Dalla “Vita nova”, in cui Dante racconta la sua vicenda amorosa ma anche la storia della sua giovinezza, a altro grande testo duecentesco, il “Roman de la Rose”, poema allegorico scritto in antico francese: in quella visione della donna e in quell’intreccio tra amore, ispirazione e poesia, ritroviamo elementi di grande modernità…

Se quella tra Dante e Beatrice è divenuta una delle passioni letterarie più famose di tutti i tempi è anche perché, attraverso i secoli, non smette a parlare al cuore di tutti. Ci sono infatti, in quella concezione dell’amore e del corteggiamento, in quella visione della donna e in quell’intreccio tra amore, ispirazione e poesia, elementi di grande modernità. Che ritroviamo tanto nella Vita nova, in cui Dante racconta la sua vicenda amorosa ma anche la storia della sua giovinezza, quanto in un altro grande testo duecentesco, il Roman de la Rose (“Romanzo della Rosa”), poema allegorico scritto in antico francese. In queste pagine scopriamo sentimenti e “istruzioni” che ci colpiscono con la freschezza delle domande di ogni giorno: come ci si innamora, come si soffre per amore, come si conquista l’amata o l’amato, e come si può sopravvivere al dolore quando l’amore finisce. I temi di ogni tempo e di ogni generazione.

La Bibbia dell’amore cortese: il Roman de la Rose

Il Roman de la Rose (“Romanzo della Rosa”) è un poema narrativo-allegorico in antico francese risalente al XIII secolo. Composto da più di 21.000 ottosillabi rimati, è concepito come un trattato sull’amore cortese, del quale indica regole e valori. Argomento del poema è il difficile percorso che il protagonista deve compiere per conquistare il cuore della donna amata, allegoricamente rappresentato da una rosa in boccio. Quest’opera ebbe una straordinaria diffusione in tutta Europa ed influenzò profondamente la letteratura medievale.

I comandamenti dAmore

Dal Roman de la Rose

Come un buon maestro, Amore detta i suoi comandamenti al protagonista.

  1. Rifiuta Villania

«La prima cosa che voglio e comando – così disse Amore – è che tu scacci Villania definitivamente, se tu non vuoi farmi torto. Ed io maledico e scomunico tutti coloro che seguono villania: è la villania che fa gli uomini scortesi, e perciò non è giusto ch’io la sopporti. L’uomo villano è falso e non ha pietà e vive senza cortesia e senza amicizia».

  1. Non sparlare

«Inoltre guardati bene dal riferire i fatti altrui che conviene tacere, che sparlare non è mica una prodezza».

  1. Sii cortese

«Sii ragionevole e affabile, dolce e amabile nel parlare, tanto con le persone altolocate quanto con la povera gente. E quando cammini per la via, cerca di essere il primo a salutare chi incontri: e se qualcuno ti saluta prima, non tenere la bocca chiusa, ma affrettati a rendere il saluto senza nessun indugio».

  1. Cura le tue parole

«Inoltre evita di dire parole sconce e ribalde; e mai devi schiudere le labbra per pronunziare cose villane: io non posso ritenere un uomo cortese chi dice sconcezze e sozzure».

  1. Sii devoto ad ogni donna

«Servi e onora ogni donna, e sempre ti devi pensare e affaticare a servirle. E se tu senti qualche maldicente che vada sparlando delle donne, riprendilo e fallo tacere. Se puoi, cerca di far cosa gradita alle signore e alle signorine, sì che esse abbiano motivo di parlare bene di te: e così potrai salire in pregio».

  1. Rifuggi dall’orgoglio

«Inoltre guardati affatto dall’orgoglio, ché, a voler giudicare bene, orgoglio è follia e peccato; e chi è macchiato d’orgoglio, non può piegare il suo cuore a servire né a pregare: l’orgoglioso fa tutto il contrario di ciò che deve fare l’amante perfetto».

