Tra la Sicilia e la Roma degli anni ’70, “Lo scarabocchio” di Cinzia Nazzareno traccia l’affresco di una società cieca e bigotta, pervasa da infiniti pregiudizi nei confronti della “diversità”, che sopprime con il biasimo e la critica qualsiasi afflato di libertà…
Dopo l’esordio, Il sole in fondo al cuore, ritorna in libreria la scrittrice siciliana Cinzia Nazzareno, con il romanzo Lo Scarabocchio (Bonfirraro Editore). L’autrice niscemese ha immaginato un viaggio all’interno di uno spaccato storico e sociale che ricrea un contesto cieco e bigotto, pervaso da pregiudizi nei confronti della “diversità”, che sopprime con il biasimo e la critica qualsiasi afflato di libertà, un’indagine sull’identità di genere.
Olmo è, infatti, un piccolo borgo siciliano degli anni ’70. È qui che vive la famiglia, apparentemente felice, di Filippo Aletta, un ex dongiovanni, adesso attorniato dalla stima sociale dei compaesani e da una ricchezza inestimabile. Soltanto il suo ultimogenito, lo strano e tormentato Gianni, detto “Genny”, gli desta alcune preoccupazioni.
Ma il ragazzo vuol sentirsi libero e, al di là delle rigorose logiche familiari, manifesta la sua vera identità che lo vede donna intrappolato in un corpo di un giovane imberbe. Il padre, in preda a una crisi di nervi, lo caccia da casa e gli intima l’immediato trasferimento a Roma. È lì che, ingenuo, spera di incontrare il vero amore…
Per molti Genny è soltanto uno “scherzo” della natura, ma quella della Nazzareno, che affronta la storia con delicatezza, funge da denuncia di quell’atmosfera culturale ancora brancatiana, ossessionata dal sesso e dalla virilità da affermare e manifestare a tutti i costi.