Dopo il suo apprezzato debutto alla regia nella trasposizione cinematografica de “La ragazza nella nebbia”, Donato Carrisi torna in libreria con un nuovo thriller, “L’Uomo del Labirinto”, che ci porta nel luogo più oscuro e pericoloso di tutti: la mente… – Su ilLibraio.it un capitolo

Un’anomala ondata di caldo costringe tutti a invertire il ritmo circadiano e a uscire di notte, nelle ore in cui la temperatura più mite permette di lavorare, di muoversi, di vivere. E in queste tenebre Samantha Andretti si scopre riemersa. Aveva tredici anni quando è stata rapita e tenuta prigioniera, e ora è traumatizzata e ferita. Ricoverata presso il dottor Green, un profiler fuori dal comune, che avrà il compito di penetrare nella mente della ragazza e cercare, tra i ricordi celati e quelli apparenti, chi sia il suo carceriere, il cosiddetto Uomo del Labirinto.

Ma il dottor Green non è l’unico a inseguire il mostro: Bruno Genko, un investigatore privato talentuoso, ha i giorni contati. O meglio, i suoi giorni sono finiti da un pezzo, ma la vita non vuole abbandonarlo, e Bruno rimane aggrappato al caso di Samantha, che con tutta probabilità sarà l’ultimo della sua vita. Così non pensa ad altro che alla risoluzione di quel mistero, a dare un nome e un volto al carceriere. Per di più, quello di Sam è stato l’unico caso che il detective, tempo prima, non aveva risolto: ciò che la ragazza non sa è che il suo rapimento non è durato pochi mesi, come lei crede, ma ben quindici anni. E ora l’Uomo del Labirinto è scomparso.

Donato Carrisi (nella foto di Gianmarco Chieregato, ndr), classe ’73, torna in libreria con un nuovo thriller psicologico, genere per cui è considerato autore di punta ed è molto apprezzato anche all’estero. Nato a Martina Franca e trasferitosi a Roma, dopo gli studi di giurisprudenza e scienze del comportamento, ha iniziato a sceneggiare serie tv e scrivere per testate come il Corriere della Sera. È autore di bestseller internazionali, editi da Longanesi, come  Il suggeritore – con il quale ha vinto il Premio Bancarella nel 2009 -, Il tribunale delle animeLa donna dei fiori di carta, L’ipotesi del maleIl cacciatore del buioIl maestro delle ombreLa ragazza nella nebbia, dal quale è stato appena tratto il film omonimo, la cui regia è stata curata dallo stesso Carrisi.

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it pubblichiamo un capitolo del libro: 

3

« … Quindici anni senza notizie, senza un indizio, una speranza. Quindici anni di silenzio. Un incubo lunghissimo, che si è concluso in modo felice e inaspettato. Perché nessuno, fino a due giorni fa, sarebbe stato in grado di immaginare che Samantha Andretti era ancora viva… »

Bruno cercava di seguire la cronaca dell’inviata del telegiornale che stazionava davanti all’ingresso del Saint Catherine, ma l’ascolto era impedito dai colpi del manico di scopa con cui il vecchio Quimby stava percuotendo l’altrettanto vetusto condizionatore del bar, sperando che si convincesse a funzionare di nuovo.

« Cristo, Quimby, la vuoi piantare? Non che quello si aggiusta solo perché lo picchi con un bastone » esclamò Gomez, uno fra i più assidui frequentatori del locale, da uno dei separé in fondo alla sala.
« Che cazzo ne sai tu di condizionatori? » domandò il barista, indispettito.
« So che dovresti mettere mano al portafoglio e assicurare ai tuoi clienti un po’ di aria fresca » affermò il grassone sudato, sollevando una bottiglia di birra mezza piena dal mucchio che aveva davanti.
« Certo, potrei farlo se in questo posto tutti pagassero regolarmente. »

Le animate discussioni fra Quimby e gli avventori erano uno spettacolo abbastanza comune per chi frequentava il Q-Bar. E non ci voleva molto a far perdere la calma al titolare. Al momento, però, a parte Gomez, l’unico spettatore presente era Bruno Genko, che quel pomeriggio non era in vena di cazzeggiare.

Genko era seduto a uno degli sgabelli del bancone, stringeva in una mano un bicchiere di tequila e continuava a fissare lo schermo del televisore posto su un ripiano in alto. Le pale dei ventilatori sulla sua testa muovevano aria calda e umida mista a odore di sigaretta. L’alcolico non era ancora riuscito a scacciare del tutto il sapore di quando, mezz’ora prima, aveva vomitato anche l’anima nel vicolo sul retro. Non aveva usato il bagno del locale perché non voleva che qualcuno si accorgesse che stava male. Aveva comunque un aspetto orribile e la nausea minacciò di tornare allorché, per un attimo, gli ricomparve in mente il contenuto della tasca destra della sua giacca di lino.

Il talismano.

