“L’esercito delle cose inutili”, il nuovo romanzo di Paola Mastrocola, ruota intorno a una domanda decisiva: cos’è che riempie davvero la nostra vita?

L’esercito delle cose inutili (Einaudi, in libreria dal 17 febbraio), nuovo romanzo di Paola Mastrocola, ruota intorno a una domanda decisiva: cos’è che riempie davvero la nostra vita? Anche quando fai la cosa piú inutile del mondo – che sia raccogliere conchiglie, trapiantare primule, trascinare stancamente i tuoi passi, invecchiare, amare qualcuno in silenzio – puoi trovare una scintilla di vita, un lampo di senso, uno scatto inaspettato. O persino te stesso. Perché l’inutilità – sembra dirci l’autrice con questa sua storia – è soprattutto un sentimento.

“Insomma, quel mattino di novembre, mentre andavo a zonzo nel vuoto da non so quanto tempo, succede che io incontro questo tale. E vi posso dire che, accidenti, se prendevo a destra anziché a sinistra non lo avrei incontrato. Quindi? Quindi tutto questo deve pur significare qualcosa. Ho preso a sinistra ed è stato tutto quel che è stato, questa benedetta storia che adesso vi racconto”.

È da qui che prende avvio il romanzo, per trascinare il lettore in un altrove abitato da asini, libri, funamboli, macinini da caffè, poeti, scollatori di francobolli e altre creature. E poi c’è Guglielmo, un ragazzino che scrive delle lettere sgangherate e bellissime da cui emerge a poco a poco la sua storia. E c’è qualcuno, Raimond, che raccoglie quelle parole e le trasforma in un’azione. Perché ciò che è vecchio, desueto, ai margini, eccentrico, può essere mosso da un’energia misteriosa e seguire strade poco battute, dove l’utile e l’inutile sanno ribaltarsi l’uno nell’altro e diventare, forse, una sostanza nuova.

Mastrocola

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