A trent’anni dalla strage di Capaci, nel suo nuovo libro, “Solo è il coraggio”, Roberto Saviano onora la memoria di Falcone cercando di strapparlo alla fissità dell’icona – Su ilLibraio.it un estratto

Ogni anno, verso la metà di maggio, enormi banchi di tonni scelgono le tiepide acque della Sicilia per portare a compimento il loro “viaggio d’amore” e deporre le uova: da secoli i tonnaroti lo sanno e si preparano alla grande mattanza che tinge il mare e le loro mani di rosso. È proprio per assistere allo spettacolo della mattanza di Favignana che, nel maggio del 1992, da Roma tornano in Sicilia Francesca Morvillo e Giovanni Falcone.

Cinquant’anni prima, nelle campagne di Corleone, un padre e i suoi figli sono riuniti in cucina per disinnescare una bomba degli Alleati, da cui trarranno esplosivo da rivendere a caro prezzo; ma qualcosa va storto e l’intera famiglia viene sterminata dall’esplosione. Si salva solo un ragazzino: Totò Riina.

A trent’anni dalla strage di Capaci, nel suo nuovo libro, Solo è il coraggio (Bompiani), Roberto Saviano onora la memoria di Falcone cercando di strapparlo alla fissità dell’icona e ripercorrerne i passi provando a ricostruirli uno per uno. Attingendo a numerose fonti, agli atti dei processi, alle testimonianze di chi lo ha conosciuto, l’autore di Gomorra e ZeroZeroZero riporta nel cuore di quegli anni fatidici, aiutando lettrici e lettori a comprendere la complessità degli interessi in gioco, gli abissi di viltà e l’immensità del coraggio, la qualità umana dei protagonisti di una storia che ci riguarda molto più da vicino di quanto pensiamo.

Vista da vicino, quella di Giovanni Falcone è la storia di un uomo che, nel pieno della carriera, in realtà è al culmine del suo isolamento. Raccogliendo l’eredità dei molti colleghi del pool di Palermo, caduti uno per uno prima di lui e in queste pagine magistralmente rievocati, Falcone dedica ogni sua energia a scendere nel ventre di Cosa Nostra: un abisso smisurato, i cui traffici partono da Palermo e infestano il mondo intero.

Falcone indaga a tutto campo, schivando le trappole di un apparato statale nel migliore dei casi burocratico e scettico. Affronta il gelo della società civile, le accuse di protagonismo. Vive una quotidianità segnata dalle minacce, dalla necessità della scorta, dalla paura di parlare al futuro con la donna amata. Eppure, quella di Falcone è la storia di un uomo innamorato della sua terra, delle sue luci abbacinanti, dei suoi sapori, delle sue femmine coraggiose. E il suo modo per esprimere questo grande amore è uno solo: lavorare. Perché il suo lavoro consiste nel difendere questa bellezza, nel salvarla dall’ombra che la lambisce, dal marciume che ne corrode le fondamenta.

 

Solo è il coraggio Roberto Saviano Bompiani

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

NOTTURNO

Palermo, 1987

È per paura di bagnare gli occhi

a una vedova che finisci solo?

Francesca sta con la schiena appoggiata alla testiera del letto e pensa ai versi di un sonetto shakespeariano. Se avesse immaginato se stessa vent’anni dopo, ai tempi dell’università – e l’ha fatto spesso, spessissimo –, non sarebbe mai riuscita a comporre un quadro come quello in cui si trova adesso.

La luce lunare che filtra dal vetro della finestra le illumina una parte del viso, mentre l’altra è nascosta dalla semioscurità della camera da letto. Giovanni è steso accanto a lei, le dà le spalle, ma riesce comunque a vederne il volto: conosce i pensieri che si agitano nella sua testa, li conosce tutti. Sa che lo stanno facendo anche adesso, che gli si stanno aggrovigliando lungo le sinapsi come vermi. Sa che dipende da loro quell’ombra, quella sinistra oscurità che sta sul fondo dei suoi occhi e che non lo abbandona neanche quand’è in stato di grazia, neanche il giorno del loro matrimonio; quel triste rammarico per una sciagura già compiuta, piuttosto che di là da venire, che lei e pochi altri riescono a scorgere. Dipende da loro, da quei pensieri cupi che gli si attorcigliano nella testa come vermi. Vorrebbe prenderseli lei. Vorrebbe scavarsi un buco in mezzo agli occhi e prenderseli tutti, quei vermi, cacciarli via da lui per sempre. Sa che l’amore, anche se è tutto quello possibile, anche se è tutto quello che un umano può dare, non gli basterà. Che l’infestazione non avrà mai fine, i parassiti non saranno mai debellati, se non sarà lui stesso a farlo.

Morire senza figli non ti tocchi,

pianto come da moglie senza sposo.

Il mondo in lutto vorrà lamentare

che tu non hai lasciato il tuo stampiglio,

mentre ogni vedova può ritrovare

il marito negli occhi di suo figlio.

È questo che vede, un piccolo orrore celato dietro lo scudo della sua calotta cranica, che lavora senza posa anche mentre lui dorme. Ma lui non sta dormendo. Ha gli occhi chiusi, ma è sveglio. Sta pensando a cosa gli ha detto Rocco mentre stava per sposarsi. Lei ha già visto il nero all’orizzonte e l’ha già superato. Sei tu, ancora incagliato. Amala ancora di più, perché pur sapendo già tutto, pur sapendolo meglio, e da prima di te, sta stringendo la corda che vi lega insieme.

Ma non è facile non sentirsi in colpa, non lo è per niente. Perché, pur sapendo di avere ottenuto una rara vittoria, di aver rimesso in moto un ingranaggio sociale che da decenni era arrugginito e fermo, sente di star perdendo qualcosa? Come si scacciano i vermi dalla propria testa? Come si chiude per sempre una botola? Come si scacciano le ombre? Forse la risposta è lei. Forse c’è un ordine, uno strano ordine, nelle cose. Una qualche forma di compensazione. E forse lei è in se stessa un atto di misericordia. Ma lui, cos’è lui per lei? Cosa è stato e, soprattutto, cosa sarà lui per lei?

Francesca volge lo sguardo oltre la finestra. Ora il suo volto è tutto rischiarato dalla luce pallida della luna alta nel cielo. Si compone così, questo teatro: di luci e di ombre. A noi gli occhi per vederle, ma non i fili per manovrarle. Possiamo al massimo scegliere le strade più assolate. O quelle più buie.

Tutto ciò che scialacqui in una vita

cambia di posto e c’è chi ne godrà;

 la bellezza sprecata poi è finita,

e, non usata, si distruggerà.

Non c’è amore per altri nel tuo cuore,

se commetterai un tale disonore.

Sarà bellissima l’alba, domattina. Verrà il sole e scaccerà via le ombre con ostinata e feroce strafottenza.
Gli uomini, in questo, non hanno parte. Non contano niente.
Nemmeno lei.
E nemmeno Giovanni.

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