Genko cancellò la visione svuotando in un solo sorso il bicchiere. È il caldo, si disse per farsi forza mentre il ricordo svaniva. Nessuno deve saperlo. Così, ignorò il battibecco, i colpi di scopa e il rantolo del condizionatore e provò a concentrarsi su ciò che diceva la tv. La notizia della riapparizione di Samantha Andretti teneva banco da più di quarantott’ore sui network locali e nazionali e aveva relegato in secondo piano perfino l’eccezionale ondata di calore che si stava abbattendo sulla regione, con temperature ben al di sopra degli standard e un tasso di umidità mai registrato prima.
« … Secondo fonti non ufficiali, in questo momento la ventottenne Samantha Andretti riceve supporto psicologico da un esperto, nella speranza che possa presto fornire elementi utili alla cattura del mostro che l’ha rapita e tenuta prigioniera… A detta di alcuni, a breve ci saranno importanti sviluppi della vicenda… »
« Naaa, quelli dei tg non sanno un cazzo. » Quimby liquidò con un gesto della mano l’inviata sullo schermo e, contemporaneamente, l’intera categoria dei giornalisti. Poi riprese il proprio posto dietro al bancone. « Ma se cambi canale, la canzone è identica. Ormai è la quinta o sesta volta da sta- mattina che sento la stessa cosa: vanno avanti a ripetere la storia degli sviluppi imminenti perché non sanno più cosa raccontare. »
« Eppure, avrei scommesso che i poliziotti avrebbero fatto a gara per passare soffiate ai media » azzardò Bruno.
« L’ispettore capo ha blindato l’indagine per non dare alcun vantaggio al figlio di puttana che stanno cercando… Se non lo prendono, qualcuno farà scontare al dipartimento di aver ignorato per anni che Samantha Andretti era ancora viva. Sai che bella figura per la polizia. » Quimby si bloccò, un’improvvisa consapevolezza lo fece rabbrividire: « Dio mio, quindici anni… Non ci posso pensare ».
« Già » convenne Genko, agitando il bicchiere vuoto.
Quimby recuperò la  bottiglia  di  tequila  e  gli somministrò un’altra  dose  della  dolce  medicina.
« La questione è come ha fatto a sopravvivere per così tanto tempo… »
Bruno Genko conosceva la risposta, ma non poteva dirgliela. E forse Quimby non voleva nemmeno ascoltarla. Il fatto era che anche il barista, come la maggior parte della gente normale, voleva credere alla favola dell’eroina coraggiosa che era riuscita a resistere e, alla fine, anche a scampare al proprio mostro. Ma, in verità, ce l’aveva fatta solo perché così aveva voluto il suo carceriere. Lui aveva deciso di non ucciderla, certo. Ma anche di nutrirla e di assicurarsi che non si ammalasse. In altre parole, si era preso cura di lei. Giorno dopo giorno, le aveva riservato un affetto malato. Proprio come fanno gli esseri umani con gli animali dello zoo, si disse Bruno portando la tequila alle labbra. Possiamo anche essere buoni con quelle bestie, ma in fondo al cuore sappiamo bene che la loro vita vale meno della nostra. E Samantha Andretti aveva sperimentato la violenza di quell’ipocrisia. Era stata l’animale nella gabbia, la creatura da ammirare. L’avere su di lei un potere di vita o di morte era il vero appagamento del sadismo del rapitore. Ogni giorno, lui aveva scelto di farla vivere. Sicuramente si era sentito nobile per questo, perfino magnanimo. E forse aveva ragione il mostro. In fondo, l’aveva protetta da se stesso.
Ma tutto questo Quimby e la gente comune non potevano saperlo. Non avevano visitato gli inferni in cui si era addentrato Bruno. Perciò li compativa e, di solito, li lasciava parlare liberamente. Perché in mezzo alle loro chiacchiere poteva nascondersi l’informazione preziosa, quella che fa svoltare un’indagine. Per tutti, Bruno Genko era un investigatore privato. In realtà, il suo mestiere era ascoltare.

