Un intenso documentario del regista Davis Guggenheim racconta la storia di Malala Yousafzai, la studentessa pakistana, Nobel per la Pace 2014, vittima di un attentato dei Talebani. Il commento della ragazza: “Il film è una grande opportunità per ricordare a gran voce che l’istruzione è un diritto fondamentale degli esseri umani” – I particolari

Arriva nelle sale italiane domani  il film documentario Malala, firmato da Davis Guggenheim, e ispirato al bestseller mondiale Io sono Malala (Garzanti), che racconta la battaglia di Malala Yousafzai, la studentessa pakistana, obbiettivo di un attentato dei Talebani a causa della sua campagna per il diritto femminile allo studio. Lo abbiamo visto in anteprima.

Il film è un ritratto intimo e personale della giovane attivista e della sua famiglia, ma non solo: sullo sfondo l’avvento dei talebani e le ripercussioni sulla vita della famiglia Yousafzai e dell’intera valle di Swat. Vediamo il padre che realizza il sogno di aprire una scuola e che è costretto a chiudere a causa delle leggi talebane; Malala, una bambina felice di andare a scuola, costretta a nascondere lo zaino sotto al velo per non essere scoperta; la popolazione della valle che si piega progressivamente al regime talebano basato sul terrore e sulla delazione. Poi il dramma dell’attentato e la lunga ripresa di Malala in Inghilterra, dal coma fino alla difficile riabilitazione, e alla sua nuova vita in un altro Paese, in una scuola diversa, in una cultura diversa. Ma Malala supera tutto questo e riprende la lotta per il diritto delle donne allo studio: visita scuole in Kenya, incontra i genitori delle studentesse rapite da Boko Haram, segue i profughi che fuggono dalla Siria con i loro bambini, sempre con l’intenzione di fare da amplificatore mediatico alle loro voci.

Il film non risulta così un monumento alla figura di Malala, ma l’affresco di una parte di mondo che tendiamo a dimenticare, perché la voce di Malala è quella di 66 milioni di bambini nel mondo che non hanno diritto all’istruzione.

MALALA_Poster

Il regista di documentari Davis Guggenheim (Una scomoda verità, Waiting for “Superman”) ci mostra l’impegno di Malala, del padre Ziauddin e della famiglia nella battaglia per l’istruzione femminile a livello globale. Il film è stato realizzato in 18 mesi intensi, che Guggenheim ha trascorso con tutta la famiglia Yousafzai in Inghilterra e sulle strade di Nigeria, Kenya, Abu Dhabi e Giordania.

Il film si articola in una fusione di interviste spontanee, di riprese del Pakistan più vero, di vivide animazioni disegnate a mano che riportano momenti del passato a nuova vita che dipingono la storia di una famiglia che ha detto no alla tirannia e delle conseguenze di un evento sconvolgente che ha trasformato una scolara coraggiosa in una paladina dell’Istruzione conosciuta in tutto il mondo.

“Il mio approccio istintivo nel fare questo film è stato di raccontare soprattutto la storia di una famiglia, la storia dell’amore di un padre e di una figlia che si sente sostenuta e autorizzata a fare cose bellissime” ha raccontato il regista, Davis Guggenheim, “Quello che mi ispira è un padre che ha visto in sua figlia una persona in grado di fare qualsiasi cosa e che ha creduto in lei“.

Tutti noi volevamo far sentire forte la voce delle giovani donne“, ha commentato Malala, “questo film è  diventato una grande opportunità per raccontare la nostra storia ma anche di ricordare a gran voce che l’istruzione è un diritto fondamentale degli esseri umani”.

Proprio nel dicembre 2014, durante le riprese di He named me Malala, Malala è diventata la persona più giovane della storia a ricevere il Premio Nobel per la Pace. Ha ricevuto il premio insieme all’attivista indiano Kailash Satyarthi, come lei promotore della salvaguardia e dei diritti dei bambini. Ad oggi, la giovane attivista conduce una campagna globale per il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini nel mondo, come co-fondatrice del Fondo Malala. Questi momenti emozionanti si possono vedere nei titoli di coda del film.

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