Su ilLibraio.it un estratto da “Il mestiere dell’aria che vibra – Una visita guidata nei segreti della musica e dell’opera lirica”, libro firmato da Marco Tutino, uno dei più importanti compositori italiani

Marco Tutino, uno dei più importanti compositori italiani, è in libreria con Il mestiere dell’aria che vibra – Una visita guidata nei segreti della musica e dell’opera lirica (Ponte alle Grazie). Nel volume autobiografico Tutino ci racconta la passione per il suo lavoro, la genesi delle sue opere e i segreti del palcoscenico, le scelte tecniche e le fatiche organizzative che stanno dietro un singolo allestimento o una stagione teatrale, gli incontri felici e i feroci scontri con il potere, in tutte le sue incarnazioni.

Mentre la sua storia di musicista e di sovrintendente poco avvezzo ai compromessi si intreccia con la storia nazionale, sfilano le grandi opere antiche e moderne che compongono il grande repertorio lirico, complete di istruzioni per l’uso. E, tra le righe, affiora la danza gioiosa e leggera della creazione artistica, fatta di ispirazione e di artigianato, di rigore e di abbandono, di piccole, improvvise illuminazioni.

Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo il decalogo contenuto nel libro, in cui Tutino svela cosa ha imparato dalla musica:

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1)    Il Tempo. Ho imparato dalla musica che c’è un tempo interiore, differente da quello dell’orologio, e che non sempre la percezione soggettiva è necessariamente illusoria: a volte, è l’orologio che sbaglia.

2)    L’Armonia. Per apprezzare la consonanza, è necessario accostarla alla dissonanza: una successione di fatti concordanti alla lunga è stucchevole. Diffidare dunque di coloro che sono sempre in sintonia con te, che ti lodano a prescindere, che non dissentono mai: c’è sotto qualcosa. Ogni tanto, qualcuno che ti ricordi che sei umano e fallibile ti farà apprezzare con maggior soddisfazione una meritata lode.

3)    La Melodia. Spesso sei solo. Non per questo non sei in sintonia con gli altri, non per questo sei perso: la vera melodia è autonoma, ma si esalta con l’accompagnamento, anche se occasionale. Puoi imparare dalla melodia che si può rimanere se stessi anche soli, e che si deve rimanere se stessi anche in compagnia.

4)    Il Ritmo. Senza il ritmo, il tuo talento, qualsiasi talento, è inutile. Non servirà aver chiare le cose, non servirà la coscienza: se sbagli il momento, la tua energia andrà sprecata. La scelta del tempo è essenziale per realizzare i tuoi desideri; altrimenti, resterai nel limbo indistinto delle aspirazioni.

5)    La Forma. È più importante la scatola o il suo contenuto? Falso problema: la scatola è sovente anch’essa il contenuto. Nessuno vi perdonerà una buona intenzione, se male espressa: tutti si ricorderanno della sgradevolezza e non del suo vero significato. La forma è sostanza, è banale, ma la musica ti rammenta che alle volte la forma può diventare la ragione delle scelte: può prevalere sulla presunta sostanza. O ancora: che la sostanza, alle volte, non c’è.

6)    La Concentrazione. Senza la concentrazione, la musica non esiste. Per questo, dalla musica ho imparato quanto sia illusorio pensare che davvero si veda quello che si guarda, si comprenda quello che si legge, si ascolti quello che si sente, si senta quello che si tocca… La concentrazione, sempre, in qualsiasi attività è necessaria per raggiungere il cuore: e dunque, anche in amore, bisogna imparare a concentrarsi. Non è semplice; è necessario l’esercizio.

7)    L’Esercizio. Esercitarsi non è solo riservato agli atleti e agli strumentisti: dovrebbe essere un metodo estendibile a tutte le attività dalle quali ci aspettiamo grandi soddisfazioni. Ci si può esercitare a tutto, ma sono necessari i maestri.

8)    Le Classifiche. La musica insegna meglio di altre discipline che le categorie, le scale di valori, la serie A e la serie B sovente ingannano. La musica bella può risiedere nella più semplice canzonetta, la musica brutta nella più complessa delle partiture, e dunque rammentiamoci che il senso di superiorità non conduce a nessuna verità, ma riconduce solo e sempre al nostro io più meschino.

9)    La Collaborazione. La musica insegna a stare insieme: anche questo è banale. Ma è curioso come l’esecuzione di qualsiasi musica richieda lo stesso tipo di collaborazione che le particelle impiegano per diventare nuclei, e gli atomi per diventare corpi. Tuttavia, ciascuna frazione conserva una sua propria intelligenza, dunque il mondo sembra essere una matrioska e non si capisce bene se sia solo una metafora, oppure davvero tutto proceda a imitazione di un modello primordiale: un uomo è un uomo, o uno stormo di piccoli e intelligenti pezzettini di uomo?

10)   La Razionalità. Ho imparato dalla musica che la razionalità non esaurisce la nostra percezione del mondo, e nemmeno la comprensione del medesimo. In questo senso, la musica è una metafora perfetta di quanto sia sbagliato pensare che basti solo pensare, e che tutto sia controllabile e soprattutto riconducibile a qualche modello logico-matematico. È possibile anche il Mistero. Esiste ciò che non dovrebbe esistere, ciò che non comprendiamo come possa esistere, ma c’è, si manifesta. Non temiamolo, accettiamolo. Lasciamo che faccia il suo mestiere, lasciamoci spiazzare dalla magia del mondo. Poi, rimettiamoci al lavoro.

A rileggerlo oggi, riconosco le ragioni di quei pensieri, e anche il tono da direttore artistico. Non scriverei certe frasi zuccherose, ad esempio, e forse sarei più completo nell’analisi.

Ecco, potrei aggiungere un undicesimo punto, che rovina la rotondità di un decalogo ma che è pertinente a questo racconto:

11)   La musica mi ha insegnato che fare bene un mestiere ti mostra chi sei. E anche dove sei, in senso lato. Sostanzialmente, ti indica qual è il tuo posto.

(continua in libreria…)

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