In libreria il primo romanzo di Caterina Soffici, “Nessuno può fermarmi”, che indaga le radici di una famiglia italiana emigrata a Londra, cercando di ricostruire una tragedia “dimenticata” dalla storia… – Su ilLibraio.it un capitolo

La scrittrice e giornalista Caterina Soffici, che attualmente vive a Londra, torna in libreria con Nessuno può fermarmi, Feltrinelli, un romanzo che indaga la tragedia del 2 luglio 1940, una fatto troppo spesso dimenticato, raccontato attraverso gli occhi di un ragazzo che cerca di scoprire a verità sul passato del nonno.

L’autrice, che vive tra Londra e l’Italia, ha già pubblicato due libri con Feltrinelli: Italia yes Italia no. Che cosa capisci del nostro paese quando vai a vivere a Londra Ma le donne no. Come si vive nel Paese più maschilista d’Europa; questo è il suo debutto letterario.

Bartolomeo, studente di filosofia, trova una lettera indirizzata a sua nonna Lina, poche righe, ma bastano a smentire la storia famigliare di nonno Bart morto al fronte: “Disperso, presunto annegato”. Nessuno, nella sua famiglia, sa dargli spiegazioni in proposito. Nel tentativo di ricostruire i fatti, Bartolomeo si imbatte in Florence, un’anziana signora inglese che frequentava i suoi nonni a Little Italy, il quartiere degli immigrati italiani di Londra: lei, pur non volendo parlare, sembra sapere molte cose.

Mentre Bartolomeo si mette sulle tracce della verità, Florence rievoca per lui l’allegria operosa dei caffè, i canti e la musica, la folla della processione della Madonna del Carmelo, le serate danzanti, fino a che i due partono per un viaggio che porterà a galla un episodio caduto nell’oblio: il naufragio dell’Arandora Star, carica di internati italiani, e silurata dai tedeschi, 446 vittime innocenti del sospetto e della xenofobia. Tocca a loro sottrarre al silenzio le storie di quelle vite spezzate, tocca a un ragazzo che si fa uomo e a una vecchia che ritrova la tenacia della giovinezza, mentre avanzano insieme verso l’ultima incredibile rivelazione.

L’INCONTRO A TEMPO DI LIBRI – Caterina Soffici presenta Nessuno può fermarci (Feltrinelli) con Alessandra Tedesco il 22 aprile alle 14.30 (Sala Calibri – PAD. 2)

caterina soffici

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it pubblichiamo un estratto del romanzo:

“Eravate molto amiche?” chiede il giovane Bart a Flo.

“Molto.”

“Mia nonna non mi ha mai parlato di lei. Non vi siete più

viste?”

“No. Non ci vedevamo più da tanti anni.”

Cosa dovrei dirgli? Che la vita è così? Che le persone si  allontanano e quando succede non ci si può fare niente? È come nuotare controcorrente. Si fa uno sforzo enorme per non avanzare di un metro. Anzi, chi si intestardisce brucia energie, e alla ne rischia di affogare.

Mi guarda. Gli importa moltissimo capire cosa è successo tra me e sua nonna.

È intelligente. Vorrebbe fare altre domande, ma non insiste.

Sarei curiosa di sapere cosa sta immaginando. Chissà quante stramberie gli frullano nella testa. Siamo tutti matti a vent’anni.

“E mio nonno Bartolomeo, l’ha conosciuto bene?” “Certo. Eravamo un quartetto inseparabile.”“Lui com’era?” Così glielo racconto. Gli racconto di Berni’s. Di cosa era successo in quei giorni. Di tutto quello che la sua foto mi ha fatto tornare in mente.

Gli racconto che Lina era orfana. L’avevano mandata a Londra da una lontana parente che si era sistemata sposando un commerciante di marmi del Quartiere. Un uomo dai modi bruschi, molto chiacchierato, che aveva fatto una certa fortuna. Dicevano fosse un fascista.

Lina aveva iniziato a passare tutti i giorni da Berni’s per ricevere un po’ del calore di cui la casa del commerciante di marmi era priva. Si fermava a prendere un tè nel bovindo, scambiava due parole con Margherita. Aveva nito per innamorarsi di Bart e lui di lei.

Così era andata. Niente di più semplice.

I rapporti tra Lina e la sua famiglia adottiva, mai troppo cordiali, si erano interrotti quando aveva sposato Bart. Per lei, il marmista e la moglie avrebbero desiderato ben altro. Non erano nemmeno venuti al matrimonio.

