Margaret Drabble, scrittrice classe ’39, racconta la società inglese attraverso lo sguardo delle donne e tira le fila di cinquant’anni di storia britannica, confessando le sue preoccupazioni riguardo alla Brexit. L’autrice ora è in Italia con il romanzo “La piena”. Una storia sulla senilità vissuta da Fran, che non vuole smettere di lavorare e non accetta il tempo che passa, ma che è costretta all’immobilità da una piena inaspettata, che la costringe a riflettere sulla sua esistenza… – L’intervista

Margaret Drabble, classe 1939, è una delle voci femminili che ha saputo raccontare la società inglese dal suo interno. In Italia Bompiani ha portato la sua ultima opera, La Piena (traduzione di Beatrice Masini), uscita in Gran Bretagna l’anno scorso. Lo stesso editore ripubblicherà gli altri titoli della scrittrice (finora da noi sono arrivati solo La cascata, La via radiosa e La regina rossa, per La lepre e Luciana Tufani Editrice).

La Piena è una storia di senilità: Fran Stubbs, la protagonista, ha alle spalle un matrimonio fallito e un rapporto tutt’altro che idilliaco con la figlia. Ormai anziana, non vuole arrendersi al passare del tempo e per lavoro viaggia da un angolo all’altro del Regno Unito, a ispezionare case di riposo. Un destino curioso per una donna non più giovane, ma che rifiuta di ritirarsi. Come, invece, ha fatto l’ex consorte, Claude, chirurgo in pensione che trascorre il tempo nell’ozio della sua casa di Kensington, ascoltando vecchi dischi di Maria Callas.

Accanto a Fran la sua controparte, Josephine, insegnate da poco in pensione che ha deciso di abbracciare quella che chiama la Veillesse, citando Simone de Beauvoir, e dedicarsi all’insegnamento della poesia a tempo perso.

Il romanzo si apre con Fran in movimento sulla motorway verso Birmingham, infastidita dalla notizia della recente scomparsa di una conoscente: “I necrologi dei giornali erano irritanti, piamente irritanti, in un modo sessista, discriminatorio”. Un peregrinare attraverso la nazione che si ferma solo quando una piena inaspettata la costringe all‘immobilità. E a fare i conti con la propria esistenza.

La Piena è un libro che riflette su un tema sempre attuale, la senilità, vista da chi la vive e non sa come affrontarla perché, quella che un tempo era l’età della vecchiaia, oggi è una fase che dura molti anni e inizia quando si è ancora attivi e spesso impiegati nel mondo del lavoro.

Margaret Drabble scrive prestando attenzione al mondo che la circonda, raccontando con maestria i tempi che corrono, come ha fatto con la trilogia aperta negli anni Ottanta da La via radiosa e conclusa con A Natural Curiosity e The Gates of Ivory in cui racconta la vita di alcune donne durante gli anni del governo Thatcher in Gran Bretagna.

Laureata in letteratura inglese a Cambridge, Drabble non ha scritto solo romanzi, ma anche due biografie storiche e numerosi articoli, tra cui nel 2003 una riflessione critica sulla politica americana intitolata Detesto l’America e quello che ha fatto, apparsa sul Daily Telegraph. Inoltre, ha lavorato a due edizioni del celebre Dizionario Oxford della letteratura inglese. In gioventù è stata anche attrice teatrale nella Shakespeare’s Company.

La sua opera è caratterizzata dallo sguardo femminile. La scrittrice, infatti, ha sempre dato grande spazio alle donne fin dai suoi primi romanzi, come The millstone del 1965, in cui racconta la storia di una giovane donna che dopo un’avventura di una notte scopre di essere incinta e indaga le possibilità che le vengono offerte, dall’aborto all’adozione, per poi decidere di portare avanti la gravidanza e crescere il bambino da sola.

Una carriera, quella di Margaret Drabble, che l’ha portata a ricevere premi e riconoscimenti, tra cui il prestigioso titolo di Dame Commander dell’Ordine dell’Impero Britannico di cui è stata insignita dalla stessa Regina Elisabetta nel 2008.

Margaret Drabble, com’è cambiata la Gran Bretagna negli ultimi cinquant’anni?
“Un tempo credevamo ancora nella giustizia sociale e nel progresso, oltre che all’assistenza dello stato. Negli anni questi valori sono stati distrutti dalle politiche della Thatcher e dall’ossessione per i soldi. Ma quello che doveva cambiare, come l’educazione, è rimasto uguale. Il potere delle scuole private, da cui viene fuori la classe dirigente del paese, è rimasto inalterato. Siamo più ricchi, ma c’è maggiore sperequazione sociale. Viviamo più a lungo, ma non più felicemente o meglio. Di positivo c’è la nostra società è più multiculturale e che il cibo è migliore, ma allo stesso tempo siamo afflitti dall’obesità, anche a causa dei fast food”.

Come sarà il futuro del paese dopo la completa attuazione della Brexit?
“La Brexit è stata un errore clamoroso. Ci siamo ostacolati da soli, per ragioni meramente politiche. Soffriremo per decenni a causa del referendum, ma spero che se ne stiano pentendo abbastanza persone per permettere un passo indietro. Mi auguro possa davvero accadere qualcosa di simile, perché stiamo vivendo in un incubo”.

Nei suoi romanzi sono centrali le vicende al femminile. La condizione delle donne è migliorata rispetto agli anni Sessanta, raccontati nelle sue prime opere?
“Ci sono sempre più donne che lavorano. Negli anni Sessanta lo rivendicavamo, ora è diventata una necessità perché sempre più famiglie hanno bisogno di due stipendi per vivere. Tuttavia i costi per l’educazione dei figli sono cresciuti notevolmente, anche se chi lavora in questo ambito guadagna poco. Un paradosso! Abbiamo anche avuto due Primi Ministri donna – nessuna delle due un buon modello, certo… – ma è pur sempre un passo avanti. La parola ‘femminismo’ per alcuni è ancora un insulto e le giovani donne sembrano più convenzionali e meno avventurose di come lo eravamo noi. Allo stesso tempo, la tolleranza per gli omosessuali è migliorata, portando benefici a tutta la società”.

 

 

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