Molly Crabapple si racconta in un’intervista a ilLibraio.it. L’artista e giornalista classe ’83, del resto, ha sempre bruciato le tappe e amato le battaglie, e ha già pubblicato un’autobiografia. Se in passato ha fatto la modella per servizi fotografici erotici, oggi espone nelle gallerie (ma pensa che “il mondo dell’arte sia una bolla e che se vuoi fare dei lavori che raggiungano le persone comuni devi comunicare in modo inclusivo, che sia un murale gigante sulla strada o un poster) e pubblica per testate prestigiose reportage illustrati da Guantanamo e dai campi profughi in Grecia

Non serve aver raggiunto una certa età e una presunta saggezza per sentire il bisogno di raccontarsi in un’autobiografia: è stato il bisogno a spingere Molly Crabapple (nome d’arte di Jennifer Caban, nata nel 1983 a New York), artista e giornalista per VICE, Vanity Fair e Guardian, ha vissuto molte vite, ha incrociato grandi personaggi ed eventi che hanno segnato la nostra epoca, ma soprattutto ha viaggiato in ogni parte del mondo. Un bagaglio di esperienza che è stato raccolto nel libro Drawing blood (edito negli Usa da Harper Collins, 2015, e non ancora tradotto in Italia), che racconta con intensità tutti i momenti della vita che l’hanno segnata come artista e come persona.

Molly Crabapple

Come ha raccontato intervistata da ilLibraio.it, “disegnare è sempre stata la cosa più naturale del mondo per me, è il modo con cui mi relaziono con il mondo ogni giorno. Scrivere è al contrario stato molto difficile, e scrivere questo libro è stata la cosa più difficile della mia vita”.

La duplicità della natura di questa artista sta tutta in questa dicotomia (apparentemente inconciliabile) tra la scrittura e il disegno, attività che vengono portate avanti con la stessa passione e talento. I suoi quadri in dimensioni murali vengono esposti nelle gallerie, ma realizza soprattutto molte opere di poster art per campagne e associazioni politiche, e il suo pezzo forte sono i reportage illustrati da luoghi come Guantanamo e i campi profughi in Grecia: “Disegnare e scrivere raggiungono due obiettivi diversi: quando disegni puoi mostrare, ma per certi versi è difficile essere espliciti e specifici come si può essere quando si scrive, specialmente quando stai cercando di comunicare dei concetti”.

Molly Crabapple

A proposito della scelta di raccontarsi a 30 anni, afferma: “La maggior parte dei memoir che ho letto si focalizzano su una specifica porzione della vita di un autore, e usano quel periodo non solo per parlare di loro stessi come autori, ma di quel momento specifico nel mondo. Ho voluto parlare del collasso finanziario, di Occupy Wall street, e di New York durante gli anni del boom fintanto che i miei ricordi erano ancora freschi”. In effetti in questo emerge il lato più giornalistico di Molly, dove la biografia diventa un racconto simbiotico della sua città, New York, e di tutti i luoghi che si trova a visitare. Come ovvio, la parte più importante a emergere sono proprio i twenties, i vent’anni: “C’è una parte di me a cui piace l’idea di prendere i miei vent’anni, metterli in una scatola, gettarli nell’oceano e liberarmene. Ho voluto prendere quella decade in cui diventiamo adulti e ci formiamo, metterla insieme e dire ‘Ti ho analizzato e ora sono a posto’…”.

L'illustrazione di Molly Crabapple per Vanity Fair

L’illustrazione di Molly Crabapple per Vanity Fair

Se volessimo equiparare la biografia di Molly a un curriculum sarebbe fittissimo e invidiabile, e Drawing Blood è proprio una lunga storia di formazione, di ricerca della propria strada e di affermazione professionale. Ambizione che non lascia spiraglio a competizione, ma anzi include una costellazione di personaggi noti, soprattutto donne, come la giornalista Laurie Penny e la porno attrice Stoya, che vengono esaltati e che tessono un affresco più ampio.

Sin da bambina, che mal sopportava l’infanzia e aveva fretta di crescere, Molly era già consapevole del talento per il disegno ereditato dalla madre illustratrice, brucia in fretta le tappe dell’adolescenza per diventare adulta.

Le due cose che più influenzano la sua vita a quell’età sono internet (soprattutto la dimensione dei blog e delle community) e i viaggi. Appena maggiorenne infatti lascia New York e si imbarca da sola per andare a vivere nella famosa Shakespeare & Company, ospite del suo fondatore George Whitman e rimanendoci quasi un anno. A Parigi scopre la vita nomade e invidia i giovani bohèmien che sopravvivono disegnando. Per questo, dopo quella prima esperienza, viaggerà sempre con il suo blocco di schizzi per ritrarre il mondo che la circonda: Marocco, Turchia, Kurdistan. Quando però ritorna a New York per stabilirsi e provare con tutta sé stessa a diventare artista, vive costantemente sul limite dell’indigenza e trova allora un fervido mercato come modella per servizi fotografici erotici attraverso ingaggi online. Diventa una delle prima Suicide Girl, e si avvicina a questo mondo fatto di lustrini e glamour, diventando consapevole dello sguardo maschile oggettificante e imponendosi quindi come artista, ribaltando questo gioco di potere.

Molly Crabapple

Ma è solo dopo Occupy Wall street che Molly esordisce come giornalista. Il più famoso reportage nella prigione di Guantanamo, riesce nell’intento di aggirare il divieto di fare fotografie realizzando dei ritratti apponendo delle maschere sui volti dei carcerati e dei testimoni. Il limite più difficile da superare secondo l’autrice stessa però è un altro: “A Guantanamo, la verità è molto difficile da cogliere. Ogni persona e ogni fonte di informazioni è non obiettiva, e spesso mente. Ma la realtà, orribile, che avviene lì così riparata dalla censura che sembra che tu la possa percepire attraverso un vetro oscurato. Così, il misto di colpa per ciò che la mia nazione sta facendo, sommato al dubbio epistemologico che stessi facendo qualcosa di giusto, tutto questo era la cosa più difficile con cui avere a che fare”.

A proposito della modalità di racconto che utilizza, ricorda da vicino il genere del graphic journalism utilizzato da Joe Sacco, Molly spiega: “Lui ha praticamente inventato il graphic journalism. Alcune sue tavole di Palestina sono uno splendido esempio di cose che puoi raccontare meglio visivamente che con le parole. Se sei mai stato in un campo di rifugiati per scriverne e intervistare persone, succede che quando cominci a parlare con qualcuno le altre persone si avvicinano e in breve ti trovi circondato da persone, tutte desiderose di spiegare le ingiustizie che subiscono tutte insieme. Sacco lo rappresenta sovrapponendo le loro nuvolette in un’unica vignetta. Racconta un’esperienza in maniera molto accurata e non sarebbe possibile farlo se non visivamente”.

La biografia di Molly Crabapple non solo racconta di un’affermazione artistica e di uno spaccato di mondo, ma anche l’influenza positiva che ha l’impegno politico.

Femminismo, diritti dei migranti e soprattutto una forte opposizione verso il governo Trump sono le cause che la vedono in prima linea. E l’arte è il primo modo attraverso cui mette in pratica il suo attivismo: “Amo esporre i miei lavori nelle gallerie, ma penso che il mondo dell’arte sia una bolla e che se vuoi fare dei lavori che raggiungano le persone comuni, devi comunicare in modo inclusivo, che sia un murale gigante sulla strada o poster, o libri, o teatro di strada o tutto ciò che è fuori dall’ultra elitario mondo dell’arte di New York”.

nota: le immagini sono tratte da Mollycrabapple.com

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