Cosa vuol dire stare in classe ai tempi della “buona scuola”, delle lavagne multimediali e degli iPhone sotto il banco? Le risposte in libreria, nel diario di Mario Fillioley

Cosa vuol dire stare in classe ai tempi della “buona scuola“, delle lavagne multimediali e degli iPhone sotto il banco? Nel libro Lotta di classe – Diario di un anno da insegnante in prova (minimum fax), Mario Fillioley ci porta con lui dentro le aule, tra i corridoi durante la ricreazione, nelle stanze dei professori, e ci regala un fantasmagorico diario di un anno di scuola – il suo primo da docente di ruolo – in un istituto distante ottocento chilometri da dove ha vissuto fino a quarant’anni.

Da settembre a giugno si mescolano ricordi personali, la voglia di provare metodi nuovi, la paura di sbagliare e lo scetticismo verso chiunque pensi di avere in mano la soluzione su cosa voglia dire oggi educare.

Lotta di classe

Ne viene fuori una commedia, il cui protagonista è un professore che, in fondo, più che al suo lavoro è interessato ai ragazzi e alle loro storie, e si muove come un impacciato detective in quella landa misteriosa e avvincente che è l’adolescenza. Ogni interrogazione, ogni circolare è il pretesto per una divagazione. Ogni lezione si trasforma in un racconto o in un apologo su quello che – nel bene o nel male– è il senso profondo della scuola: diventare grandi insieme.

 

 

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