Il Q-Bar era perfetto per carpire voci, indiscrezioni o semplici soffiate. Era il locale di riferimento dei tutori della legge da quando, circa vent’anni prima, il tenente Quimby si era beccato una pallottola in un rene durante una normale operazione di rastrellamento. Congedo anticipato, carriera finita, ma col denaro dell’assicurazione aveva rilevato il pub. Da allora, ogni volta che i poliziotti dovevano festeggiare qualcosa – che fosse il pensionamento di un collega, la nascita di un erede, un diploma o un anniversario – si ritrovavano al Q-Bar. Anche se non aveva mai indossato una divisa, Bruno bazzicava regolarmente il locale e ormai era considerato uno di famiglia. Certo, doveva accettare gli sfottò e le battutacce. Ma ci stava, era il prezzo da pagare per raccogliere informazioni che gli sarebbero tornate utili nella sua attività. Quimby era il suo principale confidente. Tutti gli sbirri, perfino gli ex, sanno che bisogna sempre diffidare degli investigatori privati. Ma il vecchio non lo faceva per ricevere qualche tipo di tornaconto. Era una questione di vanità. Forse condividere notizie riservate con un civile lo faceva sentire come se appartenesse ancora al corpo. Ovviamente, Bruno non spingeva mai Quimby a parlare perché, davanti a una domanda diretta, l’ex poliziotto non gli avrebbe detto una parola. Così si limitava ad appostarsi nel locale, a volte anche per ore, aspettando che fosse l’altro a cominciare.
Anche quel giorno.
Ma oggi è diverso, non è rimasto molto tempo.
Mentre attendeva, infilò una  mano nella  tasca della giacca di lino per prendere il fazzoletto e tergersi il sudore sulla nuca. Le dita sfiorarono il foglio di carta spiegazzato – l’aveva chiamato « talismano » perché non se ne separava mai. Una vampata risalì lungo lo stomaco, ebbe paura di vomitare di nuovo.
« Ieri sera erano qui Bauer e Delacroix, sono passati prima di attaccare il turno di straordinario » disse Quimby all’improvviso.
Bruno domò la nausea e dimenticò il foglio, perché i due sbirri nominati dal barista erano gli agenti ufficialmente incaricati del caso di Samantha Andretti. Ecco, ci siamo, si disse. Aveva trascorso ore in attesa di quel momento, e adesso veniva ripagato. Infatti, dopo aver menzionato Bauer e Delacroix, il barista gli rabboccò la tequila nel bicchiere, senza che gli fosse stato richiesto. Segno che aveva voglia di chiacchierare. Poi Quimby si sporse sul bancone.
« Mi hanno confermato la storia dell’esperto che sta parlando con la ragazzina, pare sia un profiler con le palle: uno specialista nella cattura di serial killer fatto venire apposta da non so dove » spiegò. « Uno che usa metodi poco ortodossi… »
Genko sapeva che era statisticamente improbabile sopravvivere a uno psicopatico. Quando ciò accadeva, però, la polizia aveva a disposizione un prezioso testimone e anche un lasciapassare per accedere ai meandri di una natura criminale complessa. Un intrico multiforme di fantasie, pulsioni irrefrenabili, istinti e oscene perversioni. Per questo avevano convocato un professionista per scandagliare la mente di Samantha Andretti.

Bruno notò anche che Quimby continuava a riferirsi a lei come se avesse ancora tredici anni. Non era il solo. Molti, anche in tv, dicevano « la ragazza » o « la ragazzina ». Era inevitabile, perché nella memoria della gente c’era ancora l’ultima foto diffusa subito dopo la scomparsa. Tuttavia, benché i media non fossero ancora entrati in possesso di un’immagine recente da mostrare al pubblico, Samantha era una donna ormai.
« La ragazza è ancora sotto shock » confidò Quimby a bassa voce. « Ma al dipartimento sono ottimisti. » Bruno non voleva sembrare troppo curioso, però era sicuro che l’altro fosse venuto a conoscenza di qualcosa. « In che senso, ottimisti? »
« Delacroix lo conosci: parla poco e non si sbilancia mai… Ma Bauer è convinto di prenderlo, quel bastardo. »
« Bauer è uno sbruffone » commentò lui, finse di non essere interessato e tornò nuovamente a dedicarsi alla tv.
Quimby abboccò. « Sì, ma pare che abbiano una pista… »
Una pista? Possibile che Samantha avesse già fornito qualche dettaglio determinante? « Ho sentito dire che stanno cercando la prigione allestita dal rapitore. » Bruno lo disse distrattamente, per ravvivare un po’ la conversazione. « La polizia ha circondato una zona disabitata a sud, a ridosso delle paludi. È lì che un’autopattuglia si è imbattuta in Samantha, no? »
« Già… Hanno creato un perimetro di sicurezza e non fanno passare nessuno. Vogliono tenere alla larga i curiosi. »
« Non troveranno mai quel posto. » Bruno cercava di apparire scettico, in modo che l’altro si sentisse in dovere di smentirlo. « Non l’hanno individuato in quindici anni, chissà com’è mimetizzato. »
« Samantha Andretti era a piedi e s’è pure rotta una gamba, perciò dopo la fuga non può aver fatto molta strada, non ti pare? » Quimby sembrava contrariato dalla sua diffidenza. L’investigatore decise di gettare un osso all’ego ferito dell’ex sbirro.
« Secondo me, la chiave di tutto è lei: se collabora, allora c’è qualche speranza di catturare il mostro. »
« Collaborerà » si disse sicuro Quimby. « Ma hanno anche altro per le mani… »
Dunque la pista non veniva dalla ragazza. Da cosa, allora? Bruno tacque e bevve un sorso. La pausa strategica servì per dare tempo al barista, che doveva decidere se raccontargli o meno il resto.
« La storia del ritrovamento, in realtà, non corrisponde completamente alla versione che hanno fatto trapelare » affermò Quimby. « La pattuglia che l’ha notata sul ciglio della strada, senza vestiti e con una gamba rotta, non passava di lì per caso… »

Bruno ponderò rapidamente le implicazioni che comportava quell’informazione. Perché mai mentire sulle modalità del ritrovamento? Cosa non doveva essere svelato?
« I poliziotti sono stati avvisati » azzardò. « Qualcuno ha segnalato la presenza di Samantha. »
Quimby si limitò ad annuire.
« Un buon samaritano, dunque. »
« Una telefonata anonima » lo corresse l’altro.

(continua in libreria…)

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