ilLibraio.it ha incontrato il filosofo Silvano Petrosino, autore di un saggio dedicato a Emmanuel Lévinas e all’Europa smarrita di oggi: “Con grande originalità, il pensatore francese di origini ebraico-lituane ha messo insieme le due tradizioni: quella religiosa ebraico-talmudica e quella filosofica. Il punto di quest’unione è che il monoteismo è un umanesimo…” – L’intervista, che è l’occasione per riflettere anche su altre cruciali questioni

Il primo incontro di Silvano Petrosino con Emmanuel Lévinas è stato nel 1980. “All’epoca”, racconta, “in Italia era quasi sconosciuto. Andai a trovarlo a Parigi per portargli la tesi di laurea dedicata a lui. Da quel momento in poi, dopo un’iniziale diffidenza, s’instaurò un rapporto molto cordiale. Lévinas è morto a Parigi nel 1995”. Di quell’eclettico ebreo lituano divenuto allievo di Martin Heidegger nella Germania dell’ascesa hitleriana e poi trasferitosi in Francia portandosi dietro il lessico dell’esistenzialismo tedesco, Petrosino è oggi uno dei maggiori studiosi a livello internazionale. Per Feltrinelli, nella collana “Eredi” diretta da Massimo Recalcati, ha pubblicato una pregevole monografia (Emmanuel Lévinas, pp. 128, € 12) offrendo una chiave di lettura intrigante e originale del suo pensiero. Per Petrosino non è possibile comprendere veramente Lévinas se non all’interno del confronto fra logos biblico e logos filosofico, tra Atene e Gerusalemme, le due radici del pensiero europeo e occidentale che Giovanni Paolo II volle, invano, che fossero inserite nel preambolo della Costituzione europea.

Emmanuel Lévinas

Cosa ha da dire Emmanuel Lévinas all’Europa divisa e smarrita di oggi?
“Questo pensatore, con grande originalità, mette insieme le due tradizioni: quella religiosa ebraico-talmudica e quella filosofica. Lo fa senza farne un progetto, gli viene naturale. Questo è l’elemento bello, rappacificante. Il punto di quest’unione, secondo il filosofo, è che il monoteismo è un umanesimo”.

Che cosa significa?
“Se prendiamo la Bibbia come un romanzo, al di là se uno creda o meno, ci si accorge che il personaggio Dio parla sempre in difesa dell’uomo. Tutto il problema di Dio, nella prospettiva biblica, è quello di difendere l’uomo, salvarlo come uomo, far sì che viva bene, anche quando gli dà dei comandi. Il Dio biblico non difende il suo primato, questo è evidente. Lévinas non è originale in questo ma lo ribadisce con grande forza. Nella Bibbia non si parla dell’immortalità dell’anima ma si parla dell’orfano e della vedova, del povero e dello straniero. Questo è il cuore stesso del cristianesimo: non è possibile avere nessun rapporto con Dio se non passa dal rapporto con i fratelli. Ogni rapporto che uno immagina o sogna diretto con Dio è, in realtà, il rapporto con un idolo. È il concetto di carità”.

Qual è il collegamento con la filosofia?
“Lévinas dice che questa idea la ritroviamo anche nella tradizione filosofica dove c’è una grande riflessione sull’uomo. L’Europa mette insieme due cose: il valore della singola persona e il tema della giustizia. L’Occidente si fonda sul valore della persona e sulla giustizia che sono le due grandi idee bibliche che si ritrovano anche nella filosofia occidentale, da Socrate in poi. Pensiamo a Platone quando afferma che è preferibile subire un’ingiustizia che compierla. Da questo punto di vista, ad esempio, è significativo che Lévinas avesse una forte simpatia per Karl Marx proprio sull’idea della giustizia. La riflessione di Lévinas mi sembra molto utile per problematizzare l’idea di Occidente”.

Cosa vuol dire oggi essere occidentali?
“Il rischio attuale è quello di ridurre l’Occidente alla proprietà privata, al fatto ad esempio che ‘il corpo è mio e lo gestisco io’. Mi ha colpito molto quando il direttore di Charlie Hebdo, Laurent Sourisseau, affermò che il diritto alla blasfemia è un atto di civiltà. Se questo è l’Occidente, è un disastro”

Ma la proprietà privata, per stare alla sua provocazione, non è certo un male.
“No, ma il problema è la misura. La filosofia ha fatto uno sforzo enorme per tenere insieme giustizia e persona. Oggi, però, sotto la spinta della scienza, della tecnica e della cultura consumistica, l’Occidente in quanto tale si sta corrompendo fino a distruggersi. Sta riducendo, ad esempio, l’idea di persona alla proprietà privata. Lo strapotere della tecnica si sta trasformando in un delirio di onnipotenza”.

