“Rileggere” il percorso di Marco Olmo, corridore (classe ’48) che ha riscattato il suo passato attraverso lo sport, a partire dal pensiero di Jacques Attali, in libreria con il saggio “Scegli la tua vita!”

«Prendere in mano la propria vita senza aspettarsi più niente da nessuno». Così si legge nell’incipit di Scegli la tua vita! di Jacques Attali, economista, filosofo ed ex collaboratore di Mitterand. Prospettiva interessante, quella di Attali, che in 155 pagine traccia la parabola della realizzazione del sé, al di là dei diktat delle banche, degli Stati, dei padroni. Al di là, soprattutto, delle maglie troppo strette di destini che paiono schiacciarci con la loro tirannia, o di forze alienanti che sembrano lasciare spazio solo alla rinuncia.

Leggendo quello che può essere considerato, a tutti gli effetti, un manifesto politico ed esistenziale,  e soffermandomi sulle cinque tappe in cui Attali struttura il cammino verso la riconquista della propria vita, non ho potuto fare a meno di ripercorrere la strada intrapresa da Marco Olmo.

Marco Olmo, il corridore. L’uomo che ha riscattato il suo passato attraverso lo sport, che ha raggiunto traguardi inimmaginabili, che un giorno del giugno 1975, da una stanza di ospedale in cui si trovava a seguito di un incidente in moto, guarda fuori dalla finestra, carezza con lo sguardo il Col di Tenda, e si reinventa il futuro. Se la prima tappa del cammino tracciato da Attali è prendere consapevolezza delle costrizioni che ci vengono imposte – dalla condizione umana, dalle circostanze e dagli altri – Olmo lo ha fatto, guardando in faccia il «mondo dei vinti» dal quale proviene, assumendo su di sé il dolore di un’intera generazione costretta dal progresso ad abbandonare la terra. Ma senza cedere e senza lamentarsi: mai.

Se il secondo step è quello di rispettarsi e farsi rispettare, Olmo lo ha superato nell’estrema attenzione al proprio corpo e alle proprie possibilità, studiando i suoi limiti, evitando rischi inutili, conquistandosi sul campo il titolo di «uomo che ha fermato il tempo». Se al centro di questo cammino c’è la conquista della propria solitudine, Olmo ha corso in lungo e in largo per il mondo, tra montagne e deserti, «percorrendo migliaia e migliaia di chilometri, per godere di quell’attimo in cui sopra di lui c’è solo il cielo, e sotto un pianeta nascosto dalle nuvole, o una sabbia fine che cancella ogni traccia come un ricordo spazzato dalla forza del tempo. Senza contare su niente, senza contare su nessuno. Solo sulle proprie gambe, e su di uno sport, la corsa, che non mente mai. E ancora se per Attali è necessario prendere coscienza dell’unicità della propria vita, e rifiutare la condanna alla mediocrità, chi più di Olmo, l’uomo che un giorno ha detto «io nella vita sono un vinto, corro per rifarmi, corro per vendetta», può mostrarci come ci si scrolla di dosso il marchio dell’inferiorità? Perché la verità, al fondo, è questa: Marco Olmo è un uomo normale, che si schernirebbe a leggere queste parole, e che interpreta come una croce la definizione di mito. È un uomo qualunque, che ha però avuto il coraggio di scegliersi, invece che continuare a farsi scegliere. Di stringere tra le mani il proprio destino, invece di soccombere alla sua volontà. Di correre, invece che stare fermo sul ciglio della strada a guardare qualcun altro passare. A passare, ancora oggi che ha 67 anni, vuole essere lui. Perché di diventare se stessi non si finisce mai.

*L’autrice ha scritto con Marco Olmo Il corridore (Ponte alle Grazie)

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