Si è molto parlato della nuova sede della Fondazione Feltrinelli, in via Pasubio, a Milano: ma qual è il ruolo che oggi svolge questo “sistema culturale”, che si definisce “editore della contemporaneità”? Come immagina il futuro della cultura? In che modo si apre al territorio, alla politica e ai nuovi mondi della ricerca? Non solo: come si pone nei confronti di un passato “ingombrante”? E quali sfide “cruciali” sta provando a raccogliere? ilLibraio.it ne ha parlato con Massimiliano Tarantino, segretario generale della Fondazione – L’intervista e i nuovi progetti

Una biblioteca, in cui custodire documenti legati alla storia del movimento operaio: era questa l’idea iniziale di Giangiacomo Feltrinelli, che diede vita alla futura Fondazione nel 1949, a Milano. Inevitabilmente negli anni molte cose sono cambiate, e la Fondazione Feltrinelli, tale dal 1974, oltre ad aver da poco spostato la sede, ha allargato orizzonti e funzione, in un contesto sempre più complesso.

Oggi continua a rappresentare un punto di riferimento nell’ambito della ricerca, disponendo di un patrimonio bibliotecario e archivistico, accessibile gratuitamente, di 12 chilometri lineari di archivi, in cui sono conservati circa 1,5 milioni di pezzi d’archivio, 250mila volumi e oltre 16mila periodici. La Fondazione, che si rivolge principalmente (ma non solo, come vedremo) a studenti, studiosi, ricercatori e docenti, organizza e promuove seminari, convegni, corsi, mostre e ricerche, e si concentra su ambiti quali la storia moderna e contemporanea, la storia politica, economica e sociale, la storia delle idee, delle culture politiche e dei movimenti democratici, guardando con attenzione alle scienze sociali e a macrotemi come la globalizzazione e il multiculturalismo, senza dimenticare il futuro del lavoro nell’era “4.0”.

Negli ultimi mesi la Fondazione Feltrinelli ha fatto parlare per l’atteso trasferimento nella nuova sede di via Pasubio, disegnata dagli architetti Herzog e De Meuron. Per fare un primo bilancio della nuova “vita” di questa realtà culturale, in cui al centro ora c’è il concetto di “cittadinanza”, e per parlare dei prossimi progetti, abbiamo incontrato Massimiliano Tarantino, dal 2013 segretario generale, oltre che direttore della comunicazione del gruppo Feltrinelli.

Massimiliano Tarantino

Diventare “un nuovo, grande centro culturale urbano”. È uno degli obiettivi che vi siete posti. In che modo state cercando di raggiungerlo, in una città in continuo movimento come Milano?
“Già da un paio di anni lavoriamo per estendere le tipologie di pubblico che abitualmente interagiscono con la Fondazione. La sfida è diventare un ‘traduttore’ dello specialismo della ricerca, senza però smarrire la qualità degli esiti della ricerca stessa, ‘ingaggiando’ tre tipologie di nuovi pubblici”.

Quali?
“Mi riferisco alla cittadinanza, alla politica e alle imprese”.

Non si tratta di una sfida semplice.
“Vero, ma crediamo sia indispensabile mettere in relazione questi tre mondi e quello della ricerca. Nella complessità del nostro tempo si riesce a crescere solo se si mette in atto un dialogo, grazie a contesti come il nostro, che cercano di intercettare i nuovi bisogni culturali, e non solo”.

Dunque oggi come vi definite?
“La Fondazione è un sistema culturale. Siamo editori della contemporaneità, produttori di contenuti complessi, che cerchiamo di adattare ai diversi pubblici, in modo da renderli fruibili e interessanti”.

