Il giallista (e chimico) Marco Malvaldi è in libreria con un saggio che spiega perché l’errore cognitivo è sempre dietro l’angolo quando ci affidiamo all’intuito. Lo scrittore parla con ilLibraio.it dei temi del libro e del legame tra letteratura e scienza. E sottolinea come internet, spesso, faccia dimenticare che “non possiamo avere un’opinione su tutto”

Marco Malvaldi, amatissimo dai lettori per i suoi gialli pubblicati con Sellerio – tra cui, in particolare, i romanzi sui delitti del BarLume da cui è stata tratta una serie tv con Filippo Timi -, torna in libreria con un saggio divulgativo sulla matematica, Le due teste del tiranno (Rizzoli), in cui analizza teoremi apparentemente “inutili”, ma soprattutto svela l’identità del tiranno a due teste, ossia il “mosto che ci soggioga alla sua volontà e ci impedisce di essere liberi”.

Marco Malvaldi

Ognuno di noi è il tiranno di se stesso, perché limitiamo la nostra libertà di pensiero e, spesso, facendo affidamento all’intuito (e quindi anticipando la riflessione) ci fermiamo alle apparenze e alle soluzioni che sembrano più facili, ma che ci conducono all’errore.

Proprio per discutere dell’errore cognitivo che molto spesso influenza scelte e opinioni, ma anche per scoprire di più sul legame tra scienza e letteratura e comprendere il recente successo dei saggi divulgativi in libreria, ilLibraio.it ha intervistato Marco Malvaldi, chimico e scrittore, non solo di gialli.

Marco Malvaldi

In che modo l’errore cognitivo influenza il nostro pensiero?
“L’errore cognitivo è generato dal sistema intuitivo. Noi abbiamo due ‘cervelli’: uno più grossolano, ma veloce; l’altro fine, ma lento. Spesso ascoltiamo il primo cervello, quello dell’intuito, e senza nemmeno pensarci prendiamo quella che sembra la strada più facile: in questo modo incappiamo nell’errore perché non abbiamo il tempo di valutare le variabili in gioco. Si tratta di una distorsione, una semplificazione, che però ci fa sbagliare”.

Esiste un metodo per limitarlo?
“Già solo conoscere l’esistenza dell’errore cognitivo ci permette di capire meglio e riflettere. Importante è anche sapere che non dipende dall’intelligenza o dalla cultura di una persona: tutti lo commettiamo quando ci fermiamo all’intuito”.

Internet e i social media permettono a tutti di esprimersi, quali sono i rischi e quali i benefici di questa continua esposizione alle opinioni?
“Il problema di internet è la sua stessa potenza: la velocità. Siamo abituati a trovare subito quello di cui crediamo di avere bisogno. Spesso cerchiamo solo conferma di quello che già sappiamo e non ci fermiamo a pensare. Dobbiamo ricordarci, invece, che non possiamo avere un’opinione su tutto e nemmeno una competenza su tutto”.

Come definirebbe il rapporto tra letteratura e scienza?
“Sono entrambi prodotti del cervello che descrivono invarianti. Il sentimento tra Romeo e Giulietta, ad esempio, è l’amore adolescenziale valido ancora oggi, così come succede per un teorema. Letteratura e scienza condividono lo stesso desiderio, ma lo esprimono con mezzi differenti: rappresentano, ognuno coi propri simboli, quello che vede e sperimenta l’uomo. In più, né la scienza né la letteratura hanno bisogno di talenti speciali per essere comprese e realizzate, non è necessaria una dote ‘innata’ come per esempio per il disegno”.

Perché molti lettori amano leggere saggi divulgativi sulle scienze?
“Secondo me ci stiamo vendicando del passato: l’Italia è vittima della riforma scolastica Gentile che, negli anni Venti, ha classificato le lettere come materie formative e le scienze come discipline informative. Oggi ci stiamo portando alla pari con il resto del mondo, assumendo un comportamento ‘normale’ nei confronti della scienza, che serve anche lei a capire il mondo. Era necessario, tanto più in un paese come il nostro che ha visto il suo splendore nel Rinascimento, proprio con l’unione di arte, scienza e letteratura”.

A cosa sta lavorando al momento?
“Sto scrivendo un giallo sulla bellezza che uscirà a settembre per Sellerio e probabilmente si intitolerà Gli occhi di chi guarda. Ci saranno alcuni personaggi che i lettori hanno giù incontrato in Milioni di milioni. Inoltre sto lavorando anche a un saggio sulla chimica perché, come diceva un mio professore, ‘c’è tanta ignorantità’. E il saggio è proprio il punto di partenza per capire di non sapere”.

Lei che scrive saggi e gialli, cosa ama leggere nel suo tempo libero?
“Gialli e saggi, in particolare sulle neuroscienze. Ne ho letti una ventina e mi sembra di saperne meno di quando ho iniziato. Mi piacciono anche i romanzi classici, credo che ci sia un motivo se un libro è letto e pubblicato da duemila anni. Ora ho appena preso Gargantua e Pantagruel. Per quanto riguarda i gialli, un po’ di tutto, tranne gli svedesi, che non amo molto. Apprezzo i ‘classici’ del genere, Ellery Queen, Rex Stout, ma anche i thriller degli anni Settanta, come Ian Fleming. La serie di 007 è una scuola di scrittura d’intrattenimento”.

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