri e propri esercizi guidati.
Se da un lato L’arte di costruire un romanzo rappresenta un giubbetto di salvataggio per chi ha un’idea ma non sa come svilupparla e ha un evidente risvolto pratico, interessante e informativo, dall’altro questo libro diventa anche un viaggio all’interno di un mestiere difficilissimo, che, come risulta evidente, Elizabeth George ama e comprende benissimo.
Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

Correggere
Essere i redattori di se stessi

Arrivata a questo punto, sto seguendo il mio metodo ormai da molti mesi, quindi una volta raggiunta la fine del libro mi concedo qualche giorno di decompressione per schiarirmi un po’ le idee. Quindi analizzo nuovamente con spirito critico quello che ho scritto, perché per me un libro non è mai finito alla prima stesura. Il mio obiettivo in questa fase è valutare i punti di forza e le debolezze del romanzo.
Per prima cosa, cerco di rileggere il manoscritto in poche sedute. Quando scrivevo romanzi più brevi, riuscivo a leggerli in una singola giornata di otto-dieci ore, ma con l’aumento delle pagine è aumentato anche il tempo necessario alla rilettura completa. Cerco comunque di terminare la prima rilettura in meno sedute possibili, perché voglio tenere bene a mente la storia, la trama principale e quelle secondarie, i temi e i personaggi, e non ci riuscirei se la lettura del manoscritto richiedesse sedute discontinue spalmate su più settimane. Per questo mi chiudo in ufficio e ne riemergo solo per i pasti, durante i quali continuo comunque a leggere il manoscritto. Ho scoperto che in questo modo per me è più semplice individuare errori che altrimenti ignorerei.

Mentre leggo, applico sul manoscritto dei Post-it su cui annoto gli elementi da esaminare e valutare in seguito. Inoltre, tengo accanto al manoscritto dei fogli su cui prendo appunti più lunghi, che non vanno comunque oltre a «Forse devo rinunciare a mostrare le emozioni di Lynley in modo così evidente », o cose simili.

Seguendo questo metodo riesco in genere a capire se ci sono punti problematici, ripetizioni, incongruenze, eccessi o man
canze, oltre a verificare se ho abusato di una parola o di un’espressione, o se una vicenda secondaria non serve a nulla. Molto spesso, in questo modo mi rendo conto anche se manca qualcosa, ad esempio se in una scena e` necessaria una descrizione più accurata dell’ambiente, se un personaggio ha bisogno di un THAD che lo caratterizzi maggiormente o semplicemente di un THAD diverso perché tutti fanno la stessa cosa, come cucinare o mangiare. Tutte queste osservazioni le appunto sui fogli che tengo accanto al manoscritto mentre leggo.

Dopo aver terminato la lettura iniziale, la mia analisi si fa più approfondita, e passo a studiare separatamente le varie trame secondarie, isolandole all’interno del manoscritto grazie ai mini Post-it di vari colori con cui le ho segnalate in precedenza. Rileggo dall’inizio alla fine ognuna di queste trame facendo attenzione all’arco narrativo: ogni trama secondaria infatti, oltre a legarsi al resto del romanzo, deve raccontare una storia completa.

Questo è il momento in cui decido se una trama secondaria rimarrà nel romanzo o finirà fra gli scarti, chiedendomi se risponda davvero alle esigenze del romanzo e se permetta al lettore di conoscere meglio gli ambienti, i personaggi o i temi.

Quindi scrivo una lettera a me stessa, come se fossi la redattrice del romanzo: visto che ci metterò un po’ a completare la seconda stesura, voglio avere ben chiaro quali sono i miei obiettivi, e tenerli a mente durante il lavoro.

Una volta raccolte le informazioni necessarie, mi dedico alla seconda stesura, lavorando direttamente sulla prima. Non batto nulla al computer finché non ho terminato la seconda stesura.

