Nelle sale arriva l’atteso settimo episodio della saga. E si leggono i commenti più svariati. A chi sostiene che Star Wars sia solo un “filmetto”, risponde la scrittrice Anna Talò. E cita “Gli insegnamenti di Don Juan” di Carlos Castaneda e “Il signore degli anelli” di J. R. R. Tolkien…

di Anna Talò*

Pur in questi giorni di entusiasmo collettivo per l’uscita del Risveglio della Forza, settimo episodio della saga di Star Wars, qualche scettico si incontra sempre. Qualcuno che non capisce come mai vi siate scapicollati a comprare i biglietti e conviviate con un pupazzo parlante di Yoda. Qualcuno che liquida Guerre Stellari come un filmetto di fantascienza, che è pura blasfemia.

George Lucas dichiarò di aver preso ispirazione dalle grandi epopee western e dal cinema di Kurosawa. A me è sempre sembrato un po’ poco, forse perché i western e Kurosawa mi fan venire il latte alle ginocchia, forse perché questo non spiega l’idea di universo che è la struttura portante sulla quale regge la storia. Io ci ho sempre visto – George mi perdonerà: sono pur sempre una fan accanita – un pizzico di Castaneda e pure di Tolkien.


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Lucas iniziò a buttar giù la trama della saga agli inizi degli anni settanta e il primo libro di Carlos Castaneda, Gli insegnamenti di Don Juan (Rizzoli), esce nel 1968. La relazione tra Castaneda e lo stregone don Juan Matus è di insegnamento a due e ricorda quello fra il maestro Jedi e il suo padawan; e l’universo che don Juan descrive è di pura energia: il guerriero è colui che sa vedere e muoversi oltre l’apparenza, e per questo le sue azioni, all’ignaro spettatore, sembrano magia. “Ci sono molte cose che un guerriero può fare in un determinato momento e che non avrebbe potuto fare anni prima. Non perché le cose siano cambiate: ciò che è cambiata è l’idea che lui ha di sé”, dice don Juan nell’Isola del tonal (Rizzoli), e sembra paro paro una delle lezioni che Yoda dà a Luke Skywalker nell’Impero colpisce ancora, sul pianeta Dagobah, quando questi sostiene di non poter far riemergere la sua astronave dal lago nel quale si è inabissata: “Maestro, spostare delle pietre è una cosa, questo è del tutto diverso!” “No – risponde Yoda – non diverso. Solo diverso in tua mente. Devi disimparare ciò che hai imparato. (…) La grandezza non conta. Guarda me, giudichi forse me dalla grandezza? Non dovresti farlo infatti, perché mio alleato è la Forza, ed un potente alleato essa è. La vita essa crea ed accresce. La sua energia ci circonda e ci lega.”


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Un altro punto in comune è la ricerca del distacco emotivo: le grandi passioni vanno sedate. In Castaneda perché sono il cibo dei Voladores, parassiti alieni che si nutrono del nostro egocentrismo, della violenza, degli eccessi, di tutte le emozioni forti, le stesse che fanno scivolare un aspirante Jedi nella dannazione: “La paura porta all’ira, l’ira all’odio, l’odio conduce alla sofferenza. La paura è la via per il Lato Oscuro”, spiega Yoda nella Minaccia fantasma.

Ma, soprattutto, è possibile gabbare la morte: il corpo dello sciamano, in Castaneda, sparisce e si trasforma in energia consapevole. Che è quel che succede a Obi-Wan Kenobi (il quale dice a Darth Vader, in Una nuova speranza: “Se mi abbatti, io diventerò più potente di quanto tu possa immaginare”) e a Yoda.

In Castaneda c’è conoscenza, c’è lotta per la sopravvivenza, però non esistono precetti di natura etica; in Star Wars, al contrario, ci sono un Bene e un Male, e si combatte non per se stessi, bensì per un ideale comune. Il mondo che Tolkien crea, nella trilogia del Signore degli anelli (Rizzoli), in questo senso è perfetto: c’è da scegliere da che parte stare, per salvare la bellezza, la pace e la civiltà. Altre sono le somiglianze: c’è Frodo, eroe inconsapevole, che deve opporsi al potentissimo Sauron, come il ragazzotto ingenuo Luke è chiamato ad affrontare l’Imperatore; inoltre, per prendere il potere assoluto, Sauron ha bisogno di un esercito di orchi, che viene realizzato artificialmente, tanto quanto quello dell’Imperatore di Star Wars, che è fatto di cloni (nell’episodio II, L’attacco dei cloni), e la Compagnia dell’Anello è costituita da creature che vengono da diverse terre, così come la Ribellione le attira da diversi pianeti, e tutte con peculiarità evidenti.

Ma se la visione di Carlos Castaneda è oscura e disperante, e fortemente individualista, in Guerre Stellari e nel Signore degli anelli puoi cullare una visione magica dell’esistenza, piena di mistero, di cose da scoprire, di battaglie da combattere, di senso condiviso. Che tu sia credente o ateo non importa, perché non c’è un dio dal quale emana l’energia che i personaggi muovono (si tratta di una forza naturale, non soprannaturale), o che indichi la strada da percorrere, o meglio: non se ne fa menzione. Ogni personaggio decide per sé, risponde a sé e a un bene collettivo, il senso che dà alle sue azioni è nel qui e ora. Non c’è ostacolo nell’immedesimazione, dovunque tu sia, qualsiasi sia la tua esperienza. In fondo tutti vorrebbero essere straordinari e fare cose straordinarie, e attirare il telecomando con il pensiero.

*L’AUTRICE – Anna Talò è autrice, giornalista, traduttrice. Ha scritto per Corbaccio Le vere signore non parlano di soldi e Meditazioni per donne sempre di corsa. Volevo solo una vita tranquilla! è il suo primo romanzo.Qui il suo sito.

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