Il lavoro delle donne non viene calcolato nel PIL, cioè la misura complessiva dell’attività economica di una nazione. Ciò che le donne fanno non viene considerato significativo per l’economia, né per lo sviluppo. Ne parla il pamphlet dell’economista svedese Katrine Marcal, “I conti con le donne – Come gli economisti hanno dimenticato l’altra metà del mondo”

Il lavoro delle donne non viene calcolato nel PIL, cioè la misura complessiva dell’attività economica di una nazione. Ciò che le donne fanno non viene considerato significativo per l’economia, né per lo sviluppo.

Partorire bambini, allevarli, coltivare il frutteto, cucinare per i fratelli, mungere la mucca di casa, confezionare vestiti per la famiglia: nessuna di queste cose viene calcolata come “attività produttiva” nei modelli economici standard.

 I conti con le donne. Come gli economisti hanno dimenticato l'altra metà del mondo

Allo stesso modo in cui esiste un “secondo sesso”, esiste anche una “seconda economia”. Per tradizione, è solo il lavoro svolto dal maschio a contare e a dare un’impronta all’economia mondiale. Il lavoro delle donne è “il resto”, cioè tutte le cose che lui non fa, ma senza le quali non potrebbe fare ciò che fa. Ovvero, il lavoro che conta.


L’autrice Katrine Marcal, economista svedese

Nel pamphlet I conti con le donne – Come gli economisti hanno dimenticato l’altra metà del mondo (Ponte alle Grazie), Katrine Marcal, brillante economista svedese, affronta questi temi, e racconta l’omissione sistematica delle donne dall’orizzonte della teoria economica, con tutti i disastri che questa scelta comporta nella lettura della realtà.


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