Con il romanzo “Il gusto di uccidere”, Hanna Lindberg porta il lettore in una Stoccolma molto trendy e svela misteri e tensioni del mondo dell’alta cucina, raccontando con maestria l’immagine inedita di una società svedese concentrata sulla ricerca della modernità e impegnata dalla corsa al successo…

Solveig Berg è una brava giornalista, coraggiosa e spregiudicata, capace di superare i limiti per conoscere i fatti e la verità. La sua determinazione l’ha portata a lavorare accanto a Vanja Stridh, critica gastronomica e nome affermato delle scene giornalistiche di Stoccolma e di tutta la Svezia, una celebrità.

Durante l’evento più glamour dell’anno, Il Cuoco D’Oro, che premia lo chef più talentuoso, un colpo di pistola ferma il tempo, e travolge tutti, cuochi affermati, critici culinari, influencer, giornalisti, blogger alla moda, riuniti nell’enorme sala dello Stockholm Grotesque, il consacrato tempio della ristorazione. Quello che accade quella sera è apparentemente senza senso, un omicidio che non si spiega, forse una morte per sbaglio, forse l’obiettivo del killer non era Vanja Stridh, rimasta a terra tra lo sbigottimento generale.

Dopo Stockholm Confidential, il nuovo romanzo di Hanna Lindberg, Il gusto di uccidere (Longanesi, traduzione di Renato Zatti), porta il lettore in una Stoccolma molto trendy, quella dei grandi ristoranti, dove (anche lì) gli chef sono trattati da rockstar, seguiti nella loro vita privata e venerati nei loro santuari, locali prestigiosi il cui successo lega gli interessi di tante persone.

Hanna Lindberg, che si è fatta assumere in un ristorante per poter rendere in maniera credibile ed efficace cosa succede dietro le quinte, svela misteri e tensioni del mondo dell’alta cucina, racconta con maestria, e restituisce insieme l’immagine inedita di una società svedese concentrata sulla ricerca della modernità e impegnata dalla corsa al successo.

Siamo lontani dai cliché della Svezia turistica, foreste e laghi cristallini: Stoccolma è una capitale hipster, fatta di locali alla moda e di tanta competizione, gente che conta, e tanta gente che vuole contare. È in questo contesto che Hanna Lindberg si appassiona nel mostrare il lato oscuro di un mondo apparentemente precluso a molti, e il cui accesso è oggetto del desiderio. L’aveva già fatto con il primo romanzo ambientato nel mondo della moda, lo fa adesso con Il gusto di uccidere, nei ristoranti di lusso più prestigiosi e inviolabili, raccontando dell’eterna competizione tra le due primedonne di Svezia, gli chef Florian Leblanc e Jon Ragnarsson.

È una questione di vita e di morte, la corona di miglior cuoco di Svezia: è con questa certezza che si muove Solveig Berg, sconvolta per la perdita della sua compagna di lavoro, e determinata a scoprire a qualunque costo la verità e il colpevole. Solveig non si ferma di fronte a nulla, nemmeno di fronte ai propri affetti, mostrando al tempo stesso la sua forza e la sua fragilità: un personaggio contemporaneo, intrigante, mai banale, capace di sfruttare anche le proprie esperienze traumatiche a favore della notizia.

Le sue indagini porteranno a rivelare un passato molto pesante, e a svelare segreti che affondano le radici nel tempo e nelle pagine cupe della storia.

Si muove parallelamente a lei Lennie Lee, ex fotografo di moda caduto in disgrazia, una vita e una carriera travolte dagli scandali e dalla galera, che finisce nelle cucine della famosa Linda Berner e, ripartendo da lì, cerca di fare le cose giuste. È su questi due personaggi soprattutto, Solveig e Lennie, che si concentra la capacità di Hanna Lindberg di dare valore e luce agli aspetti più intimi e contraddittoriamente umani delle menti e delle azioni, a vantaggio della storia che guadagna intensità e nutre di psicologia non scontata un intreccio molto frenetico e ben costruito.

Il gusto di uccidere è spietato e insieme insolitamente umano per un thriller, e nella sua struttura rivela la formazione giornalistica di Hanna Lindberg, capace di indagare nei fatti, senza trascurare nessun elemento, consapevole che la verità, come il buon cibo, deve essere sempre autentica e rispettata.

“Il buon cibo non va mai contraffatto, Va bene così com’è. Proprio come le persone”.

 

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