La tanto attesa nuova sede è già un luogo “vissuto”?
“In Fondazione siamo in 12, più 5 ricercatori fissi, più molti altri con cui collaboriamo. Ogni giorno a frequentare la nuova sede sono circa 2300 persone, di tutte le età, che vanno a popolare la nostra libreria, la sala lettura e quella polifunzionale. Puntiamo a diventare uno spazio di cittadinanza sempre più frequentato, in cui alla base c’è una filiera, che parte dalla conservazione delle fonti, passa dalla ricerca, e dalla ricerca si tripartisce: in produzione editoriale, didattica e attività di divulgazione”.

Per allargare il vostro raggio d’azione state sperimentando nuovi linguaggi?
“Lo stimolo a introdurre nuovi linguaggi, e a non sedersi sulle abitudini dei nostri pubblici, è forte. Quando parlo di linguaggi distinguo tra strumenti di comunicazione e strumenti performativi. L’innovazione degli strumenti di comunicazione è quotidiana, e punta a far interagire analogico e digitale”.

In questo “passaggio” guardate soprattutto ai giovani?
“Sì, e per avvicinarli siamo andati nelle radio universitarie, abbiamo costruito una serie di eventi radicali come quello in onore di Giulio Regeni o la campagna social per la liberazione di Gabriele Del Grande, e abbiamo provato a sperimentare collaborando con mondi apparentemente lontani dal nostro, come quello della danza contemporanea, sempre con l’intento di far passare dei contenuti, dei messaggi politici. Le arti, in questo senso, si trasformano in strumenti di comunicazione dei contenuti stessi”.

La città, e il quartiere in particolare, come vi hanno accolto?
“Prima dell’apertura c’era curiosità, ma anche non poca diffidenza. L’inaugurazione è stata un successo anche perché di questo progetto si sapeva molto poco; intenzionalmente, il 13 dicembre scorso, abbiamo organizzato quella che consideriamo una festa della cittadinanza, che ha molto coinvolto il quartiere, che finalmente ha capito chi siamo e cosa vogliamo provare a fare”.

In questi mesi la “confidenza” con il territorio che vi circonda è quindi cresciuta?
“Direi di sì, ormai la libreria è un riferimento per il quartiere, e la proposta di titoli si integra con i progetti della Fondazione; la biblioteca, a sua volta, è diventata la biblioteca del quartiere, con tanti studenti che arrivano da noi, non più solo ricercatori; c’è poi la sala polifunzionale, che è un ibrido tra un cinema, un teatro e un centro sociale, e che nei prossimi mesi sarà ancor più animata”.

La Fondazione si sta aprendo anche alle associazioni e le istituzioni culturali del territorio?
“La Fondazione non deve essere una realtà chiusa; anzi, deve rappresentare un terreno di abilitazione dei contenuti, attraverso una serie di partner, accademici e non. Vogliamo essere sempre più inclusivi, pur restando selettivi: dalla Fondazione Kennedy a giovani realtà come CheFare, dall’Università Bicocca alla Columbia University, fino ai centri culturali della periferia milanese, che rappresentano un monitoraggio dell’andamento reale dell’humus culturale del territorio, senza dimenticare le case editrici o i produttori spontanei di cultura di qualità, sono tanti e diversi tra loro i nostri partner”.

L’esatto opposto di quanto accadeva alle Fondazioni di impostazione novecentesca, che erano sì realtà di grande spessore culturale, ma che allo stesso tempo tendevano a “chiudersi”.
“L’approccio non è più ‘io so e ti faccio sapere’, ma ‘io ho delle sensibilità, produco dei contenuti ma, attorno ad essi, abilito un corollario di iniziative che va a ibridare il mio contenuto, offrendo una proposta nuova. Noi eravamo una Fondazione di conservazione e di ricerca, oggi siamo una fondazione di proposta. Un passaggio delicato, non semplice da metabolizzare, anche e soprattutto all’interno”.

food for all

Qual è il vostro rapporto con la politica?
“Oggi siamo al servizio delle istituzioni, un’altra novità per ‘storiche’ fondazioni come la nostra. In passato, infatti, l’approccio non prevedeva la necessità di mettere a disposizione delle istituzioni i risultati raggiunti con le ricerche, e questo è solo un esempio. In questa nuova concezione, di stampo anglosassone, la Fondazione produce valore, e può quindi essere utile per le istituzioni. Quello che sto descrivendo è una sorta di patto…”.

