L’arrivo in libreria di “Amagi”, dello scrittore di origine indiana Sagar Prakash Khatnani, è l’occasione per indagare sull’origine della parola libertà…

Può essere una sfida interessante chiedersi da dove arriva un sostantivo il cui uso è tanto inflazionato quanto il suo significato è notevole, domandarsi chi è stato il suo creatore e perché. Questa curiosità nasce leggendo Amagi dello scrittore di origine indiana Sagar Prakash Khatnani; un libro a carattere spirituale che in Spagna, dove è stato pubblicato per la prima volta, ha riscosso un grande successo tra i lettori e che ora viene proposto in Italia da tre60.

Nell’ultima pagina, l’autore inserisce l’immagine di un simbolo a racchiudere e completare tutto il significato del viaggio compiuto nel romanzo dal protagonista Yuseph.

Il salto cronologico per interpretare questo simbolo è di oltre 4 mila anni. Nel 2350 a.C. la civiltà più prospera e avanzata del medioriente è Sumer: si organizza in agglomerati urbani, è dotata di una rete commerciale, ha una stratificazione sociale, una struttura governativa e una forma di scrittura, basata sull’uso di caratteri cuneiformi. Ognuno di questi fattori ha concorso alla nascita della parola libertà. In questo contesto, infatti, a Lagash (oggi è la città di Tell al-Hiba, in Iraq) il re, chiamato ensi, viene deposto: la pressione fiscale è troppo alta, il popolo insorge (una storia che anticipa un po’ la Rivoluzione Francese e quel libertè del motto giacobino) e al suo posto viene eletto sovrano Urukagina. Il nuovo ensi emana una legislazione che regolamenta e tutela i principi di libertà.

Lo sappiamo perché negli anni ’70 dell”800 vengono rinvenute e in seguito decifrate una serie di tavolette in cui si dava notizia delle rivolte popolari e dei provvedimenti presi da Urukagina. È in queste tavolette che compare per la prima volta il simbolo nell’immagine sopra: sono caratteri cuneiformi e la loro pronuncia è «Amagi». Gli storici ritengono che sia proprio questa la prima rappresentazione scritta della parola libertà.

Lo studioso J. N. Postgate ha notato che questo termine, nelle tavolette, era usato per indicare il momento in cui lo schiavo affrancato faceva ritorno a casa (letteralmente è “ritorno alla madre”) e recuperava quindi il suo status di uomo libero, recuperava la sua libertà. Non era più sottomesso a un potere a lui superiore.

libertà

Non è un caso che il termine in uso contemporaneo libertà tragga origine dal latino liber, ossia “uomo legalmente libero” il cui contrario è servus, lo schiavo. E neanche, tornando al libro, che l’autore di Amagi abbia deciso di intitolarlo proprio così, perché infatti la storia è quella di un viaggio volto al raggiungimento della libertà e alla comprensione del suo significato. Un’avventura semi-onirica (che richiama un po’ Il Piccolo Principe) e molto spirituale, sulle coste di un Mediterraneo capace di ricordare Le Mille e Una Notte e in cui, il protagonista a un certo punto diventa anche schiavo.

 

 

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