“Parlare di origini in questo momento ha un retrogusto amaro. Perché lanciarsi non è facile, anche quando dietro di te non c’è più niente. Devi avere spalle larghe e braccia allenate per nuotare, perché potresti dover nuotare tanto”. Emma Piazza, all’esordio con “L’isola che brucia”, riflette con ilLibraio.it sull’appartenenza ai luoghi e sulla speranza del passato. A partire da due romanzi che sono legati al tema: “Furore” di Steinbeck e “Patria” di Aramburu

Quando ho iniziato il mio romanzo, ero sicura di voler parlare delle origini, e del significato di appartenenza. Scrivere, per me, già vuol dire appartenere a qualcosa. La mia lingua è la mia casa. Eppure non vivo nel mio paese da tanti anni. In me c’è soprattutto del passato, il futuro è misero, è un passo in un giorno che non è ancora iniziato, invece di passato sono piena. Quando emigri è normale ragionare su questi argomenti. Le tue radici non sono più sotto terra, ma aeree, ma non per questo meno resistenti.

Uno dei miei libri preferiti è Furore di Steinbeck. Tra le altre tante cose che è Furore – un viaggio straordinario, soprattutto nell’animo umano, una ricerca di fratellanza assoluta, basta pensare all’ultima scena – è anche un libro che si interroga sul significato di appartenere a un luogo. I personaggi di Furore a un certo punto si domandano: “Come sapremo di essere noi senza il nostro passato?”. I protagonisti partono alla ricerca di un paradiso annunciato – che paradiso non sarà – che forse, un domani, potrebbe costituire per loro un nuovo punto di partenza. Ma se un occhio punta alla meta lontana, l’altro non perde di vista la strada che hanno percorso.

Parlare di origini in questo momento ha un retrogusto amaro, e questo libro è talmente attuale da far male. Perché lanciarsi non è facile, anche quando dietro di te non c’è più niente. Devi avere spalle larghe e braccia allenate per nuotare, perché potresti dover nuotare tanto. Ma partire non significa solo questo, non c’è solo orrore. Può voler dire anche tornare, o trovare, o contribuire a qualcos’altro, decidere di appartenere a qualcosa di diverso. Creare qualcosa di nuovo. Siamo una generazione mobile, con così tante possibilità che a volte fa quasi paura, eppure quando ci voltiamo indietro dovremmo poter riconoscere qualcosa.

Per lavoro, un anno fa circa, mi sono imbattuta in un libro che sarebbe uscito dopo poco in Spagna, si chiama Patria di Fernando Aramburu. Patria è un libro che tocca diverse tematiche, la famiglia, i rapporti tra le persone, ma soprattutto parla dell’appartenenza a un luogo, a un ideale, e come questo sentimento, o la sua assenza, o il suo rifiuto, orchestrino l’esistenza delle persone. Alcuni personaggi si negano a riconoscersi nelle proprie radici, altri ci sono rimasti impigliati dentro per tutta la vita, altri ancora, finalmente, dopo tanto tempo, riescono a liberarsene. Io stavo scrivendo il mio primo romanzo, e mi chiedevo come mai le origini e luoghi fossero così importanti nella vita di tutti i giorni, anche se li ignoriamo, anche se ce ne disinteressiamo. Anche se ce ne andiamo.

Questi due libri, Furore e Patria, nonostante così lontani nel tempo, sono due libri stupendi e struggenti e dolorosi, ma anche intrisi fino all’ultima pagina di una mai morta speranza. E soprattutto rendono perfettamente l’idea di cosa significhi appartenere a un luogo, a un ideale, a una storia. Mi hanno portata a ragionare sul significato profondo delle origini: qualcosa di talmente sottile, in un mondo nomade come quello attuale, eppure talmente forte da legare insieme futuro e passato, vendette e perdono, da riportarti sempre da dove sei venuto, anche quando emigri, da farti per sempre chiedere chi sei stato e a cosa appartieni, per scoprire chi sei e dove stai andando.

Emma Piazza L'isola che brucia rizzoli copertina

L’AUTORE E IL LIBRO – Emma Piazza, classe ’88, è nata a Pavia e vive a Barcellona, dove lavora come scout letterario. L’isola che brucia (Rizzoli) è il suo romanzo d’esordio. Nell’isola della vendetta nessuno dice mai la verità. Therese è sull’orlo del precipizio di Cap Corse, cerca un modo di guardare giù e sfidare le vertigini. Un lembo bianco volteggia in aria, il corpo di sua nonna riverso sulla roccia. È una casa maledetta in un luogo maledetto, quella che sua nonna le ha lasciato in eredità, sul ciglio della scogliera corsa. Therese è sola, incinta in un momento sbagliato di un uomo ancor più sbagliato. E la Corsica, il nuovo luogo che dovrebbe chiamare casa, è il luogo in cui vive suo padre, che non ha mai smesso di farle paura. Sapeva che non doveva tornarci, ma era disperata: non ha saputo resistere al richiamo di quella terra aspra e senza tempo, piena di ricordi dolorosi ma ugualmente allettante. Ma ora è tardi per i rimpianti, deve pensare solo a fuggire: perché qualcuno la sta cercando e vuole farla prigioniera.

L’INIZIATIVA SUI SOCIAL – Per promuovere il romanzo d’esordio di Emma Piazza, L’Isola che brucia, la casa editrice Rizzoli ha coinvolto un lettore d’eccezione in un’esperienza inusuale. Ha proposto in anteprima il romanzo a una star del web, Gordon, che ha fatto suo il libro tanto da partire davvero per la Corsica alla scoperta dei luoghi del libro.  Come ha sottolineato lo stesso Yuri Gordon Sterrore: “Quanti hanno desiderato, leggendo un libro, di viverlo davvero, di tuffarsi nelle pagine ed entrare in una realtà parallela, un po’ come Alice. Io l’ho fatto sul serio, ho letto l’ultima riga, chiuso il libro e sono partito ed è stata un’esperienza pazzesca. Un viaggio che ho intrapreso con l’emozione della prima volta e che mi ha lasciato solo la voglia di ripartire”.

Fotografia header: Credits by Elda Papa

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