Continua la corsa dell’Italia di Antonio Conte agli Europei di calcio. Dopo aver battuto la Spagna nonostante i pronostici sfavorevoli, sabato gli azzurri ritroveranno la Germania: “Podemos?, si chiede su ilLibraio.it lo scrittore Andrea Vitali “usando una lingua ormai muerta”…

Comunque vada adesso ci tocca la Germania. Podemos?, mi chiedo usando una lingua ormai muerta.
Come no!, mi risponde una vocina che esce dai cassettini della memoria. Ho una certa età infatti, come tanti altri in fondo, e non dimentico. E se anche i tifosi alemanni tengono buona memoria non possono non ricordare tutte le volte che in questi ultimi decenni l’Italia del pallone ha rovinato loro la festa, tal quale a un temporale improvviso durante un buffet all’aperto.

Podemos quindi, fatta salva la spada di Damocle di nuovi infortuni. E non mi riferisco tanto a quelli che possono accadere sul campo ma piuttosto a quelli, tutt’altro che intenzionali ma comunque gravi, che possono capitare nei mucchi selvaggi che si animano in panchina o al triplice fischio finale dell’arbitro: pacche sulle teste che possono provocare commozioni cerebrali o abbracci degni di una valutazione medico legale.

Ma podemos (e mi si perdonerà questo insistere nell’uso di una lingua muerta) poiché i nostri calciatori hanno percorso correndo la bellezza di quattrocentocinquantadue chilometri, quando qualcuno pensava di poterci sbattere fuori passeggiando: se andiamo avanti così, han voglia i panzer di starci dietro!

Infine, tanto per ribadire il concetto, podemos perché questo torneo sta vivendo le sue pagine migliori sotto l’egida del motto caro ai Moschettieri del Re, e ne è un fulgido esempio la microscopica Islanda, terra nella quale secondo l’indimenticabile Gary Lineker vi sono più vulcani che giocatori professionisti, sancendo per la terra d’Albione una seconda e forse più bruciante uscita dall’Europa.

A latere (non mi abbandona mai il vezzo di fare ricorso alle cosiddette lingue morte), mi segno sul calendario degli impegni quello di passare dal mio barista di fiducia per dargli un consiglio operativo. Poiché, infatti, in occasione dell’ufficio funebre con il quale abbiamo reso omaggio alla Spagna ha ben pensato di offrire un aperitivo di stampo iberico, sangria e assaggi di paella, mi chiedo cosa stia preparando in occasione dell’incontro coi tedeschi. Forse kartoffen. Suggerirei piuttosto birra e salsicce con il contorno di ammiccamenti alla Totò.

Perché, a beneficio di chi non c’era oppure non ha capito: podemos!
E ve lo dice uno che per la prima volta nella vita ha osato una scommessa su Islanda-Inghilterra. E ha pure vinto.

Vitali 15 rid

L’AUTORE – Lo scrittore Andrea Vitali, grande appassionato di calcio, è nato a Bellano, sul lago di Como, nel 1956. Medico di professione, ha coltivato da sempre la passione per la scrittura esordendo nel 1989 con il romanzo Il procuratore, che si è aggiudicato l’anno seguente il premio Montblanc per il romanzo giovane. Nel 1996 ha vinto il premio letterario Piero Chiara con L’ombra di Marinetti. Approdato alla Garzanti nel 2003 con Una finestra vista lago (premio Grinzane Cavour 2004, sezione narrativa, e premio Bruno Gioffrè 2004), ha continuato a riscuotere ampio consenso di pubblico e di critica con i romanzi che si sono succeduti, ottenendo i maggiori premi letterari italiani, tra i quali il premio Bancarella nel 2006 (La figlia del podestà), il premio Ernest Hemingway nel 2008 (La modista), il premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante, il premio Campiello sezione giuria dei letterati nel 2009, quando è stato anche finalista del premio Strega (Almeno il cappello), il premio internazionale di letteratura Alda Merini, premio dei lettori, nel 2011 (Olive comprese). Nel 2008 gli è stato conferito il premio letterario Boccaccio per l’opera omnia e nel 2015 il premio De Sica.
Con Massimo Picozzi ha scritto anche La ruga del cretino.
Prima di Le mele di Kafka ha pubblicato La verità della suora storta (2015).

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