L’idea di poter essere migliore di chi ci ha preceduti è una costante nei libri di Elena Ferrante, ma nelle pagine che raccontano la sera di Capodanno del 1958 questo tema – un tema da tragedia classica – esplode con tutta la sua forza. Un po’ perché la notte del 31 dicembre diventa – in generale, nelle narrazioni come nella realtà – un catalizzatore di tutte le aspettative dei personaggi e un’occasione per dimostrare agli altri e a se stessi che una vita migliore è possibile; un po’ perché il momento del romanzo in cui viene spiegato il significato della “smarginatura” … – L’approfondimento (spoiler alert)

A metà de L’amica geniale di Elena Ferrante viene descritta la sera del 31 dicembre. Si tratta soltanto di un paio di capitoli, ma chi ha letto il libro li ricorderà particolarmente bene, perché in quelle pagine l’autrice introduce una parola che poi tornerà spesso nel corso della tetralogia e che contraddistingue in modo unico i personaggi di Lila ed Elena: si tratta della “smarginatura”.

Mancano pochi giorni al Capodanno e Rino, il fratello maggiore di Lila, viene assalito dalla smania di sparare più fuochi dei Solara, una delle famiglie più ricche e temute del rione. È un po’ di tempo in realtà che Rino è strano. Da quando ha iniziato a lavorare con Lila al progetto delle scarpe, si è convinto che potrebbe veramente diventare ricco e smettere di fare la vita del ciabattino.

Quest’idea si deposita nella sua mente e così inizia a cambiare atteggiamento: diventa più arrogante, sfacciato e aggressivo, soprattutto nei confronti della sorella. Con l’avvicinarsi della notte di San Silvestro, Rino si mette in testa di voler dimostrare a tutti quanti di essere un uomo più potente e rispettabile dei fratelli Solara. 

Come per tanti, per Rino l’ultimo giorno dell’anno diventa il momento per prendersi una rivincita e per dare inizio a una nuova vita. Così inizia a raccattare soldi qua e là per acquistare i fuochi. “Ma si sapeva – lo sapeva anche lui, malgrado la smania di grandezza che l’aveva preso – che coi Solara non c’era competizione”. Eppure Rino ci crede, si comporta similmente a come ci comporteremmo noi, riversando tutte le speranze sul futuro in un solo momento, quello della mezzanotte del 31 dicembre del 1958.

Ma non è l’unico a sperare che qualcosa possa cambiare la notte di Capodanno. Allo stesso modo, anche Elena e Lila sono convinte che quella sera segnerà una svolta per la loro vita e per quella del rione. Quando sono andate a fare la spesa alla salumeria Caracci, Stefano le ha fermate e le ha invitate a festeggiare l’anno nuovo a casa sua. “Stiamo già impegnate, stiamo con suo fratello e tanti amici”, risponde Elena, e il ragazzo ribatte: “Ditelo pure a Rino, ditelo ai vostri genitori: la casa è grande e per le botte andiamo sul terrazzo”. Ora, il problema è che tra gli amici di Rino ci sono anche Pasquale e Carmen Peluso, i figli di Alfredo Peluso, che è a Poggioreale per aver ammazzato Don Achille, il padre di Alfonso e Stefano Caracci. In pratica Stefano sta invitando i figli dell’assassino di suo padre a brindare a casa sua come se niente fosse.

Ascoltando le sue parole spensierate e rassicuranti (“Va bene, venite tutti: ci beviamo lo spumante, balliamo, anno nuovo vita nuova”), Lila e Elena hanno un moto di commozione. Stefano sta facendo una cosa che nessuno ha mai fatto: azzerare tutto. “Voleva provare a uscire dal prima. […] Era come se lui stesse dicendo: prima di noi ci sono state brutte cose; i nostri padri, chi in un modo in un altro, non si sono comportati bene; da adesso prendiamone atto e dimostriamo che noi figli siamo migliori di loro”.