Mentre parlo lui si alza e va verso il piano. Senza fare rumore, con le sue mani lunghe e gentili alza il coperchio e fissa la tastiera. Non la sfiora neppure, si limita a fissare la sequenza dei tasti. Come se la successione e la ripetizione di quegli intervalli regolari, bianchi e neri, lo aiutasse a mettere ordine nei pensieri.

Ascolta ma non parla. Più osservo questo giovane inquieto che si aggira nel mio salotto e più sono incredula. Non sa chi sono io. Non sa niente. Eppure non posso credere che Lina abbia voluto cancellare un’intera stagione della sua esistenza con tanta determinazione. Ha nascosto la verità anche a Carlo, suo figlio, quindi. Però teneva la foto del fidanz mento sullo scrittoio. Perché?

Guardo quel ragazzo spaurito e mi trattengo a fatica. Avrei voglia di dirgli tutto. Ma come potrei dirglielo io, se Lina aveva scelto il silenzio? Non posso.

Lui riabbassa il coperchio del pianoforte, si gira verso di me e ha un attimo di esitazione. Ho la sensazione che vorrebbe domandarmi qualcosa.

È intelligente, ve l’ho già detto. E sensibile. Avrà intuito che manca un pezzetto. Ma non può sapere quale.

Sarebbe piaciuto a Michele, questo giovane Bart. Lo so, lo sento.

“Ha altre foto?” chiede alla ne.

Vuole sapere se ho conservato qualcosa di quel periodo. Qualcosa che lo aiuti a capire.

Mi alzo anch’io e vado alla libreria. Tiro per la costola il raccoglitore con la targhetta bianca AS.

AS sta per Arandora Star, certo.

Ci ho pensato tante volte a sbarazzarmi di questi ricordi. Invece eccole qui, le cose che ho conservato.

Apro il raccoglitore.

Ecco il volantino pubblicitario del transatlantico di sola prima classe. Magnifiche crociere dei sogni intorno al mondo.

Ecco i quotidiani di quei giorni, quando il mondo ci è crollato addosso.

Ecco i ritagli di articoli cerchiati con la matita rossa, che  parlano di corpi ritrovati al largo della costa scozzese.

Non sono molte cose, ma le ho conservate tutte. Ognuna è dentro la sua busta trasparente con i buchi sul lato sinistro. Sta tutto in un raccoglitore blu. Uguale a qualunque altro, dall’esterno.

Sono pezzi di passato che escono dalle stesse buste dove tengo gli estratti conto della banca e i referti delle analisi del sangue. C’è tutta la mia storia finanziaria e medica, in quei faldoni. Sono una persona ordinata e meticolosa. Faccio il letto e ho la mia routine. È l’unico modo per non perdere la testa, perché tante cose ci entrano ma se ne vanno via subito. Invece altre sono rimaste impresse per sempre. O almeno credo. Chissà se quello che ricordo è successo davvero. O se è solo il ricordo di quello che penso di ricordare.

Cosa c’è davvero in questo raccoglitore? Me lo chiedo anch’io cosa ho conservato qui. Ci sono la memoria e l’oblio, insieme.

“A te.”

Gli passo il faldone.

La sua faccia si illumina come quella di un bambino il giorno di Natale, quando scopre che la favola si è rinnovata ancora una volta e il suo regalo è lì, nel pacchetto sotto l’albero.

Il giovane Bart, con le sue mani delicate, sfoglia lentamente.

“Questa è la nave,” gli dico.

“Pazzesca… Avevo già visto le foto su Internet,” risponde.

Lo so che trovano tutto su Internet. So come funziona, anche se non ho un computer. Le cose che mi servono non le trovo nel computer. Però, forse… se qualcuno mi insegnasse a usarlo… Forse potrebbe essere utile. Sicuramente più dell’aria condizionata. Comunque, non è il momento di pensarci.

Il ragazzo sta leggendo i titoli dei giornali.

“Incredibile!” esclama. “Non avrei mai immaginato.”

“Cosa?”

“Che scrivessero queste cose sugli italiani.”

“C’era la guerra.”

“Posso farne una copia?”

Non vedo perché no. Erano anni che non tiravo fuori questi pezzi di carta. Il fatto che un giovane sia così interessato a loro li fa diventare improvvisamente preziosi e importanti. Mi dà la certezza che ho fatto bene a conservarli.

(Continua in libreria…)

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