Esilarante, riflessivo, commovente e a tratti assurdo: “L’amore al tempo degli scoiattoli” di Elizabeth McKenzie ci porta a conoscere Paul e Veblen, una coppia di Palo Alto in odor d’altare, sempre che uno scoiattolo non decida di metterci, letteralmente, lo zampino… – L’approfondimento

Apparentemente L’amore al tempo degli scoiattoli di Elizabeth McKenzie (Marsilio, traduzione di Stefano Massaron) può sembrare una storia come altre, una storia che può trarre ispirazione dal titolo di uno dei classici della letteratura sudamericana. E invece no.

Primo suo libro pubblicato in Italia e terzo scritto dall’autrice (dopo Stop that girl e MacGregor Tells the world), è stato finalista del Women’s Prize For Fiction 2016. I protagonisti? Lei, Veblen, lui, Paul, la mamma di lei, Melanie, il fratello di lui, Justin e… uno scoiattolo nel fiore degli anni.

Veblen Amundsen-Hovda (già il nome è un programma: la protagonista, norvegese da parte di padre, lo deve a “Thorstein Bunde Veblen, l’economista norvegese-americano che aveva abbracciato le teorie antimaterialistiche e aveva condotto una vita alquanto singolare e incompresa”) è una giovane mezza norvegese di Palo Alto, California, che conduce un’esistenza sottile, tra lavori noiosi, burocratici, a finanziare la sua attività di traduttrice in erba. Si definisce una comportamentista indipendente e freelance nell’animo, abituata com’è a empatizzare col mondo esterno, in risposta alla solitudine patita da bambina.

Paul (semplicemente Paul) è un brillante neurologo con la passione per la disciplina, gli orari prestabiliti e le feste con pochi invitati. Cresciuto in una famiglia hippie, senza bagno riscaldato, tutta vestiti etnici e bong, inclini a usare le foglie al posto della carta igienica, ha sempre perseguito un solo desiderio: allontanarsene, anche a causa della disabilità del fratello, al quale è stato riservato tutto l’amore disponibile dai genitori, tanto che per lui poi ne era rimasto pochissimo. I due s’incontrano, s’innamorano, vanno a vivere insieme. E quando Paul le chiede di sposarlo, i segreti che i due si nascondono spuntano fuori esattamente come gli scoiattoli nel loro giardino.

L'amore al tempo degli scoiattoli

L’amore al tempo degli scoiattoli ha una fabula piuttosto semplice, che parte dalla promessa di matrimonio e ci fa domandare se, a causa di una serie di sfortunati eventi (perlopiù rappresentati da drammi del passato mai superati), i due riusciranno a coronare il loro sogno d’amore, o se capiranno che, forse, il loro concetto di sogno d’amore non potrebbe essere più distante.

Ai due protagonisti si affiancano numerosi personaggi, tra i quali meritano una menzione Melanie, la madre di Veblen – sorta di unione tra la signorina Trinciabue e Dolores Umbridge, donna frustrata e malata immaginaria, sempre pronta a usare la sua scorta eterna di passivo-aggressività contro la figlia e, quando serve, sul futuro genero – e Justin, il fratello disabile di Paul, un ragazzone di trentotto anni con la passione per l’intimo della futura cognata – l’eterno nemico contro cui non puoi vincere, perché l’amore dei genitori si incanala sempre più nel figlio più sfortunato-.

Senza addensarsi troppo nella trama, dunque, è opportuno accennare ai punti di forza che sono poi le peculiarità di questo romanzo: il primo, indiscutibile, è la complessità della natura dei personaggi, che hanno la bellezza di 450 pagine per mostrare tutta la loro potenza narrativa. Attraverso singole scene, soprattutto quelle domestiche, si tratteggia sempre meglio la personalità di ogni personaggio, persino di quelli secondari.

A ciò si aggiunge anche un continuo rimando al mondo della medicina e, più in generale, della malattia: Paul sta brevettando uno strumento che salverà la vita ai soldati feriti alla testa sul campo, Melanie sciorina le sue ischemie transitorie, il padre di Veblen, Rudgear, è chiuso in una clinica psichiatrica e la stessa Veblen pare avere alcune tendenze all’alienazione e all’ipersensibilità, come il suo parlare, da quando è piccola, con gli scoiattoli (ogni tanto, nel romanzo, l’eco doloroso di Melanie: “Tesoro, le hai prese le tue medicine?”). In un’intervista McKenzie spiega come l’improvvisa malattia di un parente stretto abbia inciso parecchio nella stesura del suo lavoro, inizialmente pensato come una classica commedia d’amore intralciata da famiglie disfunzionali.

Al tragicomico dramma familiare si alternano interi capitoli dedicati ad argomenti filosofici e a riflessioni personali; le teorie dell’omonimo eroe della protagonista, Thorstein Veblen, fanno compagnia a pagine di riflessioni sul ruolo del traduttore: “Quando si entrava nella caverna di una lingua straniera, potevi lasciare indietro qualcuno, perché non ti avrebbe mai seguito. Per mezzo della traduzione, però, era possibile riemergere dalla caverna e condividere le proprie avventure con chi avevi lasciato indietro. E per fare la traduttrice non dovevi essere per forza un’intellettuale col berretto nero che fuma sigarette senza filtro, no affatto. Potevi diventarlo anche nel tuo pigiama azzurro di flanella, con la faccia spalmata di Clearasil. Potevi davvero”.

Ok, vi domanderete, e lo scoiattolo? Vi attende in libreria.

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