  1. Cerca eleganza e bellezza

«Ma chi vuole darsi all’amore, deve comportarsi con eleganza: chi cerca l’amicizia amorosa, non riuscirà a nulla senza l’eleganza. Eleganza non è mica orgoglio: chi è elegante vale di più, purché sia privo d’orgoglio e non sia dissennato né tracotante. Vivi signorilmente, secondo la tua rendita, e nel vestire e nel calzare: un bell’abito e un elegante acconciamento ingentiliscono moltissimo. E perciò devi affidare i tuoi vestiti a un sarto che sappia tagliare bene e faccia le pieghe a modo e le maniche ampie ed eleganti. […] E sopratutto fa che la tua persona sia netta: lava le tue mani, pulisci i tuoi denti, cura le tue unghie perché non vi appaia mai un’ombra di nero».

  1. Sii disposto alla gioia

«Inoltre ti devi ricordare di mantenere il gusto del divertimento. Sii disposto sempre alla gioia e al diletto: Amore non si cura dell’uomo triste, ché amore è una malattia molto gentile, nella quale si sente piacere e si ride e ci si diverte».

9. Fuggi l’avidità

«Non farti il nome di avaro, perché ti potrebbe nuocere assai: è bene che gli amanti sappiano dare del loro più largamente che non il villano sciocco e stolto. Giammai ha saputo amare colui a cui non piacque la generosità».

  1. Donati interamente ad un solo amore

«E, affinché tu sia amante perfetto, io voglio e comando che tu ponga in un solo oggetto tutto il tuo cuore, in modo ch’esso non sia mai dimidiato, ma tutto intero, senza alcun inganno, perché io non amo affatto mezzadria! Chi divide il proprio cuore in più luoghi, non ne salva che una piccola parte; e invece non diffido affatto di chi mette tutto il suo cuore in un solo amore: e per questo voglio che tu rivolga il tuo cuore verso un unico oggetto».

In conclusione, Amore afferma: «Ora ti voglio ripetere la somma di ciò che t’ho detto, per ricordartene meglio, poiché la parola è più facile a ritenere, quando è più breve: Chi aspira ad avere Amore per maestro, deve essere cortese e senza orgoglio; si mantenga grazioso e lieto, e si faccia stimare per la sua generosità».

Gli effetti dellAmore

Dal Roman de la Rose

Le pene d’amore — Fenomenologia dell’innamoramento: come Amore determina l’umore e i comportamenti dell’uomo in suo potere. 

— Il desiderio di solitudine, l’angoscia, la tristezza per la lontananza dalla donna amata segnano le giornate dell’amante; sospiri, pianti e tremiti sono i sintomi della sua febbre d’amore.

«Spesso, allorché ti ricorderai del tuo amore, dovrai allontanarti dalla compagnia degli altri, necessariamente, perché essi non possano avvedersi del male di cui tu senti tanta angoscia. Te ne andrai in disparte tutto solo: e allora ti assaliranno sospiri e pianti e tremiti e tanti altri dolori; allora sarai agitato in tutte guise, e un momento avrai caldo e un momento freddo, ora sarai tutto rosso e ora tutto pallido: giammai avrai avuto febbri così perfide, né quotidiane né quartane. Allora t’accadrà tante volte che assorto nel pensiero cadrai in oblio e per parecchio tempo rimarrai come un’immagine muta, che sta ferma e immobile, senza mai articolare i piedi e le mani e le dita, senza muovere gli occhi e senza parlare. E alla fine ritroverai la tua coscienza e nel ritornare in te trasalirai di sgomento, come chi ha paura, e sospirerai dal profondo del cuore: perché devi sapere che così fanno coloro che hanno provato le pene di cui ora sei afflitto.

