In attesa del film tratto da “L’amore è un difetto meraviglioso” (che sarà diretto dal regista di “Colpa della stelle”) esce “L’amore è un progetto pericoloso”, il nuovo romanzo di Graeme Simsion

L’amore è un difetto meraviglioso, il primo romanzo dello sceneggiatore cinematografico australiano Graeme Simsion,  è stato un successo in tutto il mondo e ha conquistato, tra gli altri, Bill Gates e la scrittrice Sophie Kinsella. Non a caso, il protagonista, Don Tillman, prenderà vita nell’adattamento cinematografico che uscirà a breve e che sarà diretto da Josh Boone, il regista del film di successo Colpa della stelle.

Simsion torna ora con un nuovo romanzo L’amore è un progetto pericoloso (sempre pubblicato da Longanesi) e con un nuovo tema: la paternità. Don è  affetto dalla sindrome di Asperger, e dopo aver superato i suoi limiti nel relazionarsi con altre persone e avvicinatosi all’amore, questa volta si trova alle prese con una nuova sfida, una paternità imminente

Longanesi

 

Su IlLibraio.it un estratto dal romanzo
(pubblicato per gentile concessione di Longanesi)

Il programma del venerdì non prevedeva la spremuta d’arancia. Anche se avevamo abbandonato il Sistema standardizzato di nutrizione, con un aumento del tasso di «spontaneità» – ma anche del tempo necessario per fare acquisti e catalogarli, nonché degli avanzi e degli sprechi – io e Rosie avevamo concordato di rinunciare agli alcolici per tre giorni alla settimana. Senza una programmazione formale, però, era difficile raggiungere l’obiettivo, come del resto avevo ampiamente previsto. E alla fine anche Rosie dovette convenire che la mia soluzione era la più logica.

I giorni più adatti al consumo di alcolici erano ovviamente il venerdì e il sabato. Nei fine settimana, né io né lei avevamo lezione, quindi potevamo dormire fino a tardi. E magari anche fare sesso.

La pianificazione del sesso, tuttavia, era assolutamente vietata, almeno in forma esplicita, ma la sequenza di eventi che potevano favorirlo mi era ormai familiare: un muffin ai mirtilli comprato da Blue Sky Bakery, un triplo espresso da Otha’s, la rimozione della mia camicia e la mia interpretazione di Gregory Peck nella parte di Atticus Finch nel Buio oltre la siepe. Avevo imparato a non compiere ogni volta le stesse quattro azioni nella medesima sequenza, altrimenti le mie intenzioni sarebbero diventate palesi. Per introdurre un elemento di imprevedibilità, avevo deciso di fare testa o croce per selezionare quale fase della procedura eliminare dalla sequenza.

Avevo messo nel frigorifero una bottiglia di pinot grigio Elk Cove per accompagnare le capesante pescate manualmente che avevo acquistato quella mattina al Chelsea Market, ma quando risalii dallo scantinato con il bucato trovai due bicchieri di spremuta d’arancia pronti sul tavolo. La spremuta d’arancia non era compatibile con il vino. Berla per prima avrebbe desensibilizzato le papille gustative impedendo loro di percepire i residui zuccherini che caratterizzano il pinot grigio, causando così un’errata impressione di gusto amaro. Aspettare a berla dopo aver terminato il vino, però, sarebbe stato altrettanto inaccettabile. La spremuta d’arancia si deteriora rapidamente – di qui l’accento posto sulla «spremitura al momento» nei migliori bar in cui si serve la prima colazione.

Essendo in camera da letto, Rosie non era immediatamente disponibile alla discussione. Nel nostro appartamento c’erano nove possibili combinazioni di ubicazione per due persone, delle quali sei prevedevano che ci trovassimo in stanze diverse. Nel nostro appartamento ideale, come avevamo congiuntamente specificato prima di trasferirci a New York, ci sarebbero state trentasei possibili combinazioni, grazie alla presenza di una camera da letto, due studi, due bagni e un soggiorno con cucina a vista. Tale appartamento di riferimento avrebbe dovuto trovarsi a Manhattan, vicino alle linee 1 o A per poter accedere rapidamente alla facoltà di medicina della Columbia University, e avrebbe dovuto prevedere vedute marine e una terrazza o un balcone con zona barbecue.

Siccome però il nostro reddito consisteva di uno stipendio accademico, integrato da due salari part-time derivanti dal lavoro di barman (specializzati in cocktail), ridotto dalla retta universitaria di Rosie, si era rivelato necessario qualche compromesso.

In pratica, il nostro appartamento non prevedeva nessuno dei requisiti di cui sopra.

Tanto per cominciare, avevamo dato fin troppa importanza alla collocazione a Williamsburg, solo perché i nostri amici Isaac e Judy Esler ci vivevano e ce l’avevano consigliata. Non c’era alcuna ragione logica per cui un professore di genetica dell’età di quarant’anni (allora) e una dottoranda in medicina di trent’anni (allora) dovessero trovarsi bene in un quartiere solo perché ci si trovavano bene uno psichiatra di cinquantaquattro anni e una vasaia di cinquantadue che avevano comprato casa lì molto prima che i prezzi salissero alle stelle. Pagavamo un affitto esoso e in più l’appartamento aveva una serie di difetti che la proprietà era decisamente riluttante a sanare. Al momento, per esempio, l’impianto di aria condizionata non riusciva a compensare la temperatura esterna di trentaquattro gradi Celsius, benché rientrasse ampiamente entro le medie climatiche della zona di Brooklyn a fine giugno.

