“Quando un uomo legge un giallo o un thriller, nessuno sente il bisogno di soppesarne attentamente le qualità letterarie. Se una donna prende in mano una storia d’amore, invece, solo la presenza di un tema molto serio o molto drammatico potrà lanciarle una cima di salvataggio e risparmiarle giudizi affrettati…”. Su ilLibraio.it la riflessione della scrittrice e traduttrice Roberta Marasco (“La femminista incallita che c’era in me proprio non voleva arrendersi alla sua controparte romantica…”)

L’insostenibile leggerezza del rosa

“Scrivo ‘storie d’amore’.”
Lo dicevo così, disegnando le virgolette in aria con le dita. La femminista incallita che c’era in me proprio non voleva arrendersi alla sua controparte romantica. Rinunciai alle virgolette solo quando mi resi conto che tutti pensavano che in realtà scrivessi romanzi erotici.

Anche adesso che mi sono riconciliata sotto l’etichetta del femminismo rosa, dopo aver scoperto che vivere le emozioni senza freni inibitori vale più di mesi di terapia, una parte di me non può fare a meno di provare ogni tanto una sensazione strisciante di tradimento. Perché scrivere e leggere d’amore ha qualcosa della diserzione, della resa, almeno dal punto di vista di un certo femminismo, soprattutto se la storia d’amore va a finire bene. Non importa che la figura maschile sia poco più di un pretesto, non importa se il vero argomento del romanzo sono le paure, le contraddizioni e i conflitti interiori della protagonista. Se alla fine si accasa, ci sarà qualcuno che la guarderà con un pizzico di delusione. La versione femminile del Vagabondo, che rinuncia a inseguire galline per farsi fotografare sotto l’albero di Natale insieme alla prole.


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I romanzi d’amore in realtà raccontano il desiderio e il rapporto complesso che abbiamo con la felicità. E per noi donne, che spesso viviamo la felicità con un sottile senso di colpa, possono fare molto più di quanto si creda. Per fortuna eserciti di lettrici sfidano il sopracciglio alzato del femminismo e continuano a leggere rosa, ma quello sguardo sdegnoso rischia di far passare un messaggio molto più pericoloso delle grazie del bello di turno, ossia che stare accanto a un uomo significhi mettere in un cassetto i propri sogni e la propria libertà, che il romanticismo e i propri diritti siano incompatibili. Ed è un messaggio che si traduce fin troppo facilmente nel successo delle Sfumature e di tutte le altre storie all’insegna della dominazione e della sottomissione.

Ma poi, anche se i romanzi d’amore fossero pura evasione, anche se non ci fosse nessun tipo di percorso interiore, nessuno scopo più nobile, nessun fine ultimo, che cosa ci sarebbe di tanto sbagliato? In fondo anche il Vecchio di Sepúlveda, che leggeva romanzi d’amore perché “a volte gli facevano dimenticare la barbarie umana”, preferiva le storie con il lieto fine. Perché allora l’evasione femminile deve essere bollata come superficialità? I guerrieri non tirano il fiato, forse, ogni tanto? Invece no. Gli uomini si prendono il meritato riposo, le donne si distraggono ingenuamente dai veri problemi. Gli uomini leggono letteratura di intrattenimento, le donne leggono spazzatura.


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Alla fin fine, si torna sempre lì, all’origine di quello che io chiamo il femminismo rosa. La letteratura d’evasione tipicamente femminile è malvista perché l’intrattenimento femminile in sé è malvisto. La donna in ozio irrita, infastidisce, è egoista, vacua, quasi inutile nel suo star lì a far niente invece di mettersi al servizio di qualcosa o di qualcuno, di una causa o di una famiglia. Proprio alle donne, che nella stragrande maggioranza dei casi sono più eclettiche degli uomini, che sono capaci di far fare il ruttino a un bebè mentre scrivono un piano aziendale, proprio a loro viene rimproverato di leggere storie d’amore e trascurare quindi i mali del mondo, di inseguire l’uomo di turno quando avrebbero questioni ben più importanti a cui pensare. Come se le due cose fossero incompatibili, come se non fossimo capaci di fare l’una e l’altra. Quando un uomo legge un giallo o un thriller, nessuno sente il bisogno di soppesarne attentamente le qualità letterarie. Se una donna prende in mano una storia d’amore, invece, solo la presenza di un tema molto serio o molto drammatico potrà lanciarle una cima di salvataggio e risparmiarle giudizi affrettati.  Ecco perché le storie d’amore sono rivoluzionarie. Perché mostrano la strada verso la felicità, perché sono una gran palestra per le emozioni e perché difendere un libro d’amore significa difendere anche il diritto di una donna a essere leggera e superficiale, ogni tanto.

Ripartiamo dall’ozio, allora, per quanto assurdo possa sembrare. Ripartiamo dal nostro diritto a non far niente. A mostrarci spensierate e sognanti senza per questo essere ingenue o inconsapevoli. L’insostenibile leggerezza delle donne può smuovere le montagne, non lasciamoci convincere del contrario. Se smetteremo di nasconderla in un fazzoletto o dietro la copertina del reader, forse potremmo scoprire la sua vera forza.

IL LIBRO E L’AUTRICE – Le regole del tè e dell’amore (in libreria per Tre60) è l’ultimo libro di Roberta Marasco. L’amore di Elisa per il tè risale alla sua infanzia. È stata sua madre a insegnarle tutte le regole per preparare questa bevanda e ad associare, come per gioco, ogni persona a una varietà di tè. Daniele, il suo unico grande amore, è tornato dopo tanto tempo. Ma Elisa ha imparato da sua madre a non fidarsi della felicità, a non lasciarsi andare mai, perché il prezzo da pagare potrebbe essere molto alto. Prima di tutto dovrà trovare se stessa, poi potrà capire se Daniele può renderla felice. Quando trova per caso una vecchia scatola di tè con un’etichetta che riporta la scritta ROCCAMORI, il nome di un antico borgo umbro, Elisa ne è certa: si tratta del tè proibito della madre, quello che le fece provare solo una volta e che, lei lo sente, nasconde più di un segreto. Forse proprio lì, in quel borgo antico, Elisa potrà trovare le risposte che cerca e imparare a lasciarsi andare e a fidarsi dell’amore, guidata dall’aroma e dalle regole del tè…

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