Che conviene a chi?
“A tutti. Mi riferisco a un patto da stringere tanto con l’investitore privato quanto con quello pubblico. Ritengo sia questo il futuro della cultura, che non è efficace se non diventa economia. Per noi questo percorso è cominciato con l’avvicinarsi di Expo”.

Su internet, invece, finora tutta questa attività da parte vostra non è stata molto visibile…
“Rimedieremo presto. Nell’ultimo periodo ci siamo concentrati sul lancio della sede, ma nei prossimi giorni sarà online il nuovo sito della Fondazione: non sarà più orizzontale, ma verticale, e il corpo centrale ospiterà una ‘rivista’, che rinnova La Città Futura di Gramsci: si chiamerà La Nostra Città Futura. Ci saranno tre sezioni, che si dedicheranno al dibattito contemporaneo, a quello storico e alla costruzione del futuro”.

Veniamo ai prossimi mesi, cosa può anticipare riguardo ai progetti a cui state lavorando?
“Vogliamo diventare sempre più internazionali. Il nostro legame con l’Europa si rafforzerà a ottobre, quando presenteremo le nostre ricerche a Bruxelles”.

E qui in via Pasubio cosa state preparando?
“I progetti sono tanti… Per la prima volta, dall’autunno, avremo un calendario annuale, che arriverà fino a giugno 2018. La Fondazione in questo modo si inserirà nel palinsesto degli eventi culturali di Milano”.

Un appuntamento su tutti?
“Tra ottobre e novembre inaugureremo una grande mostra sul centenario della Rivoluzione Russa, alla quale stiamo lavorando con università italiane e russe ancora una volta perché la conoscenza dei fatti e delle grandi trasformazioni del ‘900 siano utili a chi vive la contemporaneità, nell’Europa di oggi”.

E in che modo vi aprirete concretamente a linguaggi contemporanei?
“Ad esempio con la musica dal vivo, dando spazio al nuovo cantautorato italiano”.

Si dice che nei prossimi mesi la casa editrice Feltrinelli lascerà la storica sede di Via Andegari per trasferirsi nei nuovi spazi di via Pasubio. Conferma?
“È una domanda a cui non posso rispondere, se non assicurandole che la collaborazione con la casa editrice e i suoi autori è già forte e che sarà sempre più intensa. Diciamo così: la Fondazione diventerà ogni giorno di più ‘casa Feltrinelli’…”.

Chiudiamo con un aspetto negativo: si parla ancora una volta di ritardi per il progetto che prevede la realizzazione di un “polmone verde, con boulevard e piste ciclabili, inteso come estensione e prolungamento dei viali esistenti”, attorno alla sede della Fondazione: l’area “giardino” sarà pronta solo nella seconda metà del 2018?
“Purtroppo non posso darle dei tempi perché non siamo noi a essere in ritardo. Il terreno è del Comune, è un impegno che l’Amministrazione della città deve portare avanti con MM. Colgo dunque l’occasione per chiedere alle istituzioni di accelerare i tempi”.

Jobless-lectures

I PROSSIMI APPUNTAMENTI DELLA FONDAZIONE (maggiori dettagli sul sito ufficiale, ndr): A maggio la Fondazione Feltrinelli promuove, tra le altre cose, “Food For All!” (dal 3 al 10), una settimana di iniziative didattiche, dibattiti ed esperienze culturali sulla sfida globale del diritto al cibo, in collaborazione con il Comune di Milano; l’11 maggio è in programma un intervento del regista Amir Reza Koohestani su lavoro e creatività, in collaborazione con Triennale Teatro dell’Arte, e il giorno dopo quello del Premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz su lavoro e diseguaglianze. A giugno, invece, sarà la volta di una mostra sul cosiddetto “lavoro 4.0”.

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