Simonetta Agnello Hornby è tornata in libreria con “Nessuno può volare”, la storia di un viaggio con il figlio George alla ricerca dei legami tra arte e disabilità che, come ammette la scrittrice in un’intervista a ilLibraio.it, “non ci sono”, perché “nell’arte greca, romana, e più in generale europea, c’è spazio solo per la perfezione”. L’autrice siciliana, che da quarant’anni vive in Gran Bretagna (e che non tralascia le critiche alla Brexit), racconta anche il legame della sua famiglia con l’Italia e confessa di “cucinare piatti siciliani ai nipoti”, perché “il cibo è cultura”

Simonetta Agnello Hornby, amata scrittrice palermitana, cittadina inglese e italiana, ma anche madre e nonna (e avvocato) si è posta una domanda: come è stata raccontata finora la disabilità nell’arte? E così ha intrapreso un viaggio, il secondo, con il figlio George, affetto da sclerosi multipla.

Simonetta Agnello Hornby

Simonetta Agnello Hornby e il figlio George

Se il primo viaggio – che si snodava da Londra alla Sicilia – è stato testimoniato in un film documentario, Io & George, andato in onda su Rai3 nel 2015, il secondo è raccontato da un libro, Nessuno può volare (Feltrinelli)  e da un documentario omonimo, in onda il 25 ottobre alle 21.10 in prima tv assoluta su laF (canale 139 di Sky; mercoledì 11 ottobre, alle ore 20,30, si terrà a Milano, presso la Fondazione Feltrinelli, l’anteprima nazionale del film).

Nel libro il viaggio si lega a una riflessione più ampia che include anche la famiglia d’origine dell’autrice, dove la disabilità è sempre stata vista e vissuta con normalità, a partire dalla zia cleptomane, fino alla bambinaia zoppa, e quella da lei creata in Gran Bretagna. E vede prendere forma la storia del figlio George, anche lui avvocato, che ha scoperto la malattia solo dopo numerose visite e analisi.

Simonetta Agnello Hornby

Simonetta Agnello Hornby, come è nata l’idea dietro a Nessuno può volare, ossia di unire al libro un film documentario?
“Volevo compiere un viaggio attraverso l’Italia con mio figlio per comprendere la situazione di chi è disabile in questo paese. Il libro è la visione letteraria dell’esperienza, mentre per interessare molte più persone e coinvolgerle in una storia di disabilità c’è il film”.

In seguito al suo viaggio, quali legami ha scoperto tra arte e disabilità?
“Mi sarebbe piaciuto trovarne, ma non ci sono. Nell’arte il disabile o è grottesco, come nel caso del Nano Morgante che abbiamo visto a Firenze, oppure è cattivo. Nell’arte greca, romana, e più in generale europea c’è spazio solo per la perfezione”.

Cosa ha significato per lei viaggiare con suo figlio?
“Avevo già viaggiato con George e in quell’occasione lo avevo aiutato a lavarsi e vestirsi, ora invece ho raggiunto i settant’anni e ho paura di cadere e fare del male sia a mio figlio sia a me stessa. Per questo motivo durante quest’ultimo viaggio George aveva un assistente. A parte ciò, nella mia famiglia non notiamo la disabilità. Come si vede nel documentario, tra di noi comunichiamo come madre e figlio, non come madre e figlio disabile”.

Tra i romanzi che raccontano la disabilità ci sono letture che l’hanno colpita, e magari ispirata?
“In realtà, finora, non mi è capitato di incontrare questi romanzi”.

Da più di quarant’anni lei vive in Gran Bretagna: cosa la unisce ancora al suo Paese natale? E invece qual è il rapporto dei suoi figli e dei suoi nipoti con l’Italia?
“Io sono siciliana, italiana e inglese: ho tre paesi. E sono abituata a sentirmi parte di più nazionalità. I miei figli sono per metà italiani e sentono questa duplicità. I miei nipoti, invece, sono solo per un quarto italiani. E come mi ha ricordato mio figlio, c’è un motivo se si dice ‘lingua madre’: i miei nipoti, infatti, hanno mamme inglesi e non sanno quasi nulla in italiano. Tuttavia, la cultura non si basa tanto sulla lingua, che nel giro di tre generazioni si perde, ma sulla cucina, perché si vive mangiando. E io ho sempre cucinato piatti siciliani ai miei nipoti. Anche se ora, con Brexit, i miei figli vorrebbero dare ai miei nipoti la cittadinanza italiana”.

A proposito di Brexit…
“Si tratta di una grande stupidaggine. Ma nasce da un problema comune a tutta l’Europa: la classe politica è debole nella forza così come nell’onestà. Non ci sono più ideali comuni. In futuro si risolverà, tra dieci anni l’Unione Europea sarà diversa da quello che è ora”.

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