“E se le sue opere hanno ancora oggi un valore universale, è perché sono portatrici di lampi di profondità e di verità che continuano ad abbagliare, anche a quattrocento anni dalla morte…” Pietro Dorfles, per ilLibraio.it, celebra il teatro e la grandezza letteraria di Shakespeare

“La vita è soltanto un’ombra che cammina, un povero attore / tronfio e smanioso al momento di apparire in scena, / che poi nessuno sentirà più. È una storia / narrata da un idiota, piena di rumori e di furia, / che non significa nulla”. Il modo in cui Macbeth guarda al senso del suo essere, nel momento in cui il susseguirsi di truci delitti che lo hanno portato alla corona di Scozia mostra tutta la sua inutilità, è forse uno dei punti più alti e significativi della poetica di Shakespeare. E se le sue opere hanno ancora oggi un valore universale, è perché sono portatrici di lampi di profondità e di verità che continuano ad abbagliare, anche a quattrocento anni dalla morte.

“Tutti i nostri ieri hanno illuminato ai folli / la strada verso la polverosa morte”. Per continuare con il Macbeth, i momenti centrali del dramma sono segnati da riflessioni che scavano nell’intimo, rompono all’improvviso il velo delle convenzioni, aprono la strada a un’indagine sui sentimenti più reconditi dell’uomo. Ma sono anche parole che servono ad permettere una visione aspra e realistica di cosa rappresentano le battaglie per il potere, il confronto tra il bene e il male, lo spazio che il destino lascia al libero arbitrio e i binari insuperabili che alle volte la vita sembra imporre alle scelte dei protagonisti. “La colpa è più forte di me e sconfigge la mia volontà”, ammette Claudio, dopo aver ucciso il re di Danimarca, suo fratello.

Vale per il Giulio Cesare come per quasi tutti i drammi storici, ma anche per La Tempesta, il Riccardo III e per l’Amleto. La comparsa di elementi magici e stregoneschi, di fantasmi e di oscuri presentimenti non tolgono nulla al realismo della battaglie per la conquista di un trono. Perché se centrale è l’introspezione dei personaggi, fondamentale è il fatto che i loro traumi nascono da conflitti politici. Lo spettro di Banquo tormenta i banchetti regali di Macbeth perché il potere gli è stato sottratto. Se il dilemma di Amleto nasce dalla sua irresolutezza ad eseguire la vendetta chiesta dallo spettro del padre, è vero anche che il dramma nasce dal delitto compiuto dallo zio per impadronirsi del trono. Se Prospero deve scatenare una tempesta per vendicarsi (e far fare un buon matrimonio alla figlia) è perché è stato scalzato dal ruolo di duca di Milano. Se Riccardo, dopo la sfilata degli spettri degli uomini che ha ucciso è disposto a scambiare il suo regno per un cavallo, è perché ha usurpato il trono di Inghilterra.

Alcune opere del Bardo hanno ambientazioni di pura fantasia, alle volte surreali o magiche, come La Tempesta, ma molte delle tragedie scespiriane ripercorrono storie e miti già noti, recuperano personaggi della tradizione popolare, intrecci che hanno radici antiche. Quello che conta, dunque, non è solo il succedersi degli avvenimenti, il ritmo narrativo, che pure in Shakespeare è tumultuoso e modernissimo. E nemmeno soltanto il disegnarsi di figure emblematiche, di caratteri archetipici, anche questi colorati con tinte forti e insieme con sfumature raffinate. Quello che conta, in tutto il teatro, oltre all’azione scenica, è la potenza della parola. E in Shakespeare, per la prima volta, e in modo definitivo, la parola diventa protagonista.

La sostanza della scrittura di Shakespeare, dunque, è racchiusa in momenti di rivelazione improvvisi e folgoranti, frasi che sono entrate nell’uso comune, tanto da diventare tropi quotidiani. “Bravo, vecchia talpa!”, dice Amleto all’ombra del padre che lo segue sottoterra. Potente immagine, puntualmente ripresa da Marx. “L’inverno del nostro scontento”, dà inizio ai delitti di Riccardo, e noi lo ripetiamo a ogni cambio di stagione. “Essere o non essere” è l’emblema del dubbio esistenziale, e non c’è adolescente che non se lo sia chiesto. “Tu parli di nulla”, dice Romeo a Mercuzio, che cerca di spiegargli con l’esempio di un racconto di fate la caducità dei sentimenti: chi non lo pensa di chi cerca di riportarci con i piedi per terra. E Prospero, quando svaniscono gli spiriti evocati dalla sua magia, chiude il cerchio di una incessante ricerca che, in tutta la sua opera, Shakespeare ha cercato di tracciare attorno al senso delle nostre vite: ”Noi siamo della materia / di cui son fatti i sogni”.


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L’AUTORE – Piero Dorfles è giornalista e critico letterario italiano noto al grande pubblico grazie alla sua partecipazione al programma televisivo di Rai 3 Per un pugno di libri. Tra i suoi libri I cento libri che rendono più ricca la nostra vita, pubblicato da Garzanti.

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