La fotografa americana Elizabeth Felicella ha immortalato le biblioteche di New York in un progetto chiamato Reading Room…

Polverose, silenziose, piene di cunicoli. Oppure ampie, luminose, con alti scaffali stracolmi di pagine. Di biblioteche ce ne sono di ogni forma e colore. Patria del sapere comune, rappresentano la culla naturale della cultura e sono ormai entrate a far parte del nostro immaginario. A chi non è mai capitato di identificarsi con una piccola Hermione Granger nascosta dietro una pila di libroni pesanti, o di riconoscersi nel bel sorriso di Huge Grant mentre sfoglia una guida nella sua libreria di Nothing Hill?

Così Elizabeth Felicella, una fotografa americana di architettura, ha pensato di partire dall’idea comune di biblioteca come “casa dei libri e tempio del sapere” per trasformarla in un progetto in immagini. Come racconta Literary Hub, quando non lavorava per qualche cliente, la fotografa passava il tempo passeggiando da una biblioteca all’altra della Grande Mela, fotografando ingressi, scaffali e zone lettura.

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Seward Park Branch Library, Manhattan

Cinque anni dopo, il risultato è un colorato archivio di oltre 2000 negativi che ritraggono i 210 rami del sistema delle Biblioteche Pubbliche della città di New York. Il progetto prende il nome di Reading Room, spiega Elizabeth, e ritrae le biblioteche la mattina presto, prima dell’apertura al pubblico. Ha cominciato col fotografare tutto ciò che attirasse la sua attenzione: libri, sedie, tavoli, piante. Ha scovato i lati più nascosti dei luoghi che non siamo abituati a guardare davvero: le biblioteche sono per noi luoghi di passaggio, porte d’accesso al meraviglioso mondo dei libri. Una sorta di metafora fisica del nostro pensiero. Come una realizzazione concreta della mente umana.

Ciò che ha trovato Elizabeth è stata la bellezza di questi luoghi, nascosta proprio negli angoli più impensabili. Così quello che si legge nel suo progetto – in mostra fino al 7 gennaio al Center for Architecture di New York – è la storia del sistema bibliotecario della città come una rete di sapere multiforme, tanto nei contenuti quanto nelle strutture.


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