Dall’eros all’amicizia, dalla politica alla conoscenza, dalla bellezza alla morale, Platone e Aristotele, Eraclito e Democrito, Epitteto e Marco Aurelio, Epicuro e Lucrezio, Seneca e Cicerone ci insegnano ad abbandonare le vie sbagliate e gli errori più comuni per trasformarci in fortunati cercatori di felicità. Lo dimostra “Istruzioni per rendersi felici – Come il pensiero antico salverà gli spiriti moderni” (Guanda), il nuovo libro di Armando Massarenti, responsabile del supplemento culturale “Il Sole 24 Ore Domenica”. Massarenti suggerisce una via per trovare, ognuno con i propri mezzi, l’equilibrio necessario. 

 

Ed ecco un estratto, pubblicato per gentile concessione dell’editore.

 

 

Amici di tutti, amici di nessuno

 

E’ facile dire amicizia. Nell’epoca di Facebook e del proliferare dei social network, delle rimpatriate virtuali, dei mille contatti dei nostri avatar e del chiacchiericcio su WhatsApp lo è ancora di più. «È opinione comune che coloro che hanno molti amici e che trattano familiarmente tutti non siano amici di nessuno » scriveva Aristotele. Nell’era del suo infinito dilagare è lui che può darci qualche suggerimento su che cosa davvero sia l’amicizia. La scuola di Aristotele, il Liceo, aveva come missione quella di formare alla vita filosofica, nel senso di « una filosofia praticata, vissuta, attiva, apportatrice di felicità », per dirla con Pierre Hadot, dove l’amicizia era coltivata come un valore fondamentale. Filosofo teoretico per eccellenza, ad Aristotele non è affatto estranea la dimensione pratica della filosofia. Lo si capisce bene proprio dalla trattazione meticolosa che troviamo nell’Etica nicomachea sui diversi modi di pensare l’amicizia.

C’è chi è attratto da persone simili per gusti, carattere, personalità, e pensa di poter stabilire solo con loro un rapporto stabile e duraturo. Questi ritiene che l’amicizia « sia una sorta di somiglianza e che coloro che sono simili siano amici, donde il detto: ‘Il simile va verso il suo simile’ ». C’è chi invece ricorda, confortato dalla saggezza popolare, che sono gli opposti ad attrarsi, in amore ma anche nelle amicizie più profonde. Del resto, cos’è l’amore se non « in un certo senso un eccesso di amicizia, che si rivolge verso una persona sola »? Ma la premessa di ogni amicizia viene dal consiglio pratico di imparare innanzitutto a conoscere se stessi e a fare amicizia con se stessi, perché « i rapporti con le persone che ci sono vicine e le caratteristiche in base alle quali si definiscono le amicizie provengono dal rapporto dell’individuo con se stesso ». Amici di tutti, amici di nessuno – si diceva. Ma fondamentale è senz’altro, se si vuole padroneggiare l’arte dell’amicizia profonda (o, come dice Aristotele, « perfetta »: che non si basa sull’utilità, l’interesse, o un piacere temporaneo), non dimenticare che quello alla socialità è un impulso naturale, connaturato all’animo umano. Scrive Seneca all’amico Lucilio, nella lettera numero 48 delle Epistulae morales: «L’amicizia fa sì che ci sia tra noi due comunanza di tutte le cose […] si vive in comune. E nessuno può vivere felice se bada soltanto a se stesso, se tutto rivolge al proprio interesse: devi vivere per un altro se vuoi vivere per te stesso ». E ancora: « Questo vincolo, che unisce gli uomini tra loro e per il quale vi è un diritto comune a tutto il genere umano, se è rispettato con diligenza e con scrupolo, giova moltissimo a rinsaldare quel vincolo più stretto dell’amicizia, di cui parlavo: infatti avrà tutti gli interessi comuni

con l’amico chi ne avrà molti comuni con gli uomini ». È su questa nostra natura che dobbiamo fondare, coltivandole nel tempo, le virtù, fatte di attitudini e di esercizi quotidiani, che giorno per giorno ci rendono migliori e più maturi. Siate perciò amici il più possibile
dei vostri simili, perché « l’amicizia non è soltanto una cosa necessaria, ma anche bella […] Colui che è destinato a essere felice avrà bisogno di amici virtuosi ». Perché è con loro che potrà far crescere le proprie virtù.
 

(continua in libreria…)

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