Inoltre è giusto che tu ti ricordi della tua amica che è troppo lontana; allora dirai: “Dio! come mi sento triste, che non posso andare là dov’è il mio cuore! Perché vi ho mandato soltanto il mio cuore? Sempre vi penso e non vedo mai nulla: dacché non posso mandare anche gli occhi per accompagnare il cuore, se i miei occhi non possono seguire il mio cuore, io non ho piacere di cosa nessuna che essi vedano. Devono essi rimanere qui? No, ma vadano a visitare colei di cui il cuore ha tanta voglia. Io posso ritenermi apatico, giacché vivo così lontano dal mio cuore: mi soccorra Iddio, ma io mi sento impazzire!».

— Tramite gli occhi Amore innamora.

La vista dell’amata avvampa il cuore dell’innamorato: un fuoco ardente lo consuma e, divorandolo, si accresce.

«Tu non potrai sedare il tuo cuore, anzi correrai ancora a tentare di vedere per fortuna ciò di cui hai così grande ansia; e se tu puoi far tanto di arrivarla a vedere, tu rimarrai tutto preso ad appagare e pascere i tuoi occhi. Una grande gioia ti scenderà nel cuore per la bellezza che tu vedrai, e a rimirarla farai ardere e avvampare il tuo cuore, e sempre continuando a guardare ravviverai l’ardente fuoco: colui che più guarda ciò che ama, di più accende e alimenta la fiamma che fa innamorare la gente. E ciascuno amante suole seguire il fuoco che l’arde e l’infiamma: e quanto più vicino sente il fuoco, tanto più vi si accosta. Questo è il fuoco: che l’amante contempla la sua amica che lo fa struggere. Quanto è più vicino a lei, tanto è più avido d’amare. E lo sanno tutti, dotti e ignoranti, che chi sta più vicino al fuoco, arde di più».

— Amore imprigiona.
Insopportabile per l
’innamorato allontanarsi dall’amata. Una volta lontano da lei, è preda di rimorsi e rimpianti: non averle parlato gli pare una colpa gravissima, insostenibile.

«E infine quando avrai rivisto la tua gioia, giammai te ne vorrai separare. E quando dovrai allontanartene, sempre poi penserai a colei che hai veduta; e ti sentirai deluso assai spiacevolmente d’una cosa: che mai hai avuto cuore e ardire di parlarle, anzi sei rimasto accanto a lei senza articolar parola, impacciato e fuor di te. E ti crederai in colpa per non aver rivolto la parola alla tua bella, prima del distacco. E te lo imputerai a gran danno, perché se tu ne avessi potuto ottenere anche soltanto un bel saluto, ti sarebbe valso più di cento marchi d’oro!».

— Afasia amorosa.

Dinanzi all’amata, il vero amante tace o, se riesce a parlare, non saprà dirle tutto ciò che vorrebbe. Per questa ragione è condannato ad essere insoddisfatto di sé.

«Se ti accade d’incontrare la tua bella dove tu possa parlarle e salutarla, allora ti toccherà cambiar colore e ti sentirai fremere tutto il sangue: la parola e il senno ti verranno a mancare, appena penserai d’incominciare; e se tanto riesci a fare, che oserai di cominciare a parlare, quando vorrai dire tre parole, ne dimenticherai almeno due, tanto ti sentirai vergognoso dinanzi a lei. Non c’è nessuno tanto padrone di sé che in quel momento non cada in oblio, tranne che non agisca per inganno. Perché appunto i falsi amanti ostentano la loro disinvoltura come vogliono, senza vergogna; costoro sono dei grandi adulatori: una cosa dicono e un’altra ne pensano questi vili traditori assassini.

E quando avrai terminato di parlare, senza dire nessuna cosa villana, ti sentirai avvilito per aver dimenticato qualcosa che ti sarebbe piaciuto di dire; allora sarai di nuovo in grande costernazione. Questa è la battaglia, questo è l’ardore, questa è la trepidazione che dura sempre: l’amante non avrà mai ciò che vuole, sempre gli mancherà, giammai avrà pace! E questa guerra non avrà fine, finché io [Amore] non vorrò la pace».

