“La sua visione del mondo è alla base della mia osservazione dei rapporti di coppia come equilibri di potere, in cui tutto sembra funzionare finché non si inverte la polarità tra chi domina e chi subisce…” – Torna la rubrica #lettureindimenticabili. Questa volta è il turno del Marchese de Sade, (ri)letto della scrittrice Emanuela Abbadessa, ora in libreria con “Fiammetta”

Non so se i libri cambino la vita di chi li legge, ma la verità è che a me è capitato davvero di imbattermi in un libro capace di mutare letteralmente la mia.

Sbaglierei però dicendo che si è trattato di un solo libro: piuttosto, l’epifania è venuta dall’intera produzione di un autore o forse l’autore stesso perché talmente è dirompente il personaggio che, anche il solo pronunciarne il nome, finisce con l’offuscare la sua stessa opera.

Era estate ed ero molto giovane. In occasione della traduzione di una poderosa biografia di Sade, La Repubblica dedicò un paginone riportandone un capitolo (la cosiddetta “fustigazione di Rose Keller” – uno dei pochi atti di “libidine violenta” dei quali effettivamente Sade si macchiò nel corso della sua travagliata vita) e aggiungendo dei boxini con cronologia di Sade ed elenco delle opere.
Io, che allora ritenevo già di leggere molto, vidi la pagina e mi vergognai. A darmi quella sensazione però non era la descrizione dell’impietosa sessione di frustate. Non mi inquietò la narrazione dei colpi, delle lacrime, la spietata incapacità di fermarsi di fronte al dolore ma anzi il ricavarne nuova linfa per la macabra messinscena. A farmi vergognare con me stessa fu il constatare che Donatien Alphonse François de Sade – per me, al tempo, poco più di uno sporcaccione vissuto chissà quando – aveva in realtà trascorso la sua esistenza tra carceri e privazioni. Anni trascorsi scrivendo migliaia di parole, in segreto, con dolore fino a quando gli furono negate la carta e la penna che erano i formidabili mezzi della sua dirompente rivoluzione.

Così cominciai a studiare  clandestinamente come si conveniva (allora si trovavano pochissime edizioni delle sue opere, quasi tutte reperibili sulle solite bancarelle, con copertine a volte discutibili che finivo col celare dietro carta fiorata per l’imbarazzo di mostrarle). E, sotto le spoglie di un oscuro signore che aveva dato il nome a una devianza sessuale, mi si rivelava un artista complesso.

La biografia in questione (edita da Einaudi) è di Jean-Jacques Pauvert, l’instancabile esegeta delle infinite 120 Journées. E, a mettermi sull’avviso che la lettura di Sade avrebbe potuto “cambiare la vita”, fu lo stesso autore. Mi colpì già il sottotitolo di quel saggio: Un’innocenza selvaggia. Mi atterrò l’avvertenza per il lettore, quasi un monito dantesco sulla porta di un indefinito aldilà: mi si informava che iniziando un viaggio nel mondo di Sade se ne sarebbe usciti “persone diverse”.

A rendere me “diversa” è stata la filosofia di Aline et Valcour, l’ironia anticattolica de Les infortunes de la vertu, il tratto predannunziano di Eugénie de Franval, la visionaria costruzione de Les 120 Journées de Sodome, l’anticlericalismo di Dialogue entre un prêtre et un moribond. Perché l’algida descrizione/reiterazione di sconcertanti atti sessuali e criminali (quella ripetitività che annoia i più e che a tratti annoiò anche me in verità) invece di amplificare a dismisura il desiderio, per un gioco retorico, in verità, lo castra.

Una delle chiavi di lettura, dunque, credo sia proprio l’ipertrofia barocca (o, meglio, rococò); di quel barocco che sovverte le logiche formali nei timpani che si spezzano, nei tromp l’oeil che aprono scenari immaginifici su realtà altre. Il napalm del Marquis non è dunque il sesso: è la retorica!

L’incontro con i “libri proibiti” del Divino Marchese fece nascere in me molti percorsi di riflessione; mi portò a confezionare uno degli scritti cui sono più affezionata e, soprattutto, la sua visione del mondo è alla base della mia osservazione dei rapporti di coppia come equilibri di potere, in cui tutto sembra funzionare finché non si inverte la polarità tra chi domina e chi subisce. E proprio questo è ciò che ho raccontato tra le righe di Capo Scirocco e di Fiammetta.

E se tutto questo non è stato proprio un “cambiarmi la vita”, ci è andato comunque molto vicino.

LA RUBRICA – Letture impossibili da dimenticare, rivelatrici, appassionanti.Libri che giocano un ruolo importante nelle nostre vite, letti durante l’adolescenza, o da adulti. Romanzi, saggi, raccolte di poesie, classici, anche testi poco conosciuti, in cui ci si è imbattuti a un certo punto dell’esistenza, magari per caso. Letture che, perché no, ci hanno fatto scoprire un’autrice o un autore, di ieri o di oggi.

Ispirandoci a una rubrica estiva del Guardian, A book that changed me, rifacendosi anche al volume curato da Romano Montroni per Longanesi, I libri ti cambiano la vita. Cento scrittori raccontano cento capolavori, e dopo il successo dell’iniziativa proposta recentemente sui social da ilLibraio.it, #ilLibroPerMe, in occasione della presentazione della ricerca sul rapporto tra lettura e benessere, abbiamo pensato di proporre a scrittori, saggisti, editori, editor, traduttori, librai, bibliotecari, critici letterari, ma anche a personaggi della cultura, della scienza, dello spettacolo, dell’arte, dell’economia, della scuola, di raccontare un libro a cui sono particolarmente legati. Un’occasione per condividere con altri lettori un momento speciale.

L’AUTRICE – Emanuela E. Abbadessa è nata a Catania nel 1964 e vive a Savona. Collabora con La Repubblica, è autrice di saggi e di romanzi, da poco è tornata in libreria con Fiammetta (Rizzoli).

Fine Ottocento. Fiammetta aspetta da tempo quell’incontro. Ha camminato per Firenze con una curiosa eccitazione addosso, all’idea di conoscere Mario Valastro, il poeta siciliano che lei legge ogni giorno nella solitudine delle sue stanze di maestra. Quando finalmente ce l’ha di fronte, tira fuori tutto il proprio carattere: gli tiene testa e sa essere seducente con intelligenza. E lui si sente attratto da questa donna minuta e sfrontata, la cui sensualità è nascosta come la ciocca rosso vermiglio tra i suoi capelli.
Tornato a Catania, il poeta non si riconosce più. Aspetta le lettere di Fiammetta e non si cura della madre e della zia, le temibili sorelle Strazzeri. Possibile che lui, che di una moglie non voleva saperne, si sia innamorato? Anche Fiammetta è stupita: per lei una donna deve essere libera di costruire il suo destino e mai avrebbe immaginato di metterlo nelle mani di un uomo. In lui però vede rivolta e comprensione, che altro può essere l’amore? Ma dopo un viaggio di nozze idilliaco, a casa tutto precipita. Fiammetta deve fare i conti con se stessa e con una tentazione cui è difficile resistere.

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