La riduzione del numero di stanze disponibili rispetto a quelle preventivate, combinata con il fattore matrimonio, comportava per me una situazione di prolungata prossimità con un altro essere umano molto superiore a quanto avessi mai sperimentato prima. La presenza fisica di Rosie era un effetto largamente positivo del Progetto moglie, ma dopo dieci mesi e dieci giorni di matrimonio dovevo ancora adattarmi a essere uno dei componenti di una coppia. A volte trascorrevo più tempo in bagno di quanto fosse strettamente necessario.

Controllai la data sul mio telefono: era decisamente venerdì, 21 giugno. Un esito assai confortante rispetto all’ipotesi alternativa: che un sopravvenuto difetto cerebrale mi impedisse di identificare correttamente i giorni della settimana. Ma allo stesso tempo era la conferma di una violazione del protocollo sul consumo di alcolici.

Rosie interruppe i miei ragionamenti riemergendo dalla camera da letto con su soltanto un asciugamano. Era il costume che le preferivo vedere addosso, solo perché «nessun costume» era qualificabile come «costume». Ancora una volta, fui sconvolto dalla sua immensa bellezza e dalla sua inesplicabile decisione di scegliere me come partner. E, come sempre, questo pensiero fu seguito da un’emozione indesiderata: un intenso momento di puro terrore, all’idea che un giorno lei si rendesse conto dell’errore.

«Che cosa stai cucinando?» mi chiese.

«Niente. La procedura non ha ancora avuto inizio, sono nella fase di selezione e assemblaggio degli ingredienti.»

Rise, con il tono usato per indicare che avevo male interpretato la sua domanda. Certo, va detto che non ci sarebbe stato bisogno di alcuna domanda se avessimo ancora seguito il Sistema standardizzato di nutrizione. Fornii le informazioni richieste da Rosie.

«Capesante sostenibili con un soffritto di carote, sedano, scalogno e peperoni in olio di sesamo. La bevanda di accompagnamento raccomandata è il pinot grigio.»

«Hai bisogno di aiuto?»

«No, stasera dobbiamo riposarci. Domani andiamo a Navarone.»

Non fu tanto la battuta alla Gregory Peck a fare effetto, quanto l’intonazione e il fatto che trasmetteva un senso di sicurezza e di assoluta padronanza nella preparazione delle capesante saltate.

«E che succede, o mio capitano, se non riesco a dormire?» disse Rosie. Sorrise, poi scomparve in bagno. Rinunciai a sollevare il problema della collocazione degli asciugamani: avevo accettato già da tempo che i suoi finissero in posti a caso, in bagno o in camera da letto, occupando a tutti gli effetti anche gli spazi riservati a me.

Le rispettive idee di ordine si trovavano agli estremi opposti dello spettro.

Quando ci eravamo trasferiti dall’Australia a New York, Rosie si era portata dietro tre valigie della massima dimensione consentita, piene. La sola quantità di vestiti era incredibile. I miei effetti personali stavano agevolmente in due bagagli a mano. Avevo approfittato del trasloco per selezionare gli oggetti in mio possesso: avevo regalato il mio stereo e il computer a mio fratello Trevor e avevo riportato le lenzuola, la biancheria di casa e gli utensili da cucina nella casa di famiglia a Shepparton. E avevo anche venduto la bicicletta.

Da parte sua, invece, Rosie aveva aumentato la già vasta collezione di oggetti acquistando elementi decorativi già poche settimane dopo il nostro arrivo. Di conseguenza, come ovvio, l’appartamento era precipitato nel caos: vasi e piante, sedie in eccesso, perfino un’inutilizzabile rastrelliera per le bottiglie di vino.

Non era soltanto un problema di quantità, ma anche di organizzazione. Il frigorifero era zeppo di vasetti mezzi pieni di salse per la guarnizione dei panini e di prodotti caseari in decomposizione. Rosie aveva perfino suggerito di procurarci un secondo frigorifero tramite il mio amico Dave. Un frigorifero a testa! I vantaggi del Sistema standardizzato di nutrizione, che prevedeva un menu prestabilito per ogni giorno della settimana consentendo di ottimizzare la lista della spesa e ridurre gli sprechi, non erano mai stati così evidenti.

C’era una sola e unica eccezione all’approccio disorganizzato di Rosie, ma si trattava di una variabile, non di una costante. Di norma, l’eccezione erano i suoi studi di medicina, ma al momento era la sua tesi di dottorato, sull’incidenza dei rischi ambientali nell’insorgenza precoce del disturbo bipolare. Le era stato concesso un avanzamento alla facoltà di medicina della Columbia University a condizione che completasse la tesi durante le vacanze estive. Alla scadenza mancavano ormai solo due mesi e cinque giorni.

«Come fai a essere così organizzata in una cosa e così disorganizzata in tutto il resto?» avevo chiesto a Rosie quando aveva sbagliato per l’ennesima volta a installare il driver della stampante.

«È proprio perché sono concentrata sulla mia tesi che non mi occupo delle altre faccende. Nessuno si chiede se Freud controllasse la scadenza del latte.»

«All’epoca non c’era la scadenza sul latte, era l’inizio del ventesimo secolo.»

Era incredibile che due persone così diverse fossero diventate una coppia affiatata.

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
Longanesi & C. F 2015 – Milano
Gruppo editoriale Mauri Spagnol
www.longanesi.it
ISBN 978-88-304-4120-0
Titolo originale
The Rosie Effect

Copyright © Graeme Simsion 2014
First published in Australia by The Text Publishing Company Pty Ltd. 2014

 

(continua in libreria…)

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