In queste settimane 150.000 italiani (saranno 7 milioni entro l’anno) stanno ricevendo l’ormai famigerata “busta arancione”, la comunicazione dell’Inps che ci dice a quanto ammonterà il nostro assegno pensionistico… – Su ilLibraio.it il commento di Lorenzo Cavalieri, in libreria con “Il lavoro non è un posto”

In queste settimane 150.000 italiani (saranno 7 milioni entro l’anno) stanno ricevendo l’ormai famigerata “busta arancione”, la comunicazione dell’Inps che ci dice a quanto ammonterà il nostro assegno pensionistico. Non si tratta di un promessa, visto che il numero che vedremo nella busta dipende dal passato (quanto abbiamo versato e qual è il nostro reddito attuale), ma anche dal futuro (l’Inps ipotizza che non interromperemo i contributi e che il Pil crescerà del 1,5% all’anno). Non abbiamo quindi la certezza che il numero magico nella busta arancione sia in effetti quello che finirà sul nostro conto corrente.

Tuttavia questo ‘dono’ dell’INPS è molto importante soprattutto per noi under 40. Ci aiuta a fare un piccolo ma prezioso percorso mentale di tre passaggi:

1) Ci indigniamo. Il nostro lavoro vale davvero così poco? E quanto è ingiusto che alcune generazioni di italiani abbiano avuto lunghissime e generosissime stagioni pensionistiche, mentre i più giovani si debbano accontentare delle briciole lavorando fino alla soglia dei 70 anni? Non c’è da prendersela con i politici, con il governo, con chi gestisce l’Inps. Il nemico in questa vicenda ce l’abbiamo in casa. Genitori e nonni si sono goduti i nostri soldi.

2) Ci spaventiamo. La generazione degli under 40 è cresciuta sentendosi ripetere ‘non avrete mai la pensione’. A forza di ripetercelo abbiamo finito con il crederci e con il rimuovere il problema: “pensione? Tanto non ci andrò mai in pensione!”. Vedere il numero nero su bianco invece ci sbatte in faccia la realtà. Avremo una pensione. Piccola, molto piccola. Ma l’avremo e ne avremo bisogno come oggi ne hanno bisogno i nostri genitori e i nostri nonni.

3) Ci scuotiamo. Le docce fredde fanno ragionare. Si capisce perfettamente che il sistema non regge (in alcune regioni del Sud purtroppo non è lontano l’incubo di un rapporto 1 a 1 tra lavoratori attivi e pensionati).


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Non c’è un attimo da perdere. Al di la delle proteste possiamo fare due cose semplici: prima di tutto dobbiamo trovare il modo di guadagnare di più. La busta arancione dice che pensione avremo sulla base di quanto abbiamo guadagnato e versato finora. Ma in futuro? Fra tre-cinque-dieci anni continueremo ad avere il lavoro che abbiamo e il reddito che abbiamo? Chi ce lo può assicurare? E’ possibile immaginare un lavoro diverso con prospettive economiche diverse? Chi ci impedisce di immaginarlo e di trasformare l’immaginazione in un progetto?

Se non pensiamo di guadagnare di più allora bisogna pensare di risparmiare di più, di mettere più soldi nel proprio salvadanaio pensionistico. Per chi può accedervi (sono promossi da associazioni professionali e sindacati per specifiche categorie di lavoratori) i fondi negoziali sono una soluzione comoda ed economica da approfondire. Altrimenti ci sono i piani di previdenza integrativa che banche e assicurazioni ci stanno proponendo da anni (attenzione ai costi di caricamento, però). Per cominciare bastano 50 euro al mese. E’ il costo di un pacchetto televisivo o di una visita all’estetista. Guardiamoci negli occhi.

 

L’AUTORE – Lorenzo Cavalieri è laureato in Scienze Politiche e ha conseguito l’MBA presso il Politecnico di Milano. Dopo aver ricoperto il ruolo di responsabile commerciale in due prestigiose multinazionali, si occupa dal 2008 di selezione, formazione e sviluppo delle risorse umane. Attualmente dirige Sparring, società di formazione manageriale e consulenza organizzativa.
www.lorenzocavalieri.it è il blog in cui raccoglie i suoi articoli e interventi.
È in libreria per Vallardi  Il lavoro non è un posto.

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