In questa fase faccio gli spostamenti necessari e taglio tutto ciò che mi sembra prolisso, superfluo o eccessivamente elaborato.
Questo è il momento in cui intervengo sulla struttura del romanzo, se mi rendo conto che ci sono scene che devono essere spostate in punti diversi del libro. Quando capisco di essermi spinta il più lontano possibile con la revisione del manoscritto senza sentire l’opinione di qualcuno, inserisco al computer tutte le modifiche che ho fatto e stampo una seconda copia, che spe
disco subito a quella che è da molto tempo la mia lettrice di riferimento. Si tratta di una ex collega insegnante, che non fa la scrittrice ma è appassionata di romanzi e ne legge ogni anno una grande quantità. A fare di lei un’ottima lettrice è il fatto che non nutra alcun tipo di risentimento personale, professionale, letterario o di altro tipo.

Non mi limito a darle il manoscritto lasciandole carta bianca sulla lettura: voglio che si concentri sugli aspetti che mi aiuteranno a creare la terza stesura; per questo, insieme al manoscritto le mando due diversi tipi di allegati che fungeranno da guida.

Il primo è una lettura preliminare, in cui le spiego cosa vorrei capire da lei. Ad esempio, potrei scriverle «Segnala tutti i punti
in cui inizi a perdere interesse», oppure «Segnala tutti i punti in cui sospetti che qualcuno sia colpevole di qualcosa».

Il secondo allegato è una busta chiusa, che lei apre subito dopo aver terminato la lettura del romanzo. Qui trova le domande da cui temevo che sarebbe stata influenzata se le avesse lette prima, come ad esempio «Credo che ci siano troppe scene con Barbara Havers. Cosa ne pensi? » oppure «Ho fatto fatica a descrivere la piazza del mercato di Ludlow. Ti ho dato informazioni sufficienti a immaginarla?» Lei risponde alle mie domande fresca della lettura del libro.

Dalle sue osservazioni traggo una nuova serie di revisioni da introdurre, meno ampie rispetto a quelle che avevo inserito nella lettera inviata a me stessa come redattrice. Anche in questo caso lavoro direttamente sul manoscritto, che la mia lettrice di riferimento mi ha restituito, e poi creo la terza stesura, quella che invio alla redattrice.

Forse vi chiederete perché mi sottopongo a questa lunga procedura. La risposta è che, dopo aver inviato il romanzo alla redattrice, voglio doverci tornare sopra il meno possibile, voglio ricevere una lettera molto breve, che suggerisca cambi poco significativi, e voglio liberarmi del libro perché onestamente, dopo tutto l’impegno che ci ho messo, il romanzo non esercita più alcuna attrattiva su di me. Infine, lo faccio perché sono una per
fezionista e sono molto orgogliosa del mio lavoro, perciò quando arriva il momento di mostrarlo a qualcuno, soprattutto se si tratta della mia redattrice, voglio che veda il meglio che sono in grado di fare. Non riuscirei mai a consegnare una stesura approssimativa, dicendole: «Vedi un po’ cosa ne vuoi fare».

Questo porta inevitabilmente a chiedersi se sia necessario essere dei perfezionisti per seguire e applicare il metodo che ho
descritto in questo libro. La risposta è no, ma sperimentare i diversi approcci alla scrittura di romanzi consente a tutti gli scrittori di fiction di costruirsi un metodo che funzioni per loro.

Immagino che ormai conosciate il segreto, ossia la disciplina: potete ricevere tutti i consigli e i suggerimenti del mondo in
materia di scrittura, ma niente di tutto questo vi sarà utile senza una disciplina ferrea. Questo significa essere in grado di rimandare la gratificazione, di capire che prima bisogna fare quello che è dovuto o necessario, e solo in seguito quello che si vuole
davvero. Tutte le persone di successo ne sono consapevoli. I più fortunati scoprono che quello che è dovuto, quello che è necessario e quello che vogliono, insieme, conducono nella stessa direzione: il piacere di vivere una vita ricca di creatività.
(continua in libreria…)
ioscrittore

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