Intervista a Valentina D’Urbano autrice di Il rumore dei tuoi passi ISBN:9788830431140

Beatrice e Alfredo sono “i gemelli” e vivono alla “Fortezza”, un quartiere popolare alla periferia di Roma, un luogo dove tutto ha un soprannome e dove le case vengono occupate e se non si sta attenti, quando si è fuori, c’è qualcun altro che entra e te la ruba, la casa, se la prende per sé. Beatrice e Alfredo non sono davvero fratelli, ma è come se lo fossero, c’è un legame tra loro ancora più forte di quello del sangue, una sorta di simbiosi delle anime, un’uniformazione degli atteggiamenti, dalla camminata ciondolante all’indolenza verso la vita che gli è toccata, a quel non poter fare a meno l’una dell’altro.
Siamo alla fine degli anni Settanta, all’inizio degli Ottanta. Beatrice e Alfredo nascono e crescono prima ancora della loro creatrice, Valentina D’Urbano, classe ’86, illustratrice per l’infanzia e romana doc che ci regala un romanzo d’esordio – Il rumore dei tuoi passi – allo stesso tempo duro e commovente, dolce e ruvido come l’intonaco sbrecciato della case dei protagonisti. Nelle strade polverose della Fortezza, leggiamo una storia che ci tocca il cuore, che ci prende alla pancia e non ci lascia andare. Abbiamo intervistato l’autrice.

D. L’ambientazione del romanzo ha un’importanza fortissima nella storia: come mai ha deciso di parlare delle borgate romane, di un quartiere difficile tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta, e come ha fatto a descrivere così bene un periodo che non ha vissuto?

R. Ho deciso di ambientare il romanzo in un posto che, anche se di pura fantasia, fosse simile al mondo che conoscevo: sono nata e cresciuta in un quartiere alla periferia di Roma, dove la situazione delle case popolari negli anni Ottanta, il disagio, il degrado, le case occupate, assomiglia vagamente a quella descritta nel Rumore dei tuoi passi. Non nascondo però di aver calcato un po’ la mano, integrando i ricordi che ho io stessa e i racconti della mia famiglia con una buona dose di pura invenzione. Ho lavorato di immaginazione nel descrivere un decennio che non ho vissuto, sì, ma non del tutto: dove abito io, i primi anni Ottanta si sono protratti quasi fino alla metà degli anni novanta.

D. I protagonisti di Il rumore dei tuoi passi sono due, Beatrice e Alfredo, molto diversi e molto simili allo stesso tempo. La gente li chiama “i gemelli” per via delle cose che hanno in comune. Qual è la sua idea, sono di più i punti in comune o le differenze? E quale dei due sente più vicino a lei?

R. Più che di differenze o di punti in comune, parlerei di incastri. Beatrice e Alfredo sono cresciuti insieme, hanno lo stesso vissuto, quasi le stesse esperienze. I loro caratteri si sono plasmati adattandosi l’uno all’altro, sono diversi e complementari. Alfredo non può stare senza Beatrice perché lei lo completa, e viceversa, anche se il loro è un completarsi poco armonico, aspro e ruvido. Ho costruito due personaggi che credevo totalmente diversi da me, ma – forse a causa della narrazione in prima persona – mi sono poi resa conto che il carattere di Bea era diverso da come lo avevo pensato all’inizio. Alla fine della stesura il personaggio di Beatrice aveva assunto dei lati caratteriali che sono i miei.

D. Alfredo ha alle spalle una situazione famigliare difficile – un padre alcolizzato e molto violento – e anche lui forse prenderà una cattiva strada. Quanto contano i genitori nella nostra formazione, quanto influiscono in ciò che diventeremo e quanto invece contano le amicizie e l’ambiente in cui cresciamo?

R. In realtà credo che genitori e amici abbiano la funzione di indicarti una strada. Sta poi a te decidere se imboccarla o meno. Nel Rumore dei tuoi passi funziona così: i protagonisti hanno poco da scegliere, non possono essere diversi da quello che sono, anche per via di quello che li circonda. Nella vita reale invece le possibilità si moltiplicano. Si può sempre scegliere chi si vuole essere, a prescindere dal luogo di nascita, dalla condizione sociale, dal vissuto. Anche se la situazione in cui versiamo ora cerca di ostacolarci in tutti i modi, un modo per farcela c’è sempre.

D. Nelle prima pagine di Il rumore dei tuoi passi lei scrive: “Se hai qualcuno che ti ama, forse ti salvi”. Pensando anche al romanzo ma senza svelare troppo, crede davvero che sia così, che l’amore può l’amore salvare la vita?

R. Non assolutamente. Nel senso che non basta l’amore degli altri per salvarti la vita. È indispensabile amare se stessi, prima di tutto, poi certo, se hai anche qualcuno che ti ama, questo aiuta parecchio. Beatrice nonostante tutto ama Alfredo ma non riesce a tenerlo. Il suo amore non basta.

D. Il titolo del libro è molto evocativo. Sempre cercando di non svelare troppo della trama, può provare a spiegarci cosa significa, a cosa vuole far pensare e che sentimenti le piacerebbe evocasse nei lettori?

R. Il rumore dei tuoi passi è secondo me il simbolo di tutto quello che c’è tra i due protagonisti: la vicinanza sia fisica che mentale, la loro simbiosi, la conoscenza profonda che hanno l’uno dell’altro. Per riuscire a distinguere una persona dal rumore dei suoi passi non dico che devi per forza amarla, ma di certo devi conoscerla bene, quasi quanto conosci te stesso.

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