Dopo “Dannati”, arriva in libreria “La Porta delle Tenebre”: su ilLibraio.it un estratto dal nuovo libro di Cooper

La speranza è durata poco più di un battito di ciglia. La speranza di potere, un giorno, dimenticare il cielo plumbeo e l’atmosfera opprimente dell’Oltre. La speranza di essersi lasciati per sempre alle spalle il mondo dove sono confinati tutti i malvagi vissuti sulla Terra dall’inizio dei tempi. Invece, non appena si rendono conto di avercela fatta, di essere nuovamente a casa, John Camp ed Emily Loughty sono costretti ad affrontare una realtà agghiacciante. L’incubo non è finito. Come previsto, l’avvio dell’acceleratore di particelle ha aperto il varco grazie al quale John ed Emily si sono ritrovati nel laboratorio di Dartford, in Inghilterra, ma allo stesso tempo ha inghiottito un numero imprecisato d’innocenti. Tra cui ci sono anche la sorella e i nipotini di Emily. Lei quindi non ha scelta: per salvarli, deve attraversare ancora una volta la Porta delle Tenebre e tornare all’Inferno. E, mentre a Londra c’è chi è determinato a smascherare le menzogne del governo su quanto sta accadendo a Dartford, Emily e John si preparano insieme con una squadra di recupero ad affrontare un viaggio ancor più pericoloso e ricco d’insidie del precedente. Un viaggio durante il quale incontreranno nuovi nemici, e stringeranno alleanze con coloro che li hanno aiutati a sopravvivere all’Inferno. Ma ci si può veramente fidare di chi, in vita, ha ceduto alle seduzioni del Male ed è da secoli relegato nella terra dei Dannati? La risposta nel nuovo romanzo di Glenn CooperLa Porta delle Tenebre, in libreria per Nord.

Su ilLibraio.it un estratto
(per gentile concessione di Nord)

«Mamma, dove siamo?»

Non ottenendo risposta, il piccolo Sam ripeté la domanda con più insistenza.

Sua sorella Belle, di soli due anni, scoppiò a piangere.

Arabel non poteva fare altro che guardarsi intorno, ammutolita e stravolta: un secondo prima era a Dartford, nella mensa del MAAC, in trepidante attesa di riabbracciare sua sorella Emily, e quello dopo in un luogo completamente diverso.

L’altra donna, invece, temeva di sapere dove fossero. Delia May abbracciò Belle sussurrandole di fare la brava e di non muoversi.

Erano in una casa poco più grande di un capanno da giardino; il pavimento in terra battuta, il caminetto con un pugno di ramoscelli accesi e un fetido uccello morto appeso a un gancio le conferivano un aspetto misero e rozzo. Sam cominciò a tossire a causa del fumo e Delia si affrettò a zittirlo. Poi, stringendo a sé la bambina, si avvicinò lentamente alla finestra e dischiuse un’imposta per dare un’occhiata all’esterno, da dove provenivano alcune voci. Aveva capito cosa stava accadendo, ma ciononostante quello che vide le fece trattenere il fiato. A pochi metri di distanza, su una strada ricoperta di fango, c’era Duck, il ragazzo che aveva avuto in custodia nell’ultimo mese. Era completamente nudo. Un uomo molto più grosso, che lei riconobbe subito come Brandon Woodbourne, lo stava strozzando. Ma proprio allora un secondo ragazzo si avventò contro l’aggressore e cominciò a bastonarlo sulla schiena. Infine, quando anche altri uomini si lanciarono nella mischia, Woodbourne batté in ritirata imprecando e urlando.

Nel frattempo Sam aveva notato l’uccello attaccato alla parete. Si mosse per andargli incontro, ma si fermò subito. «Mamma, i pantaloni!»

I jeans gli erano scivolati alle caviglie e le mutande stavano per fare la stessa fine.

Arabel si toccò gli abiti che indossava. La gonna era allentata, la camicia semiaperta, e il reggiseno slacciato: cerniere, bottoni e gancetti erano spariti. «Che sta succedendo?» chiese a Delia con voce tremante.

«Dobbiamo restare in silenzio», fece lei, allontanandosi dalla finestra. «Credo che siamo nello stesso posto in cui è stata tua sorella.»

«Ma di che parli? Cos’è successo? Dove sono la mensa e il laboratorio? Ci hanno drogati?»

«Abbassa la voce», la implorò Delia.

In tutta risposta, Arabel la superò con una spallata e spalancò la porta con una forza tale da farla sbattere contro il fianco della casa. Scioccata da quel che vide, ripeté la stessa domanda del figlio. «Dove siamo?»

Delia la trascinò dentro e richiuse la porta. Sapeva in che luogo erano finite, ma non voleva pronunciarne il nome. Non poteva, perché altrimenti l’avrebbe reso reale.

La parola che Delia non riusciva a pronunciare era Inferno.

(continua in libreria…)

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