Franzk Kafka, autore di romanzi e racconti come “La metamorfosi”, “Il processo” e “Il castello”, è uno dei massimi interpreti del Novecento. Esponente del romanzo esistenzialista e del realismo magico europeo, i suoi libri racchiudono gli incubi e i dolori di una vita drammatica – L’approfondimento sull’opera e la vita del grande scrittore

Franz Kafka, o – meglio – l’opera di Franz Kafka, ha avuto un’influenza talmente profonda nella letteratura europea e mondiale da meritarsi un aggettivo in grado di rifersi all’insieme delle tematiche sviscerate dai suoi libri più famosi. Un neologismo che possa identificarne l’assoluta unicità, la capacità di andare ben oltre la mera inserzione di elementi fantastici in una cornice quotidiana: “kafkiano”.

L’elemento magico che ritroviamo quando leggiamo Kafka, infatti, deriva soprattutto da una commistione di elementi grotteschi e surreali, la materializzazione in termini quasi psicanalitici ed esistenzialisti di un incubo.

Franz Kafka: prima di tutto un figlio

Kafka nasce a Praga, il 3 luglio del 1883, da una famiglia di origini ebraiche. È un ragazzino mingherlino e timido, il maggiore di sei figli, sottomesso all’autorità di un padre anaffettivo che non riesce a essere mitigata dalla madre, troppo debole per contrastare il marito. Dei risvolti psicologici – da manuale freudiano, potremmo azzardare – dell’infanzia e dell’adolescenza di Kafka, si ritrova eco in tutte le sue opere (e in particolare nella sofferta Lettera al padre scritta nel 1919): per questo motivo la sua storia famigliare è particolarmente importante per comprendere la sua carriera letteraria.

kafka lettera al padre

La letteratura è sempre stata per Franz Kafka un modo per sondare abissi dell’animo che altrimenti gli sarebbero rimasti oscuri. Costretto dal padre a seguire una carriera lontana dalla pratica umanistica, Kafka, nonostante sia iscritto a giurisprudenza, frequenta un circolo di giovani autori cechi, tra cui spicca Max Brod, che diventerà suo caro amico ed esecutore testamentario. Kafka tuttavia, a differenza degli altri autori, non avverte la pubblicazione come una necessità e in vita darà alle stampe solo due raccolte di racconti, adeguandosi a un lavoro integrato nella società: l’assicuratore. Nella sua scrittura si ritrova però l’urgenza espressiva di un uomo irrisolto, eternamente soggiogato da un padre che non ha mai smesso di incutergli timore.

 

kafka il processo

Famiglia e burocrazia: un doppio incubo

Kafka ripropone nei suoi testi due elementi, che si intrecciano fino a stringere il protagonista in gangli da cui è impossibile fuggire, se non con la morte. Il primo è la famiglia, non sinonimo di pace e affetti, ma luogo del confronto frustrato, dell’inadeguatezza, della colpa. L’altro è il dedalo burocratico in cui l’uomo moderno si trova disperso: una “tirannia senza tiranno”, un sistema che ha il solo scopo di perpetuare se stesso, di cui gli uomini, anche quelli che si trovano ai livelli più alti, sono gli ingranaggi.

La metamorfosi di Kafka

Nella Metamorfosi, il più celebre racconto di Kafka pubblicato nel 1915, il protagonista Gregor Samsa, trasformatosi misteriosamente in scarafaggio, non può più sostenere economicamente la propria famiglia e, anzi, la sua condizione diventa un ulteriore peso. Nella Condanna, racconto del 1912, troviamo invece un protagonista messo sotto processo dal proprio stesso padre. La sua colpa? Essere diventato un uomo con una stabilità economica e sentimentale. Ma c’è un’opera in cui la macchina burocratica assume un ruolo davvero totalizzante: è il romanzo Il processo, rimasto incompiuto e pubblicato postumo da Max Brod nel 1925, nonostante Kafka alla sua morte, avvenuta il 3 giugno del 1924 a causa di una tubercolosi laringea, lo avesse supplicato di bruciare ogni suo scritto. Nel Processo la burocrazia è un labirinto da cui è impossibile uscire, e sul protagonista, che si rapporta solo con inetti burattini il cui unico scopo e farlo affannare senza sosta, grava una colpa indistinta. La sensazione persistente è quella dell’incubo grottesco.

Franz Kafka e le donne

Franz Kafka, intrappolato nella morsa di una psiche indecifrabile, non riuscirà mai ad avere una situazione sentimentale definita, nonostante la sua vita venga attraversata da diverse donne. A disagio con il proprio corpo (emblematiche le riflessioni che affida a K., protagonista del romanzo Il castello, pubblicato sempre postumo nel 1926) e con un ideale di vita borghese da cui rifugge con persistenza, Kafka, è assiduo frequentatore di bordelli e prostitute, pur provandone continua vergogna, e non riesce a dare una direzione ai suoi rapporti sentimentali.

Il romanzo "Il castello"

Il primo, quello con la dattilografa Felice Bauer, si risolve in due fidanzamenti mai portati a termine e in una lunga sequela di lettere in cui Kafka riversa riflessioni intellettuali e esistenziali. Di natura epistolare sarà anche l’amore con Milena Jesenskà, donna sposata e sua traduttrice; solo con la più giovane maestra Dora Diamant, Kafka riuscirà a stabilire una convivenza, forse anche a causa della malattia, contratta anni prima e che cominciava a dargli sempre più fastidi. È Dora, in ogni caso, ad avvicinare Kafka alla religione ebraica nei suoi ultimi anni di vita, ed è lei ad assisterlo quando la tubercolosi non gli lascia più scampo.

Kafka come interprete del Novecento

Secondo Alessandro Piperno, l’opera di Franz Kafka riesce a essere al contempo la più autobiografica e la meno autobiografica di tutte. Questo perché i dilemmi dei personaggi di Kafka, da America, scritto intorno al 1914 e pubblicato nel 1927, a Un digiunatore, del 1922, sono in primis i drammi personali dello scrittore, la materializzazione della sua lotta con la vita e con l’Altro; ma sono anche i drammi dell’umanità, europea e novecentesca, prigioniera di padri che hanno trucidato i loro figli sulle trincee della Prima Guerra Mondiale.

"America" o "Il disperso" di Kafka

Kafka viene definito non a caso uno scrittore esistenzialista, e il termine “kafkiano” è diventato ormai di uso comune, per definire con una sola parola quelle situazioni angosciose e indefinibili, grottesche, oniriche, apparentemente senza speranza, in cui ogni individuo è incorso almeno una volta nella vita. Quest’uomo piccolo e fragile, privo di autostima e intrappolato nei meandri di una riflessione troppo fine, è a sua insaputa – e malgrado la propria volontà – uno dei più grandi interpreti del Novecento. E se ancora oggi i suoi racconti e i suoi romanzi ci parlano di noi e del mondo da cui veniamo è solo grazie a un amico dall’occhio acuto: Max Brod.

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