Marco Vichi, in libreria con il romanzo “Il console”, indaga pregiudizi, paure infondate e reazioni millenarie al fenomeno che ha fatto la Storia dell’umanità: i flussi migratori. Con una sorpresa: anche il fondamento etico della società occidentale, un tempo, era “clandestino”… – Il suo intervento su ilLibraio.it

La “grande invasione” (come distruggere con un libro l’archetipo dello straniero)

L’archetipo dello straniero, è tutta lì la faccenda: non solo sono “diversi”, ma arrivano in massa e sconvolgeranno la nostra esistenza. Ecco qua, la paura è fatta. Grande e fiorente mercato, quello della paura, fin dall’antichità (Nerone, dopo il grande incendio di Roma del 64, additò i cristiani): quando si vuole governare, basta trovare la paura giusta, cioè il nemico giusto, e arrivano gli applausi di chi brama di liberarsi da quella stessa paura, che è stata loro inflitta attraverso discorsi deliranti che hanno come sottotesto: “il pericolo è immenso, ma non preoccuparti, ci sono qua io a sistemare tutto. Un morbo cattivo sta per invadere il nostro paese, e io sono la medicina che ti salverà.”

Come mai è così facile convincere milioni di persone che devono avere paura degli immigrati? Certo, nella moltitudine può esserci di tutto, anche ladri e assassini, però di ladri e assassini ne abbiamo un bella produzione pure noi, un made in Italy che nessuno ci invidia. E come mai è così facile convincere milioni di persone che leggi e leggine possano arrestare un flusso di persone che scappa dalla fame, dalle ingiustizie e dalla morte? Se arrivano cento milioni di uomini, di donne e di bambini disperati, quale legge potrà fermarli? Sarebbe come tentare di fermare una locomotiva con lo stecco di un gelato. E come mai si possono convincere milioni di persone che i “diversi” sono pericolosi, quando in Italia vivono da anni milioni di “diversi” che non fanno notizia, perché bene integrati? Una delle risposte è semplicissima: chi legge poco non ha strumenti per difendersi dalle bugie.

Leggere è un viaggio dentro se stessi alla ricerca di tutto ciò che serve per leggere il mondo con occhi più attenti, e rinunciare a questo significa mettersi nelle mani di un’emotività non affiancata dal pensiero. Ma ovviamente c’è anche un altro aspetto della faccenda, e riguarda coloro che vengono da noi, e che preferirebbero – sia chiaro – restare nel loro paese e continuare a vivere dove hanno le radici, senza essere costretti a partire portandosi dietro solo le ossa.

Sono convito che ci sia dietro la volontà dei “potenti” (i poteri finanziari, i veri padroni del mondo, di fronte ai quali la politica si mette a quattro zampe e scodinzola) di lasciare certe zone del mondo nella condizione di povertà e di confusione politica, per vendere armi, per sfruttare la miseria a proprio vantaggio in tutti i modi possibili. Mi arrabbio, quando penso che esiste da quarant’anni un progetto bellissimo che consentirebbe di utilizzare il lago Ciad per costruire un immenso canale navigabile, che porterebbe acqua e trasporti in tutto il centro Africa, con la conseguenza della tanto decantata indipendenza dei paesi in via di sviluppo e dell’inversione dei flussi migratori che porterebbero manovalanza e tecnici a lavorare a quel progetto, ma nessuno riesce a metterlo in piedi. Dunque, che si può fare? Oggi nessuno riesce più a partecipare alle decisioni politiche, la globalizzazione ha spersonalizzato il potere e sembra quasi che dietro i mali della terra non ci sia più la volontà umana, ma un Meccanismo capace di dominare ogni aspetto dell’esistenza di chiunque. Anche il nostro voto conta poco, se lo “usiamo” soltanto come una sorta di elemosina verso la nostra coscienza politica, al pari di quei cinquanta centesimi che diamo ai venditori di rose per sentirci a posto. Quello che davvero possiamo fare, io credo, e cercare di “governare” il proprio ambito personale seguendo quella stessa volontà di giustizia che vorremmo fosse applicata a tutto il resto del mondo. Ma per formarsi una coscienza (anche politica) è necessario leggere, leggere e leggere, e anche leggere.

GuandaScopri il libro…

*L’autore di quest’intervento, lo scrittore Marco Vichi, scrive noir di successo (il protagonista è il commissario Bordelli), ed è in libreria con un romanzo che non fa parte della serie di Bordelli, Il console (Guanda), ambientato nei tempi turbolenti e controversi di Nerone, quando Roma ha già subito l’incendio di cui è stato accusato lo stesso imperatore, che a sua volta ha fatto ricadere la colpa sui cristiani. Un romanzo con non pochi legami con l’attualità. Purtroppo…
Vichi indaga pregiudizi, paure infondate e reazioni millenarie al fenomeno che ha fatto la Storia dell’umanità: i flussi migratori. Con una sorpresa: anche il fondamento etico della società occidentale, un tempo, era “clandestino”.

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