Il nostro pianeta non è mai stato così in pericolo, e il messaggio evangelico “preserva la Terra per le generazioni che verranno” non è mai stato tanto attuale

Il nostro pianeta non è mai stato così in pericolo, e il messaggio evangelico “preserva la Terra per le generazioni che verranno” non è mai stato tanto attuale. Al nostro tempo, infatti, assistiamo a una devastazione dello spazio in cui viviamo, a una progressiva trasformazione delle pianure e delle coste italiane in un’unica immensa periferia.

Fermare questo processo tuttavia è possibile, riequilibrando la nostra percezione del valore delle risorse e dell’irreversibilità del loro consumo. E’ la tesi del nuovo saggio di Salvatore Settis, pubblicato da Ponte alle Grazie.

Settis

Su IlLibraio.it un estratto da La bellezza salverà il mondo?

Si suol dire che «La bellezza salverà il mondo». È una citazione dall’Idiota di Dostoevskij. Sono parole che Dostoevskij mette in bocca al principe Myškin, il protagonista del romanzo, e che in Italia si citano ormai spessissimo. Nel libro, le parole del principe Myškin, ripetutamente deriso per averle dette, hanno un contenuto intensamente mistico, sul quale oggi non vorrei insistere. Mi preme piuttosto dire che troppo spesso sento usare questa frase come un mantra consolatorio (e liberatorio), ma invariabilmente fuori contesto. Io vorrei dire piuttosto che la bellezza non salverà il mondo se noi non salviamo la bellezza.

Ma che cosa dobbiamo fare per salvare questa bellezza? Vorrei tentare un discorso a partire da alcuni testi religiosi e da alcuni testi laici, per cercarvi qualche pensiero che possa aiutarci a costruire un’etica che sia, insieme, dell’individuo e della comunità. Comincio con Isaia (5,8,9): «Guai a voi che ammucchiate casa su casa e congiungete campo a campo finché non rimanga spazio e restiate i soli ad abitare la Terra. Ha parlato alle mie orecchie il Signore degli eserciti. Edificherete molte case ma resteranno deserte per quanto siano grandi e belle, e non vi sarà nessuno ad abitarle». Queste parole sono molto adatte a descrivere quello che accade oggi: edifichiamo casa su casa e ci continuano a spiegare che è per il bene di tutti, ma non è così. In un recente articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera si spiega che il «piano-casa» del Veneto prevede che a Venezia centro, dove ci sono già 2.400 strutture di accoglimento per i turisti, si possa arrivare fino a 50.000 mila strutture, trasformando Venezia in un unico grande albergo. Stiamo edificando «casa su casa» in un Paese dove ci vien detto di continuo che l’edilizia è fonte di ricchezza e prosperità economica (infatti la nostra economia, come ognuno sa, va a gonfie vele!). Da almeno vent’anni ci raccontano questa favola, ma non ci dicono che ci sono cinque milioni di appartamenti invenduti in Italia tra quelli costruiti negli ultimi dieci anni. La speculazione edilizia, la spietata cementificazione del territorio senza nessun rapporto con la crescita demografica (che invece, come tutti sanno, non c’è), l’accumulo di proprietà terriera in funzione della mera rendita fondiaria hanno la conseguenza di sigillare il suolo, impedire al suolo di respirare, di esercitare le sue funzioni ecologiche di sistema. Questo passo di Isaia, insomma, mostra il valore del pensiero profetico, evidenziando un accostamento, molto efficace anche nel nostro contesto, tra la terra coltivata, o coltivabile, e le abitazioni, che si affollano anche per il cieco impulso dell’uomo a cementificare.

(continua in libreria…)

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