Massimo Roscia torna in libreria con “Di grammatica non si muore – Come sopravvivere al virus della punteggiatura e allo sterminio dei verbi” e ci suggerisce come non commettere più i “classici” errori (o meglio, “orrori”) nella scrittura…

“Ragazzi, tutti attenti! Oggi parliamo dei plurali dei nomi composti. Allora, le regole sono troppe e piene di eccezioni. Non ci provate neanche a impararle a memoria. Usate il buon senso e soprattutto un buon vocabolario.” Se Massimo Roscia salisse (e non salirebbe) in cattedra, la sua lezione andrebbe (e non andasse) più o meno così. Perché nella grammatica crede fermamente, ma crede un po’ meno nell’approccio paludato tutto nozioni e casi noiosi. Così ha deciso di svecchiarlo, per dimostrare che le norme possono essere semplici, intuitive e persino amichevoli.

Nel libro Di grammatica non si muore – Come sopravvivere al virus della punteggiatura e allo sterminio dei verbi (Sperling & Kupfer), Roscia, già autore del romanzo La strage dei congiuntivi (Exorma, 2014), passa in rassegna le fondamenta dell’italiano e si diverte a calarle in esempi contemporanei (dai ritmi rap alle serie tv, dai fantasy ai videogame); riprende gli svarioni più comuni (dall’uso maldestro dell’accento all’abuso disinvolto dell’apostrofo) creando giochi promemoria per non essere più indotti in errore; si batte per la salvaguardia delle forme (utili) in estinzione, come il congiuntivo, e invoca il debellamento della pandemia di ciaone e apericena.

massimo roscia

 

Per ilLibraio.it qui di seguito l’autore ha selezionato 5 errori molto diffusi, suggerendo come non commetterli più…

ce né, c’è né, cenè, c’è n’è

forma corretta: ce n’è

per non sbagliare: nel dubbio, provate a coniugare il verbo all’imperfetto: “ce n’è per tutti” diventa “ce n’era per tutti”; “ce n’è uno solo” si trasforma in “ce n’era uno solo”. Le frasi, entrambe di senso compiuto, confermano che si tratta del verbo essere. Un ulteriore aiuto può venire anche dalla pronuncia: ne si pronuncia con la e chiusa, mentre n’è con la e aperta.

qual’è

forma corretta: qual è

per non sbagliare: liberiamo qual è dall’apostrofo, una volta per tutte. La grafia corretta, nell’italiano contemporaneo, è quella senza apostrofo. Lasciate stare le presunte analogie con cos’è, dov’è, com’è e quand’è; qui abbiamo a che fare con un troncamento, che avviene anche davanti a consonante (qual buon vento è un esempio inflazionato ma efficace).

pultroppo

forma corretta: purtroppo

per non sbagliare: mi spiace deludervi. Pultroppo è come Babbo Natale e il mostro di Loch Ness; pultroppo non esiste. È sufficiente ricordare che l’avverbio (che sta a significare sfortunatamente, malauguratamente, disgraziatamente) deriva dall’unione di pure (e non pule) e troppo. Pensateci prima di pronunciarlo o, peggio, di scriverlo.

si

forma corretta: sì

per non sbagliare: Capita sempre più spesso che il (avverbio di affermazione) venga confuso con il si (pronome riflessivo o nota musicale) e sia sadicamente privato dell’accento. La particella che usiamo per affermare o confermare ciò che ci viene chiesto ha una forza straordinaria (da sola equivale a una frase intera). L’accento non può essere omesso o trascurato perché rende ancora più intensa e chiara la nostra affermazione. Avete capito? Spero di .

perchè é

forma corretta: perché è

per non sbagliare: per ricordare, anche a correttore ortografico disattivato, quale e usare, potete fare ricorso a un espediente che alcuni burloni chiamano «il gioco della casetta». Perché è. Da un punto di vista grafico noterete che i due accenti divergono verso il basso, proprio come gli spioventi del tetto di una casetta. Lo stratagemma è infantile, ma funziona perfettamente.

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