di Stefania Limiti

L’ex brigatista Raimondo Etro si è detto sconvolto dalle nuove rivelazioni sul caso Moro (vedi il fattoquotidiano.it). Dice che, se tutto sarà confermato, si dovrà riscrivere la storia. Invece altri tirano la corda. Sembra che si abbia paura delle novità. In realtà, è dal 16 di marzo del 1978 che si parla delle “altre presenze” a via Fani, o di quello che io chiamo il doppio livello del caso Moro. Da allora sappiamo anche che c’era una macchina dei servizi segreti al posto del vecchio furgone del fioraio che i brigatisti avevano preventivamente bucato la sera prima, per lasciare libero il campo.
Ora sappiamo anche che gli uomini della moto Honda erano al servizio del colonnello Guglielmi. Parlando dell’altra Gladio, ho raccontato il ruolo degli ‘uomini delle buste’, gli irregolari, uomini-ombra destinati a restare nell’ombra: infatti, il passeggero che stava nel sedile posteriore dell’Honda, e che scrive la lettera a La Stampa rivelando tutto, come emerge dallo scoop dell’Ansa, dice che non conosceva l’altro; lo rivede per caso nelle vie di Torino. Gli esperti spiegano che nelle imboscate come quelle di via Fani, poi, c’è sempre qualcuno che svolge il ruolo di cintura di sicurezza…Proprio come fecero gli uomini dell’Honda. Eppure c’è chi dice “questo è un depistaggio”: mi chiedo come mai, al contrario, non ci sia lo stesso affanno nel sollecitare altri uomini dello Stato, o altri protagonisti, a parlare, visto che la Procura di Roma ha un fascicolo aperto e che è in dirittura d’arrivo l’istituzione di una commissione parlare d’inchiesta. Chi si vuole tutelare?

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