“Una donna è meno agevolata: qualsiasi carriera voglia intraprendere, si trova a scontrarsi con ostacoli e barriere. La percezione del valore di una donna è difficile in qualsiasi ambito e lo stesso vale in letteratura”, ammette Laura Pugno intervistata da ilLibraio.it. In cinquina al premio Campiello, la scrittrice, poetessa e direttrice dell’Istituto di cultura italiana a Madrid, nell’intervista riconosce che “in Italia abbiamo un passato di policentrismo che si riflette ancora oggi sulla molteplicità di realtà vitali, ma spesso divise tra loro. In Spagna c’è grande capacità di unire le risorse e creare un sistema”. E sostiene che la poesia, “nata prima di tutto”, non scomparirà…

Laura Pugno, autrice di cinque romanzi (nella foto di Gloria Ghioni per CriticaLetteraria, ndr)- tra cui La ragazza selvaggia (Marsilio), in cinquina al premio Campiello – e di altrettante raccolte di poesie, non si occupa solo di creare cultura, ma anche di promuoverla all’estero: oltre alla carriera letteraria, è infatti Direttrice dell’Istituto di cultura italiana a Madrid.
Per parlare dei suoi libri, della poesia e della promozione della cultura italiana all’estero, ilLibraio.it l’ha intervistata.

laura pugno

Quali sono i temi che preferisce narrare e come decide quali storie raccontare?
“Ogni autore ha delle ossessioni che si ripropongono: io torno spesso a scrivere di natura, del rapporto tra l’uomo e gli animali, delle trasformazioni del pianeta, ma anche del rapporto che abbiamo con la morte e la scomparsa. Un’ambientazione ricorrente, per me, è il bosco”.

Ossessioni che tornano anche nel suo ultimo romanzo…
“Nel caso de La ragazza selvaggia ho iniziato a pensare alla storia di una donna scomparsa che, una volta ritrovata, resta irraggiungibile. Mi sono interrogata per anni sul come svilupparla, di solito scrivo solo quando ho tutto ben chiaro, e dopo un’incubazione lunghissima ho capito che la protagonista era ‘selvaggia’ perché priva di linguaggio”.

Con La ragazza selvaggia è finalista al Premio Campiello: per una donna è più difficile vincere un premio prestigioso?
“Negli ultimi anni tante donne sono state candidate e hanno vinto premi prestigiosi: Simona Vinci, Michela Murgia… Tuttavia, il divario è tanto più tangibile quanto più sono ritenuti “femminili” i temi trattati nelle proprie opere. Si tratta di un problema radicato nella nostra società e che dipende dalla percezione. Una donna è meno agevolata: qualsiasi carriera voglia intraprendere, si trova a scontrarsi con ostacoli e barriere. La percezione del valore di una donna è difficile in qualsiasi ambito e lo stesso vale in letteratura. Poi c’è un altro problema”.

Quale?
“Il pregiudizio che le opere scritte da una donna siano meno interessanti”.

Laura Pugno

Cambiamo argomento: quanto conta per lei la poesia?
“Per me è fondamentale, è la mia prima disciplina di scrittura, quella che sento più vicina. Al momento mi sembra molto vitale e indipendente dal mercato, spesso influenzato dal pregiudizio che ai lettori la poesia non piaccia”.

Quindi non è preoccupata per il futuro della poesia?
“Sinceramente sono più preoccupata per il futuro della prosa: la poesia è nata prima di tutto il resto e ha saputo trasformarsi e affermarsi. Non so se un domani avrà la forma a cui ci siamo abituati, quella del ‘libro’, ma non scomparirà”.

Vista la sua esperienza all’Istituto di cultura italiana di Madrid, come si promuove la cultura all’estero?
“Bisogna adattarsi al paese. In una realtà come la Spagna, la nostra storia culturale è conosciuta, e oggi si tende a puntare l’accento sull’industria culturale e l’impresa creativa italiana, sul contemporaneo. In ogni caso, l’autore è solo la punta dell’iceberg: per promuovere cultura bisogna creare relazioni tra operatori, mettere insieme una rete fatta di moltissimi nodi: editori, traduttori e tantissimi altri personaggi non direttamente visibili dal lettore vanno uniti e fatti incontrare con le realtà del paese in cui ci si trova”.

Quali sono le differenze principali tra l’industria culturale spagnola e quella italiana?
“In Italia abbiamo un passato di policentrismo che si riflette ancora oggi sulla molteplicità di realtà vitali, ma spesso divise tra loro. In Spagna c’è grande capacità di unire le risorse e creare un sistema”.

Nel suo caso, come è diventata promotrice della cultura italiana all’estero?
“Nel 2003 ho vinto un concorso pubblico per la promozione culturale bandito dal Ministero degli Esteri, in seguito ho trascorso un periodo di formazione alla Farnesina e poi sono partita per la Spagna. Più recentemente ho vinto un secondo concorso per dirigente culturale che mi ha portata alla direzione dell’Istituto. Ho una doppia formazione: sia una laurea in scienze politiche sia una in letteratura, ma molti miei colleghi hanno un percorso prettamente culturale”.

Chi sono gli autori italiani contemporanei che apprezza di più?
“Difficile citarli tutti, qui farò nomi soprattutto di autori della mia generazione: Simona Vinci, Alessandra Sarchi, Mario Mancassola”.

 

 

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