— Le notti senza riposo.

L’ insonnia, i sogni e la smania di lei.

«Quando scenderà la notte, allora avrai più di mille affanni. Tu ti getterai nel tuo letto, dove non troverai riposo, ché appena cercherai di dormire, comincerai a fremere, a trasalire, ad agitarti: ti toccherà rigirarti su questo e quel fianco, ora supino, ora bocconi, come chi è assalito dal mal di denti. Allora ti ritornerà alla memoria l’aspetto e il volto di colei che non ha pari. E ti dirò una cosa strana: talvolta ti sembrerà di stingere fra le braccia tutta nuda la tua bella innamorata dal chiaro viso, come se fosse diventata del tutto la tua amica e la tua compagna. Allora farai castelli di Spagna e avrai gioia di nulla, finché correrai vaneggiando nella tua dolce immaginazione, dove non c’è che finzione e favola. Ma ci potrai restare assai poco; e allora comincerai a piangere».

Come sopravvivere alle pene dAmore

Dal Roman de la Rose

Interrogato, Amore spiega al protagonista in che modo gli amanti possano sostenere le atroci sofferenze che l’amore reca con sé: grazie alla Speranza e ai «tre beni» Dolce Pensiero, Dolce Parlare e Dolce Sguardo, chi ama riesce a sopravvivere alle pene d’amore.

  1. «La speranza gli fa sostenere le pene che nessuno saprebbe contare, per la gioia che s’accresce cento volte tanto. La speranza vince soffrendo e fa che gli amanti vivano. Benedetta sia Speranza, che gl’innamorati così favorisce! […] È questa che ti proteggerà, e non ti lascerà mai senza soccorrerti nell’estremo bisogno. E assieme ad essa ti mostrerò altri tre beni che danno grande consolazione a coloro che vivono nei ceppi d’Amore».
  1. «Il primo bene che dà diletto a coloro che la catena d’Amore stringe, è il Dolce Pensiero, che a loro ricorda ciò a cui Speranza consente. Ogni volta che l’amante piange e sospira e sta in pena e in tormento, Dolce Pensiero non tarda a venire, mette in fuga la tristezza e la pena, e subito fa ricordare all’amante la gioia che Speranza gli promette».
  1. «L’altro bene è Dolce Parlare, che ha già soccorso tanti giovani e tante signore, giacché ciascuno che sente parlare del suo amore ne è tutto esultante. [Per questo] ora ti consiglio e voglio che ti cerchi un compagno saggio e discreto a cui tu possa confidare tutto il tuo pensiero e svelare tutto il tuo cuore: ed egli ti gioverà assai».
  1. «Ora è da considerare il terzo bene: esso è Dolce Sguardo, che suole mancare a coloro che hanno il loro amore lontano. Ma io ti esorto a tenerti vicino al tuo amore per via di Dolce Sguardo, affinché il suo diletto non ti tardi troppo, ché agli innamorati esso è tanto delizioso e dolce: e al mattino gli occhi hanno la prima gioia quando Domineddio mostra a loro il prezioso santuario di cui essi sono tanto avidi. […] Dolce Sguardo spazza via le tenebre in cui giace il cuore che notte e giorno languisce d’amore: poiché il cuore non si duole più di nulla, quando gli occhi rimirano quello ch’egli desidera».

Questi sono i «tre beni», afferma Amore, terminando la propria lezione, «che possono soccorrere gli amanti e salvarli dalla morte».