L’idea di poter essere migliore di chi ci ha preceduti è una costante nei libri di Elena Ferrante. Anche Nino, il ragazzo di cui Elena è innamorata e che continuerà ad amare per tutta la vita, è ossessionato dalla necessità di dimostrarsi migliore del padre, Donato Serratore, e infatti, soltanto pochi capitoli dopo, mentre parla con Elena seduto su una spiaggia di Ischia, dichiara: “Dedicherò tutta la mia vita a cercare di non assomigliargli”. Ma nelle pagine del Capodanno questo tema – un tema da tragedia classica – esplode con tutta la sua forza.

Un po’ perché la notte del 31 dicembre diventa – in generale, nelle narrazioni come nella realtà – un catalizzatore di tutte le aspettative dei personaggi e un’occasione per dimostrare agli altri e a se stessi che una vita migliore è possibile; un po’ perché, come dicevamo all’inizio, è il momento in cui viene spiegato il significato della “smarginatura”. 

Alla fine Elena, Lila, Rino e tutti gli altri decidono di andare a casa di Stefano e Alfonso Caracci: “Si convinsero che la vita era già molto difficile e che se si riusciva, in occasione dell’anno nuovo, a ridurne le tensioni, era meglio per tutti”. Così, dopo aver scherzato e brindato per le cose belle che sarebbero accadute in futuro, a mezzanotte salgono tutti sul terrazzo per sparare i botti. Rino e gli amici lanciano razzi uno dopo l’altro, c’è un clima generale di festa e di divertimento, che però viene subito smorzato dalla presenza dei Solara, proprio sul terrazzo di fronte a quello dei Caracci.

Inizia in pratica una vera e propria sfida, una lotta fatta di fuochi sparati nel cielo e di oscenità verbali che i personaggi si scagliano addosso da un terrazzo all’altro. In particolare Rino, il personaggio che silenziosamente abbiamo seguito fin dall’inizio di questo episodio, quello che desiderava riscattarsi dalla sua condizione più di ogni altra cosa, si trasforma in una bestia, alzandosi in piedi sul parapetto e urlando insulti. Per Lila in quell’istante cambia tutto: “Fu – mi disse – come se in una notte di luna piena sul mare, una massa nerissima di temporale avanzasse per il cielo, ingoiasse ogni chiarore, logorasse la circonferenza del cerchio lunare e sformasse il disco lucente riducendolo alla sua vera natura di grezza materia insensata. Lila immaginò, vide, sentì – come se fosse vero – suo fratello che si rompeva. Rino davanti ai suoi occhi perse la fisionomia che aveva sempre avuto da quando se lo ricordava, la fisionomia del ragazzo generoso, onesto, i lineamenti gradevoli della persona affidabile, il profilo amato di chi da sempre, da quando lei ne aveva memoria, l’aveva sempre divertita, aiutata, protetta. Lì, in mezzo a esplosioni violentissime, nel gelo, tra i fiumi che bruciavano le narici e l’odore violento dello zolfo, qualcosa violò la struttura organica di suo fratello, esercitò su di lui una pressione così forte che ne spezzò i contorni, e la materia si espanse come un magma mostrandole di che cosa era veramente fatto”.

Rino, quindi, si smargina. Si spezza, perde i suoi confini razionali e diventa (o si rivela) un uomo diverso da quello che è sempre stato. E con lui, di riflesso, qualcosa si spezza anche in Lila, che da quel giorno perde parte della sua determinazione ostinata, e diventa più svogliata, più pigra.

La scena è di una potenza terrificante e mantiene la stessa intensità anche nell’adattamento seriale, in cui l’episodio di Capodanno occupa tutta la parte finale della quarta puntata. Il lettore (nel caso del libro) e lo spettatore (nel caso della serie) assistono alla distruzione di tutte le aspettative che erano state costruite, come se si trovassero davanti alla certezza ineluttabile – anche in questo caso, tipico della tragedia greca – che non è possibile riscattarsi e azzerare tutto, nemmeno durante la notte di Capodanno.

Libri consigliati