Alessandro D’Avenia torna con “Ogni storia è una storia d’amore”, dedicato al “genio femminile” e alle muse degli artisti che ama di più. E a ilLibraio.it parla d’amore, a partire dal suo per la scuola, che dovrebbe essere “dimora di meraviglia”. Secondo Aristotele, infatti, è “la meraviglia a far nascere la conoscenza”. Inoltre, nell’intervista racconta dell'”orchestra” dei suoi studenti. svela i suoi prossimi progetti, e riflette sull'”eroismo del quotidiano”, a partire da Ulisse, che ci dimostra che anche gli eroi sono fragili… – L’intervista

Il nuovo libro di Alessandro D’Avenia parla d’amore e di arte e della fusione di questi due elementi nelle opere di maestri della letteratura e non solo. Ogni storia è una storia d’amore (Mondadori), infatti, raccoglie le storie di donne che hanno amato grandi uomini e che li hanno influenzati, spesso spingendoli a dare vita alle loro opere più famose.

D’amore lo scrittore e professore siciliano trapiantato a Milano – dove insegna al Liceo San Carlo – ha parlato recentemente con il Corriere della Sera e ha ammesso di non avere una musa in carne ed ossa. Ma di confidare nell’amore divino, grazie alla fede cattolica, e di vivere nel celibato. E di provare stupore e gratitudine per l’amore sconfinato che i genitori provano per lui, anche ora che ha quarant’anni. Tuttavia c’è una realtà per cui lo scrittore nutre un grande amore: la scuola e più in generale il contatto con i più giovani, a cui si dedica anche attraverso il volontariato.

Per discutere dei suoi affetti e del nuovo libro, che unisce la critica letteraria alla narrativa e che presto diventerà anche uno spettacolo teatrale, seguendo l’esempio del fortunato L’arte di essere fragili, ilLibraio.it lo ha intervistato.

D’Avenia, da dove nasce l’idea di raccontare le donne muse di grandi artisti, non solo scrittori, ma anche pittori e poeti?
“Tutto è iniziato mentre scrivevo L’arte di essere fragili: dall’amore non corrisposto tra Leopardi e Fanny è nato il Ciclo di Aspasia. E così ho riflettuto su come un amore profondo possa mettere in contatto l’artista con il nucleo più intimo di sé e renderlo capace di tradurre quest’esperienza in parole. In seguito, ho svolto un percorso di ricerca sulle muse degli artisti che amo di più. E ho deciso di dedicare il libro al genio femminile e alla capacità delle donne di dare vita e amore”.

Recentemente in un’intervista al Corriere della sera ha raccontato dell’amore che nutrono per lei i suoi genitori. Non è un caso allora se Ogni storia è una storia d’amore è dedicato a sua madre…
“No, infatti mia madre è il primo esempio di genio femminile con cui sono entrato in contatto. Mi ha insegnato come le diversità siano qualcosa da cui imparare, perché la visione femminile è importante anche per l’uomo, che invece ha uno sguardo diverso. Inoltre, mi ha trasmesso l’importanza di essere generoso e gentile ogni giorno, oltre che libero dalle emozioni effimere”.

Un discorso, quello dell’amore, che inevitabilmente ci fa pensare ai quotidiani episodi di violenza sulle donne…
“L’amore ha a che fare con l’intelligenza del cuore. Oggi tendiamo a dividere la testa dal cuore e spesso gli equilibri si spezzano: per questo abbiamo uomini con il cuore freddo e la testa calda che compiono delitti passionali. Per vivere una relazione sana, bisogna avere il cuore caldo e la mente fredda, priva di pensieri effimeri”.

Pensa che raccontare l’amore e le relazioni attraverso la letteratura possa aiutare a far cambiare le cose?
“Un’urgenza che mi ha mosso a scrivere il libro era proprio mostrare alle donne che cosa succede se da soggetti d’amore diventano meri oggetti. E raccontare cosa accade quando gli uomini smettono di essere tali. Non volevo però proporre teorie, ma narrare delle storie che presentassero un ventaglio di possibilità, che vanno dall’amore al disamore”.

Ogni storia è una storia d’amore si inserisce anche nel suo personale metodo di insegnamento in cui è centrale l’umanizzazione dei grandi artisti. Ci sono altre tecniche che la scuola dovrebbe attuare per coinvolgere gli studenti? 
“La scuola dovrebbe mostrare la meraviglia, a partire da quella che l’insegnante prova nei confronti di ciò che insegna e che l’ha spinto a diventare educatore. Perché il sapere non avviene per accumulo di informazioni: la conoscenza è amore e, secondo Aristotele, è mossa proprio dalla meraviglia. La scuola dovrebbe essere dimora della meraviglia. L’esperienza di portare a teatro il mio libro su Leopardi ne è stata una prova”.

In che modo?
“Quei ragazzi che vanno controvoglia agli spettacoli per le scuole al mattino sono venuti di loro spontanea volontà alla sera a vedere l’opera tratta da L’arte di essere fragili. La tendenza generale è rinchiudere il cuore e la mente nella scuola, quando invece è la scuola che dovrebbe imitarli”.

Quanto è importante il legame con i suoi studenti?
“Per me è fondamentale, tanto che i miei libri nascono dalle loro domande implacabili in classe. C’è una mia esigenza che mi spinge a scrivere, certo, ma è sollecitata dai ragazzi. I venti, venticinque studenti che mi vengono affidati ogni giorno per me sono un’orchestra, è mio dovere di direttore guidarli a raggiungere la perfezione”.

Nel suo nuovo libro usa come cornice una storia d’amore classica, quella di Orfeo e Euridice. Quali sono gli archetipi messi a lungo da parte e che ora avrebbero bisogno di essere di nuovo raccontati?
“Penso all’eroismo del quotidiano e all’epica del vivere. Ulisse nell’Odissea viene presentato mentre piange, perché ha nostalgia di casa. Ecco, bisognerebbe raccontare che l’eroismo è fatto anche di fragilità. Calipso propone addirittura l’immortalità a Ulisse, ma lui preferisce tornare a Itaca. Perché è la sua casa, dove ci sono sua moglie, suo figlio, l’anziano padre e il suo cane”.

Parlando di libri, sta già lavorando a qualcosa di nuovo?
“Non mi fermo mai! Ho tre libri in corso d’opera. Uno dei quali è un romanzo vero e proprio, per tornare agli inizi dopo gli ultimi due, ibridi tra narrativa e saggistica”.

 

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