“Un genere complesso, quello umoristico, da scrivere ma anche da scovare, perché mai troppo consigliato…”. Ecco perché non bisogna perdere i suggerimenti (non scontati) di Francesco Muzzopappa, che torna al romanzo con “Dente per Dente”, e che su ilLibraio.it seleziona 10 letture tragicomiche…

Diceva Angela Carter che una commedia non è altro che una tragedia che succede a qualcun altro. Osservazione cinica e paradossale che ci regala una grande verità: leggere tragicommedie è un piacere sottile che permette, di riflesso, di guardare alla nostra vita con maggiore disincanto, sdrammatizzando. Un genere complesso, quello umoristico, da scrivere ma anche da scovare, perché mai troppo consigliato, il più delle volte maltrattato, svilito, spesso dimenticato. In una vecchia intervista al Paris Review, Dorothy Parker ammetteva quanto l’essere classificata come scrittrice dotata di sense of homour la facesse sentire colpevole. E visto che anche sui lettori di narrativa umoristica incombe spesso questo forte senso di colpevolezza, vi tolgo dall’imbarazzo e mi accollo l’incombenza di consigliarvi alcuni testi che secondo me possono svoltarvi la giornata. Lascio volutamente a margine Swift, Sterne, Wodehouse, Campanile, Bennett, Paasilinna, Dennis e Valentin, sennò non ne usciamo più.

Shalom Auslander – A Dio spiacendo (Guanda)

Lo consiglio da anni e mai una denuncia. Se in Il lamento del prepuzio e Prove per un incendio ci mostra un infinito talento satirico e sarcastico, in questa raccolta di racconti Auslander mira dritto al suo rapporto con la religione con un’ironia sacrilega e spiazzante. Divorati i suoi testi, è d’obbligo il passaggio a Gary Shteyngart (cominciate da Storia d’amore vera e supertriste, o Absurdistan)

Tom Sharpe – La grande caccia (Longanesi, Tea)

La storia di un agente letterario che, in un momento di magra, pur di piazzare qualcosa accetta di rappresentare un romanzo erotico, terribile (si chiama Uomini sempre arrapati per la vergine) che diventa bestseller mondiale. Una prosa perfetta. Da morir dal ridere.

Ethan Coen – I cancelli dell’Eden (Einaudi, I Coralli)

Su Wikipedia non lo trovate mai slegato dal fratello Joel, con cui da sempre scrive, produce e dirige i film della ditta Coen. Ethan è (ovviamente) scrittore sublime di commedie grottesche e, in questo caso, racconti che sfondano il muro dell’assurdo riuscendo a restare saldamente ancorati alla realtà. Tra le altre cose, leggerete di investigatori privati che vanno dall’analista e malviventi inetti che cercano di imporre la mentalità mafiosa a Minneapolis. Se poi ci prendete gusto c’è anche Quasi una serata, testo teatrale scritto in totale stato di grazia.

Brian Morton – Florence Gordon (Sonzogno)

La protagonista è un’anziana rompipalle, scrittrice scorbutica, divorziata. Quando ormai, a fine carriera, crede che la vita le abbia riservato un posto nella serie B delle scrittrici, un articolo sul New York Times la catapulta nell’olimpo della letteratura. Ed è qui che ha inizio il peggio. Trecento pagine per amare i difetti di Florence e ridere con intelligenza dei mille difetti che rendono un carattere interessante.

Caitilin Moran – Ci vogliono le palle per essere una donna (Sperling & Kupfer)

Con o senza palle (il titolo originale è How to be a woman) Caitilin Moran ha la stessa ironia pungente e sarcastica di Sedaris e Chelsea Handler, al servizio di una vita probabilmente più movimentata. Giornalista del Times (ne è una delle maggiori columnist), riesce a far ridere di pillole anticoncezionali, disparità di retribuzione, depilazioni e vita domestica. E si riflette sull’importanza, oggi, del femminismo.

Christopher Moore – L’isola della sacerdotessa dell’amore (Elliot)

Adoro Moore. Prima ancora di divorare il suo (forse) più grande successo, Il vangelo secondo Biff, ho apprezzato la paradossale vena caustica in Fool. L’isola della sacerdotessa è un libro folle, esilarante. Un pilota d’aerei totalmente incapace, si ritrova in missione in un’isola sperduta della Micronesia tra battute corrosive e incontri deliranti che nemmeno in Arrivano i Sisters di Patrick deWitt (un Neri Pozza formidabile).

