In scena al Piccolo Teatro di Milano “Santa Estasi – Atridi: otto ritratti di famiglia”, sotto la regia di Antonio Latella, un contenitore di otto spettacoli che racchiude tutte le vicende legate alla saga degli Atridi. Il primo capitolo, “Ifigenia in Aulide”, indaga le origini della maledizione attraverso lo sguardo e il corpo femminile – L’approfondimento

“Da dove è iniziato tutto?”

Una maledizione: Atreo, per evitare di perdere il regno, uccide i figli del fratello Tieste e organizza un macabro banchetto per offrirglieli in pasto. Questo evento segna la rovina dei discendenti di Atreo, condannati a scontare una pena di cui non sono diretti responsabili e che porterà ad altri terribili omicidi.

Questo è l’inizio della storia, della tragedia che prende vita nel progetto Santa Estasi – Atridi: otto ritratti di famiglia, un contenitore di otto spettacoli che racchiude tutte le vicende legate alla saga degli Atridi. Il primo capitolo è Ifigenia in Aulide, che mette in scena appunto il sacrificio di Ifigenia, uccisa dal padre Agamennone per agevolare la partenza dei Greci per Troia e aiutare così il fratello Menelao a ritrovare la moglie Elena, rapita da Paride.

Oltre a essere uno dei tanti adattamenti dei testi antichi, Santa Estasi è il dramma di una famiglia, come appunto evidenziato dal sottotitolo dell’opera. In Ifigenia in Aulide si assiste allo scontro tra due fratelli, tra un padre e una figlia, tra un marito e una moglie. Il tutto ambientato in una scena allestita come un interno domestico: un tavolo, tre porte, cinque poltrone, un angolo cucina e una vecchia televisione in cui vengono trasmesse, senza audio, le scene di un film di guerra, guardate svogliatamente dal coro steso sul divano (come a indicare che in realtà la vera battaglia è quella che si consuma dentro le mura di casa).

Ma di questa famiglia, maledetta e destinata a trascinare un peccato ereditario, fa parte anche il pubblico. Prima di tutto da un punto di vista fisico: la scena non si svolge su un tradizionale palco rialzato, ma sullo stesso piano della platea, a un passo dalla prima fila. Anche la presenza sul fondale di due grandi specchi che rimbalzano l’immagine di chi osserva, coinvolge attivamente lo spettatore, facendolo sentire all’interno delle dinamiche famigliari che vengono raccontate.

La femminilità, espressa attraverso il corpo di Ifigenia, è l’elemento centrale dello spettacolo. Il corpo rappresenta la carne, quella sacrificale e quella sensuale. Una volta a conoscenza del proprio destino, infatti, Ifigenia utilizza la propria sessualità come strumento per rimanere attaccata alla vita. Bacia il padre, lo tocca, si intrufola sotto il suo corpo e tra le sue braccia, pregandolo di non ucciderla. Come se l’unico modo che avesse per salvarsi fosse la seduzione. Anche sul coro vengono riversate le stesse attenzioni, gli stessi baci, ma tanto è inutile: Agamennone – l’uomo – ha già scelto, e niente servono le opposizioni della figlia o della madre Clitennestra.

ifigenia in aulide

Nello spettacolo vengono indagate le origini della maledizione attraverso “un prepotente sguardo femminile. Perché sono proprio le donne a decidere di espiare o meno le colpe dei padri, mentre gli uomini – eroi che conosciamo si stanno lentamente sgretolando”, sottolinea Francesca Merli, assistente alla regia, per descrivere il lavoro condotto su Ifigenia in Aulide.

“Da dov’è iniziato tutto?”, si chiede Agamennone all’inizio dello spettacolo, ponendo lo spettatore davanti a un interrogativo che vuole soddisfare il bisogno di trovare una causa originaria per spiegare il senso degli eventi. Per rivelare se sia davvero possibile scegliere autonomamente in un mondo caotico in cui sembra tutto già scritto.

santa estasi

LO SPETTACOLO – Santa Estasi è un progetto diretto da Antonio Latella per il Corso di Alta Formazione di ERT. Composto da 8 spettacoli, ha coinvolto il lavoro di sette drammaturghi (Riccardo Baudino, Martina Folena, Matteo Luoni, Camilla Mattiuzzo, Francesca Merli, Silvia Rigon, Pablo Solari e hanno lavorato con Federico Bellini e Linda Dalisi) e di sedici attori (Alessandro Bay Rossi, Barbara Chichiarelli, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Mariasilvia Greco, Christian La Rosa, Leonardo Lidi, Alexis Aliosha Massine, Barbara Mattavelli, Gianpaolo Pasqualino, Federica Rosellini, Andrea Sorrentino, Emanuele Turetta, Isacco Venturini, Ilaria Matilde Vigna, Giuliana Vigogna).
Il progetto ha debuttato nell’aprile del 2016, mentre a giugno dello stesso anno è stato rappresentato integralmente, otto episodi uno di fila all’altro, ore notturne incluse. Chi può, dovrebbe cogliere l’opportunità di assistere allo spettacolo integrale (sono circa 15 ore – pause comprese – spalmate in due giorni – sabato e domenica), per vivere un’esperienza teatrale completa, come quella del Mount Olympus di Jan Fabre (24 ore), o de I Demoni di Peter Stein (12 ore), e per conoscere la poetica di uno dei registi teatrali più importanti di questo periodo.

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