Dal brasiliano allo svedese, dal giapponese all’yiddish, ci sono parole che appartengono non solo alla lingua, ma alla cultura di un paese. C’è però un mezzo di comunicazione che valica ogni barriera linguistica e culturale e che risulta comprensibile a tutti: il disegno. L’artista inglese Marija Turina ha scelto 14 “Untraslatable Words” (parole intraducibili) provenienti da tutto il mondo e le ha tradotte in immagini – Guarda le sue illustrazioni

Ci sono parole che sono tipiche di una lingua, che appartengono a una determinata cultura e che non possono essere tradotte in altre lingue; non con le parole almeno. Ma c’è un mezzo di comunicazione che valica ogni barriera linguistica e culturale e che risulta comprensibile a tutti: il disegno.

L’artista inglese Marija Turina ha scelto 14 Untraslatable Words (parole intraducibili) e le ha tradotte in immagini: giapponese, svedese, yddish, tedesco, arabo, Marija ha rappresentato parole che rispecchiano usanze e atteggiamenti delle diverse culture.

Ecco le illustrazioni di Untraslatable Words:

Kyoikumama (giapponese): una madre che spinge incessantemente i propri figli verso la carriera accademica.

Luftmensch (yiddish): un sognatore, con la testa sempre fra le nuvole.

Baku-shan (giapponese): una bella ragazza… finché la si guarda da dietro.

L’appel du vide (francese): la traduzione letterale sarebbe “la chiamata del vuoto”, ma è usata più comunemente per indicare il forte istinto di saltare da posti alti.

Tretar (svedese): prese da sole, “tar” significa “tazzina di caffè” e “patar” è il riempire la tazzina di caffè. “Tretar” vuol dire riempire la tazzina per la terza volta.

Schadenfreude (tedesco): il piacere che deriva dal constatare le sfortune di un’altra persona.

Gurfa (arabo): la quantità di acqua che sta in una mano.

Palegg (svedese): tutto quello che si può spalmare su una fetta di pane.

Tingo (pascuense, Isola di Pasqua): l’atto di prendere gli oggetti che ci piacciono dalla casa di un amico, chiedendoli via via tutti in prestito.

Torschlusspanik (tedesco): “panico da chiusura del cancello” ovvero la paura che le occasioni diminuiscano mano a mano che si cresce.

Duende (spagnolo): il misterioso potere di un’opera d’arte di colpire nel profondo una persona.

Age-otori (giapponese): sembrare più brutto dopo un taglio di capelli.

Cafuné (brasiliano portoghese): l’atto di passare teneramente le dita tra i capelli di qualcuno.

UN LIBRO A TEMA – Tradurre è un’arte magica, perché ogni parola apre un mondo. Le parole intraducibili sono potenti grimaldelli: svelano di un popolo certi vizi e certe virtù. Se i brasiliani hanno una parola per definire la carezza tra i capelli dell’amato, gli svedesi ne hanno una per indicare la terza tazza di caffè; i tedeschi hanno una parola per un groviglio di cavi, ma anche per la piacevole sensazione che si prova stando soli nel bosco. La pila di libri non letti sul comodino si è meritata un nome in giapponese; la capacità di cogliere da uno sguardo lo stato d’animo altrui ha un nome preciso in coreano. Viene dal Sudafrica la filosofia comunitaria dell’ubuntu, dall’India la jugaad, l’arte di arrangiarsi con poco. Ella Sanders ne ha raccolte cinquanta in un libro pubblicato in Italia da Marcos y Marcos (Lost in translation), con illustrazioni che ci ricordano quante volte abbiamo in testa l’idea, la suggestione, ma proprio ci manca la parola. Regaliamoci dunque queste parole nuove…

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