Santagata
Come donna innamorata (Guanda), il romanzo di Marco Santagata, racconta un Dante intimo, rivelato anche nella sua fragilità

La Vita nova

Composta presumibilmente fra il 1292 e il 1294, la Vita nova raccoglie molte delle poesie scritte da Dante nel decennio precedente; queste poesie giovanili sono inserite in un racconto in prosa che le colloca in un contesto e che fa loro da commento esplicativo. Il titolo, in latino, è tratto dall’inizio dell’opera: «In quella parte del libro de la mia memoria dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice: Incipit vita nova», ossia “In quella parte del libro della mia memoria, parte prima della quale non si trovano molti ricordi[1], si legge un titolo di capitolo che dice: ‘qui comincia una nuova vita’”: una vita, cioè, rinnovata da un amore eccezionale, dotato, per il poeta, di potere salvifico. L’amore in questione, del quale la Vita nova ripercorre le tappe, è quello nutrito da Dante per Beatrice. Ma la Vita nova non è soltanto la cronaca, a posteriori, di una vicenda amorosa: essa è un’autobiografia a tutto tondo della giovinezza di Dante, una giovinezza in cui poesia e amore si intrecciano indissolubilmente.

  1. Il saluto di Beatrice e i suoi effetti su Dante

Vita nova, cap. III

Il primo incontro fra Dante e Beatrice avviene quando entrambi hanno nove anni. I due si incontrano nuovamente solo nove anni dopo: è in questa occasione che Beatrice saluta Dante. Gli effetti di questo gesto sono dirompenti: l’amore che Dante nutre per lei ne esce rafforzato; il poeta scrive raggiunge una condizione di beatitudine. Eppure, proprio meditando in solitudine sulla propria felicità, si assopisce e fa un sogno visionario, che pare indicare l’inquietante destino che incombe sulla donna.

Poi che fuoro passati tanti die, che appunto erano compiuti li nove anni appresso l’apparimento soprascritto di questa gentilissima[2], ne l’ultimo di questi die avvenne che questa mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo, in mezzo a due gentili donne, le quali erano di più lunga etade[3]; e passando per una via, volse li occhi verso quella parte ov’io era molto pauroso[4], e per la sua ineffabile cortesia, la quale è oggi meritata nel grande secolo[5], mi salutoe molto virtuosamente, tanto che me parve allora vedere tutti li termini de la beatitudine[6]. L’ora che lo suo dolcissimo salutare mi giunse, era fermamente nona di quello giorno; e però che quella fu la prima volta che le sue parole si mossero per venire a li miei orecchi, presi tanta dolcezza, che come inebriato mi partio da le genti, e ricorsi a lo solingo luogo d’una mia camera, e puosimi[7] a pensare di questa cortesissima. E pensando di lei, mi sopragiunse uno soave sonno, ne lo quale m’apparve una maravigliosa visione: che me parea vedere ne la mia camera una nebula[8] di colore di fuoco, dentro a la quale io discernea una figura d’uno segnore di pauroso aspetto a chi la guardasse; e pareami con tanta letizia, quanto a sé, che mirabile cosa era[9]; e ne le sue parole dicea molte cose, le quali io non intendea se non poche; tra le quali intendea queste: «Ego dominus tuus»[10]. Ne le sue braccia mi parea vedere una persona dormire nuda, salvo che involta mi parea in uno drappo sanguigno leggeramente[11]; la quale io riguardando molto intentivamente[12], conobbi ch’era la donna de la salute, la quale m’avea lo giorno dinanzi degnato di salutare[13]. E ne l’una de le mani mi parea che questi tenesse una cosa la quale ardesse tutta, e pareami che mi dicesse queste parole: «Vide cor tuum»[14]. E quando elli era stato alquanto[15], pareami che disvegliasse questa che dormia; e tanto si sforzava per suo ingegno, che le facea mangiare questa cosa che in mano li ardea, la quale ella mangiava dubitosamente[16]. Appresso ciò poco dimorava che la sua letizia si convertia in amarissimo pianto; e così piangendo, si ricogliea questa donna ne le sue braccia, e con essa mi parea che si ne gisse[17] verso lo cielo; onde io sostenea sì grande angoscia, che lo mio deboletto sonno non poteo sostenere, anzi si ruppe e fui disvegliato.

