Nell’affascinante libro di Philippe Forest la meditazione sul desiderio e sul lutto sfiora il racconto filosofico

Il paradosso de Il gatto di Schrödinger di Philippe Forest (in libreria per Del Vecchio editore)? uUa metafora della condizione umana, focalizzata sull’intricata e dolorosa questione della perdita di una persona amata. Il gatto, contemporaneamente vivo e morto, è anche allo stesso tempo qui e altrove, e su questa effettiva condizione di possibilità Forest innesta, come negli altri suoi romanzi, una dimensione autobiografica, che è radice di più ampie elaborazioni sulla realtà dell’immaginabile.

La meditazione sul desiderio e sul lutto è riflessione sull’umanità più comune, sulle paure e le gioie più basilari. La riflessione sfiora il racconto filosofico per scegliere di farsi creazione, e rapisce il lettore che si trova, al di fuori del tempo e dello spazio, a rilevare nuovi confini di sé e del mondo. Ci riconosciamo così in grado di dare un senso al nulla da cui solo apparentemente ci sentiamo circondati. Intuiamo la compiutezza delle cose, in una specie di favola in cui vediamo le vite che potremmo vivere, le esistenze di cui potremmo esser parte e gli universi in cui potremmo abitare. E che forse abitiamo…

L’autore, critico letterario, cinematografico e d’arte, autore di numerosi saggi dedicati alla letteratura e alla storia delle correnti d’avanguardia, ha scritto anche numerose, premiate, opere narrative.

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