Chi era il creatore di un prodigio industriale e sportivo che ha conquistato estimatori e tifosi in ogni angolo del pianeta? Su IlLibraio.it un estratto dall’intervista a suo figlio, Piero Ferrari, firmata Leo Turrini…

Dietro e dentro ogni mito, c’è sempre un uomo. Spesso nascosto dal fascino della leggenda. Chi era veramente Enzo Ferrari, il creatore di un prodigio industriale e sportivo che ha conquistato estimatori e tifosi in ogni angolo del pianeta? Un uomo difficile, scontroso, implacabile, addirittura cinico all’occorrenza, come molti lo hanno dipinto? Oppure dietro la proverbiale freddezza del Drake si nascondeva una personalità complessa e molto più sfaccettata di quel che la gente pensava – quella di un gigante solitario, costretto a scontare la sua grandezza e la sua visionarietà con la solitudine delle sue scelte?  Tanti hanno cercato di dare una risposta a questa domanda. Il libro + dvd “Mio padre Enzo – Dialoghi su un grande italiano del Novecento” (Wingsbert House), con l’intervista a Piero Ferrari di Leo Turrini, offre una nuova chiave di lettura, quella del figlio del Drake di Maranello.

Su IlLibraio.it le prime pagine dell’intervista
(pubblicate per gentile concessione dell’editore)

Leo Turrini: Piero, c’è una riflessione che mi ha sempre incuriosito molto. Enzo Ferrari aveva la percezione e la consapevolezza di essere Enzo Ferrari? Cioè, di quello che rappresentava in Italia e nel mondo?

Piero Ferrari: Quanto fosse conosciuto, intendi? Forse, forse lo sapeva. Lo sapeva per la sua notorietà… perché leggeva, leggeva i quotidiani e vedeva quante volte parlavano di lui e della Ferrari sulla stampa. Ma anche in tv, dato che la tv stava cominciando a diventare uno dei media più importanti. Forse all’estero no, lui non è mai andato in America. Gliel’ho raccontato io di quanto fosse famosa la Ferrari negli Stati Uniti.

Ed era sorpreso, quando tu glielo hai raccontato, che per esempio in America era un mito?

Sì, gli faceva piacere, però lui si è sempre rifiutato di volare e quindi non ha mai avuto l’occasione di andare negli Stati Uniti. La notorietà… forse a livello mondiale non ne aveva molta consapevolezza.

Una cosa che io ho sempre trovato straordinaria è proprio quella che hai citato tu prima: un uomo che, addirittura dalla seconda metà degli anni Trenta non ha voluto più mettere piede a Roma, e che quindi si è rinchiuso in quello che prima era il suo regno, diciamo, il suo territorio, fra Maranello e Modena… come abbia fatto ad acquisire questa fama planetaria. Perché oggi viviamo nell’epoca della comunicazione, ma già allora era difficile prescindere da tutto questo. Ecco, tu come te la spieghi questa contraddizione?

Mah, lui non amava viaggiare, non amava dormire fuori casa. Lui, quando lavorava a Milano per l’Alfa Romeo, faceva Modena-Milano, Milano-Modena in giornata (non c’era l’autostrada). Lui aveva queste abitudini qua. Era molto abitudinario. Aveva paura di volare, aveva paura degli ascensori perché restò bloccato in ascensore a Palermo durante una Targa Florio e si rifiutò di prenderlo successivamente. Era una persona che aveva le sue abitudini e non voleva venir meno a queste cose. Quindi non sentiva la necessità di viaggiare. Poi forse, a Maranello, nel suo ufficio, dopo nella sua casa alla pista di Fiorano, era il re e riceveva le persone che venivano da tutto il mondo.

Dava udienza…

Sì, dava udienza. A lui piacevano queste cose. Chi voleva parlargli doveva venire a Maranello.

A proposito di visite, perché è noto che da Enzo Ferrari si è presentato il mondo: principi, attori, attrici, grandi imprenditori, uomini di governo, mi racconti come andarono le cose quando per la prima volta venne un presidente della Repubblica, quando Sandro Pertini venne a visitare Enzo Ferrari. Persino un presidente della Repubblica: si mosse lui per venire dal re d’Italia, simbolicamente. Come andò?

Come andò… pensavamo che fosse un incontro che sarebbe durato più del previsto, perché lui era in visita ufficiale, qui a Modena. Venne a Maranello, lo ricevemmo, mio padre lo aspettava sulla porta e tutti pensavano che sarebbe durato mezzora, un’ora: erano persone della stessa età, quindi avrebbero potuto raccontarsi un sacco di cose e, invece, in dieci minuti finì tutto. E non sappiamo perché. Non disse mai nulla, mio padre. Ovviamente da Pertini non abbiamo saputo nulla, però forse non ci fu feeling, non scattò qualcosa di particolare. Pertini poi venne a vedere la gestione sportiva, a vedere la Formula 1, voleva vedere le minigonne, ma le avevano abolite l’anno prima. Quindi la visita fu breve, più breve di quanto si pensava.

Te l’ho chiesto perché c’è una leggenda che circonda questo incontro: si dice che Enzo Ferrari si irritò perché Pertini arrivò a bordo di una Maserati. E quindi in nome dell’antica rivalità sportiva, e anche industriale, tra Ferrari e Maserati, lui vide in questa auto del capo dello Stato una sorta di sfregio. Poteva essere un’interpretazione corretta, secondo te?

Mah, l’interpretazione sì, ma è una mia interpretazione, perché mio padre non parlava di queste cose. Sicuramente mio padre non desiderava farsi fotografare insieme a Pertini con la Maserati sullo sfondo. Ecco, questo ha cercato di evitarlo. Secondo, non amava farsi baciare da Pertini. Sai che Pertini baciava tutti… e lui gli diede la mano, con il suo fare sostenuto. E lo tenne a una distanza che… Pertini non lo abbracciò! C’è stato questo inizio un po’ strano.

(continua in libreria…)

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