Ci sono delle storie che restano impresse nella mente dei lettori, ma cosa succederebbe se le si potesse anche scrivere nella propria carne? L’artista Jen Bervin ha provato a farlo…
Ci sono delle storie che restano impresse nella mente dei lettori, ma cosa succederebbe se le si potesse anche scrivere nella propria carne? L’artista Jen Bervin ha provato a farlo. Dopo anni di ricerche, la donna ha scoperto che la seta è un materiale, oltre che molto sottile e resistente, anche biocompatibile, che, quindi, viene completamente accettato dal corpo umano, senza rischio di rigetto.
I medici da anni stanno studiando le proprietà della seta e all’Università Tufts, in Massachussets, c’è un intero laboratorio dedicato dove il materiale viene trattato per diventare un sensore da posizionare sottopelle, che opera grazie a un codice che gli viene impresso.
Questo ha ispirato Bervin, che si è chiesta cosa avrebbe potuto aiutare con l’arte i pazienti a cui veniva installato un sensore di seta: tramite un poema.
E così l’artista ha composto una poesia lunghissima, scritta dal punto di vista di un baco da seta. Per la struttura dell’opera si è ispirata alla forma che la seta assume a livello del DNA, una sorta di B che si muove avanti e indietro, come una serpentina. E così in tre anni ha scritto su un sensore di seta il suo poema, lungo come un libro.
“Con quest’opera d’arte ho dimostrato che è possibile, anche attraverso le tecnologie mediche più all’avanguardia, raccontare le storie e la complessità dell’animo umano che può dipendere da questi strumenti. E rendere partecipi artisti di ogni genere”, ha raccontato Bervin a Huffington Post Usa.
Qui un video in cui l’artista spiega come ha realizzato la sua opera.