Ivan Carozzi è in libreria con il romanzo “Teneri e violenti”. Su ilLibraio.it individua quattro riferimenti, tutti legati a Milano (compreso “Lettere a nessuno” di Moresco)

Ivan Carozzi, classe ’72, ha lavorato a lungo in televisione e attualmente è caporedattore della rivista Linus. Arriva in libreria per Einaudi Stile Libero Teneri e violenti, il cui protagonista è un trentenne milanese che viene assunto come redattore di una trasmissione televisiva. Deve cercare vecchie notizie, comprese tra il ’70 e l’85, frugando tra gli archivi dei quotidiani.
Uno choc culturale, quasi una vertigine, è al principio di questo insolito libro. Un uomo rovista nelle storie anonime del nostro passato recente e davanti al suo sguardo si spalanca una folla di vite epiche, tragiche, strambe, romantiche: l’incubatore di quel che siamo diventati.
Su ilLibraio.it l’autore individua quattro riferimenti, distanti tra loro, senza i quali, forse, questo libro non sarebbe mai stato scritto. E il cui punto di contatto è Milano…

ivan carrozzi

Il Milanese imbruttito

Il milanese imbruttito è un libricino pubblicato da Rizzoli dopo il successo dell’omonima pagina Facebook. Alla fine non ho mai comprato Il milanese imbruttito, ma mi sono ritrovato molte volte a sfogliarlo in libreria. Si tratta di una collezione di aforismi e frasi tratte dal parlato del giovane milanese medio, imbruttito dal lavoro e dalla vita in città. Ciascuna di queste frasi, dritta e assassina come una fucilata, descrive un pattern comportamentale, certamente caricaturizzando, ma con una precisione etnografica assolutamente laser.

Attraverso Il milanese imbruttito posso intuire che cosa si muove nella mente a Milano mentre ci si lava i denti, come a Milano s’inganna il prossimo, con quale contratto sentimento del tempo si torna dalle vacanze in Grecia, si versa lo zucchero nel caffè o si schiaccia il pulsante in ascensore. Sono convinto che queste campionature del linguaggio parlato, sempre aridamente prive di romanticismo e compassione, sempre in velocità e di fretta, non sarebbero dispiaciute a Bianciardi. I milanesi de Il milanese imbruttito hanno anche, a mio avviso, un rapporto di parentela con gli psicopatici di Brett Easton Ellis. Sono i loro cugini, come dire, italiani. La satira porta spesso con sé un po’ di pietà per i suoi personaggi. Il milanese imbruttito non fa differenza. Forse questo è l’aspetto che butterei, mentre vorrei tenere per me il suo orecchio assoluto per la città.

Luciano Bianciardi, La vita agra

Luciano Bianchi, protagonista de La vita agra, lavora come traduttore (e poi come copywriter). È dottissimo, coltiva progetti da intellettuale impegnato, frequenta gli operai, discute con altri intellettuali di società neocapitalistica, è vezzeggiato dall’amante che lo chiama ‘testone bello’, gira con un cappotto e odia i grattacieli. Il mio protagonista lavora nell’industria creativa e televisiva, senza ambizione, non ha nessun sogno particolare,non fa gruppo con i colleghi. Si trova a vivere dentro il reame nostalgico formato dal riversamento in PDF di vecchi quotidiani italiani: è il suo oppio digitale.

Durante la stesura del libro, confesso, mi ha sempre inseguito il pensiero de La vita agra. Pativo la mancanza d’ironia e leggerezza del mio protagonista. In qualche modo soffrivo il paragone con Luciano Bianchi. Luciano è certamente un uomo più affascinante, perché è sempre vitale, ironico, anche nella malinconia più acre e nella sconfitta. Però sapevo che se avessi giocato con l’ironia e la satira, non avrei fatto la cosa giusta e non avrei, credo, raccontato sinceramente il mio tempo.

Antonio Moresco, Lettere a nessuno

È la celebre opera di Antonio Moresco, ripubblicata qualche anno fa da Stile Libero. L’ho letta, in questa sua nuova veste, mentre vivevo un momento dell’esistenza molto felice ed espansivo. Forse è per questa ragione che sono riuscito ad accogliere dentro di me, con un piacere tranquillo e crescente, il dolore e la solitudine di un libro così grande, scritto dentro una soffitta a Milano, quindi in un minuscolo punto del mondo e della città degli imbruttiti.

L’esistenza di quella soffitta è una consolazione e la testimonianza di una possibilità di bellezza. Naturalmente molte delle vicende raccontate in Lettere a nessuno sono ambientate qui a Milano, naturalmente è un libro scritto eroicamente bene, si direbbe con la stessa cartuccia d’inchiostro fino a esaurimento, in cui si sprofonda nello spazio e nel tempo e ci si alza in cielo, in cui si parla di editoria, di scrivanie, di carta, di altri scrittori, e poi di claustrofobici partiti marxisti e degli anni ’70 italiani, ma ciò che mi lega a questo libro, al di là del suo valore intrinseco, è proprio il posto in cui è stato scritto e riscritto: quella soffitta a Milano. Esiste un altro luogo della scrittura che, a Milano, considero altrettanto importante. Si tratta di un minuscolo museo suddiviso in due stanze: Il museo della macchina da scrivere, in via Menabrea. Il museo è stato fondato da un uomo di origini casertane, Umberto Di Donato, che a Milano, se non erro, ha lavorato come dattilografo. Per tutta la vita ha collezionato centinaia di macchine da scrivere, compresa quella usata da un condannato alla sedia elettrica negli Stati Uniti. Di ognuna di queste macchine conosce la storia e il funzionamento tecnico. Ce ne sono di complicatissime, di esotiche e di particolarmente commoventi nel testimoniare l’accanimento della tecnica per assicurare la possibilità di espressione tramite la scrittura. Credo che a Moresco piacerebbe Di Donato. Da qualche anno questi quintali di metallo sono esposti nel suo museo, dove Di Donato vi accompagna, raccontandola propria vita di emigrato a Milano durante il boom, poi la storia della macchina da scrivere e infine quella della scrittura stessa. Parte dalle tavolette cuneiformi e arriva fino alla videoscrittura.

Chi, Novella 2000, Di Più ecc.

Per lavoro ho sfogliato a lungo la stampa scandalistica. La maggioranza dei servizi che appaiono su questi giornali sono stati scattati a Roma o a Milano e riguardano celebrità che vivono a Roma o a Milano. Di conseguenza la visione di questo materiale – com’è accaduto quest’estate nel servizio sulla nuova casa di Fedez – presenta un punto di vista sulla città, offre un peculiare paesaggio urbano e d’interni, spesso a mio avviso interessante e fatto di palestre negli attici e sale da pranzo con tavoli di cristallo, di affacci sullo skyline di Porta Nuova, di salette interne di ristoranti, di siepi fotografate di notte accanto a buttafuori sfocati, di BMW X3 parcheggiate come carrarmati, di Smart maliziose e di marciapiedi lindi lungo via Della Spiga (dove passeggia un russo elegante che potrebbe avere in rubrica il numero di telefono di Putin).

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