Sergej Dovlatov – Qualunque cosa va bene (Sellerio)

Qualunque cosa va bene non è un titolo ma un consiglio, perché di Dovlatov va bene tutto, anche un numero di telefono appuntato su un post-it. Ironia russa, caustica, stratificata, allusiva, meravigliosa. In particolare consiglio La valigia, Compromesso e La filiale. Ci ho messo un po’ a trovarli ma esistono.

Etgar Keret – Le tette di una diciottenne (e/o)

Dalla prosa tenera e affilata, Keret ha uno stile a metà strada tra i racconti della buonanotte e un calcio in bocca. Racconti per tutti i gusti con trovate geniali. Ancora una storia e poi basta ha insieme la grazia e la forza. E poi divorate il resto della sua produzione, se non la conoscete già. Notevole pure Sette anni di felicità (Feltrinelli).

Hallgrimur Helgason – Toxic. Come smettere di ammazzare la gente e imparare a lavare i piatti (Isbn)

Dopo il successo di 101 Reykjavík (Guanda), questo romanzo ci racconta la storia di un malvivente croato che, braccato dalla polizia in aeroporto, uccide nei bagni un prete e si impossessa da quel momento della sua vita. Credo il cinema abbia già saccheggiato la trama, ma la prosa sintetica ed estremamente cinica di  Helgason è una calamita.

Infine un fumetto: L’omino bufo! (Panini Comics)

Le strip di Castelli e Artibani starring il meraviglioso Omino Bufo, il peggior incubo di chi ama le barzellette, un tizio che  spezzando i tempi comici con la frase ‘adesso si ride’, ammazza sistematicamente ogni battuta. È l’anticlimax della risata, oro surreale direttamente dal 1972, a dimostrazione che un tempo, con l’ironia, si giocava di più.

francesco muzzopappa

L’AUTORE E IL SUO NUOVO ROMANZO – Se Roma ha la GNAM (Galleria Nazionale d’Arte Moderna), Bologna il MAMBO (Museo d’Arte Moderna BOlogna) e a Napoli c’è il MADRE (Museo d’Arte contemporanea DonnaREgina), a Varese hanno pensato bene di inaugurare il Mu.CO (Museo d’arte COntemporanea). Qui, a detta dei critici, sono esposte le peggiori opere dei più grandi artisti contemporanei. Tra le altre, un orribile Warhol, un Dalí terrificante, due drammatici Magritte e un Duchamp inguardabile. Leonardo ci lavora da tre anni. È un’assunzione obbligatoria: ha perso due dita in un incidente e insieme alle dita anche i sogni. Ha solo una grande certezza: si chiama Andrea, una ragazza molto cattolica, osservante e praticante, che rispetta alla lettera i dieci comandamenti, non dice parolacce e, soprattutto, non fa sesso. Non fa sesso con lui, però, perché Leonardo, sul punto di farle la sua proposta di matrimonio a sorpresa, la scopre a letto con un altro. Da quel momento, la sua vita va in pezzi. Alla disperazione più nera, tuttavia, segue la vendetta. Leonardo decide di rifarsi su Andrea e sui suoi preziosi comandamenti. Li infrange tutti, sistematicamente, uno dopo l’altro.
Con un’ironia corrosiva, Francesco Muzzopappa torna al romanzo con Dente per Dente (Fazi) commedia nera che ha per protagonista un tenero quanto agguerrito ragazzo innamorato.
Nato a Bari ma milanese ormai da anni, Muzzopappa è un apprezzto copywriter, specializzato nelle pubblicità radiofoniche (ha vinto numerosi riconoscimenti in Italia e all’estero). Le sue Fiabe brevi che finiscono malissimo, realizzate in collaborazione con SIO, sono popolari in rete, e non. Con Fazi Editore ha pubblicato nella collana “Le meraviglie” Affari di famiglia (nel 2014) e Una posizione scomoda, il libro d’esordio uscito nel 2013 che presto diventerà un film. Entrambi i libri sono stati tradotti in Francia.
Con la collana Le Meraviglie, curata da Alice Di Stefano, negli ultimi anni Fazi ha dato molto spazio alla letteratura umoristica. Sul sito ufficiale (e in questo pdf), una raccolta di interviste in cui diversi scrittori italiani dicono la loro sul tema.

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