Può fare qualche esempio?
“La tecnica in Occidente ha trasformato il figlio da dono a diritto. La sapienza tradizionale, affidandosi alla natura, lo intendeva come dono e questo aiutava le coppie che non potevano averne ad accettare il limite. Trovo sconcertante che gli intellettuali occidentali oggi non riflettano abbastanza sulla questione della tecnica che ha raggiunto la vita come dimostra il business degli ovuli. L’affermazione martellante dei diritti, avanzata da molti progressisti, finisce per riproporre l’ideologia consumistica che non tollera alcun limite e ha bisogno di abolire qualsiasi valore e gerarchia che non siano quelli del consumare e basta”.

Perché Lévinas sostiene che tra logos biblico e logos filosofico c’è un’intimità e, al contempo, una distanza.
“Il logos religioso è legato strettamente al limite. L’uomo religioso, a qualunque tipo di religione appartenga, riconosce sempre un limite e una dipendenza. La filosofia, che è la manifestazione del pensiero e del sapere, rischia di affermare l’autonomia e non la dipendenza e in questo rischia di perdersi. La tentazione della filosofia, dice Lévinas, è quella di escludere tutto ciò che essa non riesce a pensare. Mentre tra filosofia e religione c’è una vicinanza attorno alla figura dell’uomo e all’idea di giustizia, sul riconoscimento del limite rischiano di allontanarsi e divergere. Le faccio un esempio: quando il presidente americano George W. Bush bombardò l’Iraq introdusse questa assioma: ‘non c’è libertà senza democrazia, non c’è democrazia senza sicurezza’. Questa è un’idea precisa dell’Occidente. Giovanni Paolo II capovolse l’assioma affermando che non c’è libertà senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono. Queste due posizioni si trovano attorno all’idea di libertà, si trovano in qualche modo attorno all’idea di giustizia ma l’Occidente rischia di interpretare la giustizia quasi meccanicamente, nella forma della sicurezza, laddove la sapienza biblica e religiosa introduce invece  l’elemento del perdono, del dono, di un uomo che dice: io agisco ma non controllo tutto”.

silvano petrosino

In che senso Lévinas afferma che il logos è etico?
“Questo concetto è legato all’idea di creazione. Secondo una certa tradizione, la creazione non è da legare tanto al fatto che Dio è onnipotente, certo lo è, ma al fatto che, creando, Dio ha fatto un passo indietro, ha lasciato essere qualcuno che non è se stesso. Il mistero della creazione è l’alterità. Dio, che non ha bisogno di nulla, ha permesso che ci fosse un altro essere autonomo e libero da lui. È un mistero che lo stomaco di Hitler continuasse a funzionare nonostante tutto il male compiuto ma Dio anche a Hitler ha donato l’essere, non gliel’ha prestato. Questa idea di creazione è centrale nel logos biblico: Dio si è limitato per fare posto all’altro. E nel momento stesso in cui pone l’altro, compie un atto etico, lo fa essere a tal punto che ne permette la libertà e la disobbedienza e non lo fulmina se fa il male. Il rischio che Lévinas vede in certa filosofia è la neutralità, il pensare in modo neutro”.

Essere creati a immagine e somiglianza di Dio, come dice la Bibbia, significa questo?
“Su questo le interpretazioni si sprecano. Io credo, come riconosce una certa tradizione, che come Dio è stato capace dell’altro, ci ha resi anche capaci dell’altro. L’uomo è capace di riconoscere l’altro come irriducibile a sé, ed è capace di non ucciderlo perché irriducibile a sé. La mia somiglianza con Dio è che sono capace dell’altro. Questa capacità può prendere due strade: l’accogliere o il distruggere. Però la seconda ipotesi dimostra che il distruggere non è un fatto patologico di un uomo matto ma la grande possibilità data da Dio all’uomo nei confronti dell’altro”.

Eppure, non di rado, sul male ci sono letture semplicistiche, cioè che sarebbe legato alla stanchezza o alla noia.
“Guardare in faccia tutto questo è terribile: il male non è legato alla stanchezza o alla noia ma c’è una volontà. E questa volontà nasce dall’idea di poter ricominciare tutto daccapo. Io distruggo l’altro perché, a un certo punto, tento di tirarmi su dai capelli come fa il barone di Münchhausen. L’uomo distrugge non per distruggere e basta ma per ricominciare. Hitler è stato questo, il suo obiettivo era ricominciare da zero. Nel male dell’uomo c’è qualcosa che attiene all’idea di origine che tu hai con te stesso. Il concetto di peccato originale non è il peccato che è avvenuto alle origini ma che ha a che fare con l’origine. L’uomo religioso concepisce l’origine come qualcosa di non dominabile, è un dramma ma è data. La filosofia omette il peccato originale, cerca di girarsi ma è impossibile. Sade non vuole il corpo di Justine, ce l’ha sempre, Sade vuole Justine, vuole essere il suo dominus, questo è impossibile e non potendo ripiega sulle catene».

 

 

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