  1. Il saluto come miracolo

Vita nova, cap. XI

 

In questo brano Dante descrive gli effetti che il tanto atteso saluto di Beatrice produce sulla sua persona.

Dico che quando ella apparia da parte alcuna[18], per la speranza de la mirabile salute nullo nemico mi rimanea, anzi mi giungea una fiamma di caritade, la quale mi facea perdonare a chiunque m’avesse offeso[19]; e chi allora m’avesse domandato di cosa alcuna, la mia risponsione[20] sarebbe stata solamente «Amore», con viso vestito d’umiltà[21]. E quando ella fosse alquanto propinqua al salutare, uno spirito d’amore, distruggendo tutti gli altri spiriti sensitivi, pingea fuori i deboletti spiriti del viso, e dicea loro: «Andate ad onorare la donna vostra»; ed elli si rimanea nel loco loro[22]. E chi avesse voluto conoscere Amore, far lo potea mirando[23] lo tremore de li occhi miei. E quando questa gentilissima salute salutava, non che Amore fosse tal mezzo che potesse obumbrare[24] a me la intollerabile beatitudine, ma egli quasi per soverchio di dolcezza divenia tale, che lo mio corpo, lo quale era tutto sotto il suo reggimento, molte volte si movea come cosa grave inanimata. Sì che appare manifestamente che ne le sue salute abitava la mia beatitudine, la quale molte volte passava e redundava la mia capacitade[25].

[2] Poi che fuoro gentilissima: “Dopo che furono trascorsi nove anni dalla prima apparizione di Beatrice”.

[3] di più lunga etade: “più anziane”.

[4] pauroso: “intimidito” dalla vista di Beatrice.

[5] è oggi meritata nel grande secolo: “è premiata con la vita eterna”. Al momento in cui Dante scrive la Vita nova, Beatrice era infatti già morta (8 giugno 1290).

[6] me parve allora vedere tutti li termini de la beatitudine: “mi sembrò di provare il massimo grado di beatitudine”.

[7] puosimi: “mi misi”.

[8] nebula: “nuvola”.

[9] e pareami con tanta letizia mirabile cosa era: “e mi si manifestava così lieto da essere una cosa meravigliosa a vedersi”.

[10] Ego dominus tuus: “Io sono il tuo signore”

[11] salvo che involta sanguigno leggeramente: “ma delicatamente avvolta in un drappo color sangue”.

[12] intentivamente: “in modo fisso e intensamente”.

[13] Beatrice.

[14] Vide cor tuum: “Guarda il tuo cuore”.

[15] E quando elli era stato alquanto: “E dopo un momento di attesa”.

[16] dubitosamente: “esitando e con timore”.

[17] che se ne gisse: “che se ne andasse”.

[18] appariva da parte alcuna: “compariva da qualche parte”.

[19] per la speranza de la mirabile salute mavesse offeso: “in virtù della speranza di ricevere quel saluto meraviglioso, non mi rimaneva nessun amico, ma anzi, venivo raggiunto da una fiamma di carità che mi spingeva a perdonare chiunque mi avesse offeso”.

[20] risponsione: “risposta”.

[21] con viso vestito dumiltade: “con espressione piena d’umiltà”.

[22] E quando ella fosse nel luogo loro: “E quando lei [Beatrice] era sul punto di salutarmi, uno spirito di amore, distruggendo tutte le mie facoltà sensoriali, spingeva fuori dal viso le mie deboli facoltà visive e diceva loro: «Andate a rendere onore alla vostra signora»; ed egli prendeva il loro posto e vi rimaneva”.

[23] mirando: “osservando”.

[24] obumbrare: “fare ombra”, “oscurare”.

[25] Sì che capacitade: “Così che appare chiaro che proprio nei suoi saluti risiedeva la mia assoluta felicità, che molte volte oltrepassava e superava la mia capacità di contenerla”.

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