“Cos’è la felicità? È una scelta. Coraggiosa…”. Su ilLibraio.it la riflessione autobiografica di Silvia Greco, in libreria con “Un’imprecisa cosa felice”

“Noi tutti cerchiamo la felicità, ma senza sapere dove, come degli ubriachi che cercano la propria casa, sapendo confusamente di averne una”, sosteneva Voltaire. Questo pensiero mi ronza in testa più o meno da sempre, e da sempre mi chiedo: dove diavolo l’ho persa la via di casa? Fino a ieri sapevo bene dove abitavo. La felicità esiste, lo so. Perché anche io, come te, almeno una volta l’ho provata. E mi ha fatto sentire invincibile come una super eroina dei fumetti, bella come una diva del cinema, satolla come un’affamata in una rosticceria con open bar. E poi? Poi mi sono distratta un attimo e me l’hanno portata via. Hai letto bene. Ho proprio detto me l’hanno portata via. E qui casca l’asino, cioè io. Qui c’è l’errore di fondo che faccio, e che molto probabilmente fai anche tu.

Davvero qualche cattivone passava di là e me l’ha sfilata dal taschino, la felicità, come un portafogli sul bus? Non mi è venuto in mente di tenermela stretta per non farmela soffiare come una scema? No, mi sa di no. Perché io, come te, sono convinta che la felicità vada e venga un po’ come le gira, pazzerella come il mese di aprile, che non sai mai se uscire con l’ombrello o le infradito. Capricciosa come una bambina pestifera, decide lei se concederti la sua carezza o il suo ceffone. Ho avuto un aumento sul lavoro? Carezza di felicità. Sono stata sgridata dal mio capo? Ceffone di tristezza. Mi sono innamorata a prima vista, e a prima vista sono stata ricambiata? Carezza. Mi ha tradito con la mia migliore amica, dopo avermi giurato amore eterno? Ceffone. La morte mi ha portato via qualcuno di caro improvvisamente, lasciandomi nella disperazione più totale? Ceffone a mano aperta. Sono sopravvissuta, senza farmi neanche un graffio, a un incidente rocambolesco in autostrada? Carezza calda. Ovvio che vado su e giù con le emozioni come su una giostra impazzita, nulla da dire a riguardo.

Eppure mi pare ci sia qualcosa che non vada a monte. Oserei dire nel concetto di fondo, nella percezione, nella definizione. Cosa diavolo è la felicità? Può davvero essere qualcosa di così mutevole, e comunque fuori da me? Qualche annetto fa, all’incirca nel quarto secolo Avanti Cristo, Lucio Anneo Seneca si era fatto un’idea ben precisa di cosa fosse la felicità. “Il sommo bene, cioè la felicità, non cerca al di fuori mezzi per realizzarsi; è un bene interiore e nasce tutto da sé stesso; diventa schiavo della sorte se ricerca una parte di sé all’esterno”.

Il concetto è chiaro e attuale, ed è sulle sue parole che devo concentrarmi se voglio davvero tenermelo stretto, il sommo bene. Associo troppo spesso la felicità a situazioni che mi fanno sentire parte di qualcosa: l’amore, le amicizie, il lavoro, il denaro, la fede calcistica o religiosa, il potere, la condizione fisica e chi più ne ha più ne metta. Cose che nel bene o nel male perseguo ostinata, o che mi accadono  regalando o strappandomi via il sorriso. Eppure dovrebbe essere legata a doppia mandata esclusivamente alla conoscenza e alla realizzazione di me, quella specie di vocina interiore che mi dice chi sono e cosa voglio. Io e basta, io per essere me stessa. Voglio essere felice indipendentemente da quello che mi succede! E allora cos’è la felicità? È una scelta. Coraggiosa. Cosa preferisco tra il dramma e l’opportunità? La seconda. Dare credito all’opportunità mi porta ad ascoltare chi voglio essere e dove voglio andare, mi insegna a disegnare un confine netto tra me e quello che mi succede. A separare i piani. A resettare il mio punto di vista. Da fuori a dentro. Smetto di digrignare i denti e scelgo il sorriso. Ed eccola lì davanti a me, la strada per la felicità. La inforco lasciandomi alle spalle avidità, invidia, paura, alibi, sensi di colpa, aspettative, giudizi e rimpianti. E nel tragitto riscopro la meraviglia, che si era assopita in qualche angolino dentro le mie palpebre pesanti. Cammino fiera della mia scelta, a testa alta, e ad ogni passo riscopro il sapore delle cose buone, la genuinità del buongiorno sussurrato da uno sconosciuto per strada, un’alba micidiale dal balcone di casa, la primavera che esplode di fiori.

silvia greco
L’AUTRICE –  Silvia Greco è in libreria per Hacca edizioni con Un’imprecisa cosa felice,  che racconta, facendoci sorridere e commuovere, gli imprevedibili risvolti nelle vite strampalate di Marta, di suo zio Ernesto e di Nino. Storie di chi resta e non si arrende al dolore, di chi riesce, nonostante tutto, a farsi accecare dalla meraviglia…

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